Sono 9 i morti nel terremoto di magnitudo 7.4 che ha colpito Taiwan. Nel 1999 ci fu un sisma simile ma con conseguenze molto più gravi: 25.000 costruzioni distrutte, 40.000 danneggiate, 11.0000 feriti, 200.000 sfollati. Oggi il numero di crolli sembra sia minore, così come anche quello delle vittime. Gabriele Fiorentino, ingegnere civile e ricercatore del Cnr, al Messaggero spiega: “Taiwan è un paese soggetto a frequenti e potenti terremoti, per cui dopo il 1999, con le normative successive, i nuovi edifici dovrebbero essere stati costruiti tenendo in considerazione due fattori” sottolinea al Messaggero. “Il primo è legato all’azione sismica che può esserci in un determinato sito, quella che si chiama pericolosità sismica, cioè i tecnici hanno realizzato delle mappe di pericolosità sismica molto dettagliate, arrivando a livello locale fino ai singoli villaggi, delle vere e proprie microzone, in particolare nel bacino di Taipei, la capitale, chiaramente l’area più importante”.



Il secondo fattore è invece legato al metodo costruttivo. “A Taiwan hanno implementato una tecnica che si chiama capacity design, e che in italiano traduciamo come gerarchia della resistenza”. Le nuove norme sismiche infatti fanno in modo che i pilastri si rompano per ultimi e il danno si distribuisce su altri elementi strutturali, evitando così il collasso della struttura. Fiorentino spiega: “Se i pilastri collassano, la struttura viene giù, ma le più recenti norme sismiche fanno in modo che i pilastri si rompano per ultimi, mentre il danno si distribuisce sugli altri elementi strutturali, evitando che l’edificio collassi. L’accorgimento costruttivo che avrebbe permesso a molti edifici di non crollare è il fatto che gli elementi verticali sono stati gli ultimi a danneggiarsi”.



Terremoto a Taiwan, l’esperto: “L’energia non ha colpito solo i pilastri”

Le forze generate del terremoto a Taiwan si sono distribuite non solo sui pilastri. A spiegarlo è Gabriele Fiorentino, ingegnere civile e ricercatore del Cnr. “L’energia del terremoto si è dissipata localmente in modo distribuito sulla struttura, senza colpire con tutta la sua potenza solo i pilastri. Diversamente si vedono alcuni edifici inclinati a 45°, che hanno avuto un collasso localizzato, probabilmente perché i pilastri erano troppo deboli o mal progettati, se invece l’energia si fosse distribuita meglio lungo il palazzo, magari ci sarebbero stati dei danni diffusi su tutto l’edificio, che comunque non sarebbe crollato” spiega l’esperto al Messaggero.



Ma come è la situazione in Italia? “La comunità ingegneristica sta cercando di fare ogni sforzo per sensibilizzare sul tema della prevenzione e sull’adeguamento sismico delle strutture esistenti, che nel nostro paese è il problema maggiore, ma certamente le norme tecniche seguono l’Eurocodice 8, la normativa europea di riferimento, il cui obiettivo è costruire strutture che in caso di terremoti gravi, non collassino e garantiscano la salvaguardia della vita, mentre invece nel caso di sisma più lievi subiscano pochi danni fisici” conclude Fiorentino.