L’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha realizzato una indagine sulle scosse di terremoto nella zona dei Campi Flegrei che dimostra come esse dipendano dalla presenza di due livelli poco permeabili nella crosta terrestre sottostante all’area che separano le rocce con proprietà chimiche differenti. La ricerca, dal titolo “Evolution in unrest processes at Campi Flegrei caldera as inferred from local seismicity”, è stata condotta in collaborazione con l’University College of London (Ucl) e pubblicata sulla famosa rivista scientifica Earth and Planetary Science Letters.
L’indagine in questione si è concentrata nella distribuzione degli eventi sismici e nell’energia che questi rilasciano. I risultati hanno evidenziato che l’energia sismica si racchiude essenzialmente proprio in prossimità di due livelli, che erano già stati scoperti in passato. Essi fanno da separatori a rocce diverse e si trovano rispettivamente a circa 3 e 1-1,5 chilometri di profondità. In passato, però, ci sono stati dei cambiamenti strutturali. Dal 1982 a ora sono stati rilevati infatti diversi innalzamenti.
Terremoto Campi Flegrei, due livelli nella crosta terrestre regolano la sismicità: la spiegazione degli esperti
“Questi livelli nella crosta terrestre svolgono un ruolo chiave nel controllo dei movimenti verticali e della sismicità nei Campi Flegrei e sono presenti in diversi sistemi vulcanici caratterizzati da alte temperature e da circolazione dei fluidi. Quello più superficiale previene almeno in parte la dispersione dei fluidi idrotermali verso la superficie, fluidi che hanno un ruolo significativo nell’innesco della sismicità”, ha commentato ad Adnkronos Stefano Carlino dell’INGV.
È anche in virtù di ciò che le scosse di terremoto ai Campi Flegrei si concentrano oggi in alcune zone piuttosto che in altre e, in particolare, nel settore orientale di Pozzuoli. “Questo suggerisce che, negli ultimi anni, la risalita di fluidi di origine magmatica, con conseguente indebolimento delle rocce, sia avvenuta quasi esclusivamente in questo settore della caldera, dove il nostro studio ha evidenziato un innalzamento della profondità della transizione delle caratteristiche delle rocce da fragili a duttili”, ha aggiunto la ricercatrice Stefania Danesi.