Il quotidiano Il Mattino ha intervistato stamane Christopher Kilburn dell’University College London, considerato fra i più importanti vulcanologi del mondo. Il tema della chiacchierata è stato il terremoto ai Campi Flegrei, o meglio, le continue scosse che da diversi messi interessano la zona Flegrea. Se è vero che nelle ultime settimane la situazione sembra migliorata, dall’altra gli esperti stanno continuando a tenerla monitorata. «Compito di noi scienziati non è di allarmare ma di guidare verso una conoscenza di un fenomeno molto complesso come ciò che avviene ai Campi Flegrei – specifica subito Kilburn al quotidiano campano – non è compito mio parlare dei contenuti della riunione, però non ero il solo vulcanologo presente, con me c’erano altri colleghi e ciascuno ha esposto i propri risultati scientifici e modelli. Posso però spiegare di cosa parla il mio lavoro, così da chiarire alcuni aspetti». Quindi ha precisato: «In uno studio del 2017 avevamo ipotizzato un cambio nel rapporto tra sismicità e sollevamento che effettivamente si è verificato a partire dal 2020. Questo risultato ci ha incoraggiato a continuare su questa strada e, per sviluppare la nostra analisi, abbiamo aggiunto dei dati più recenti sulla sismicità e il sollevamento del suolo».



TERREMOTO CAMPI FLEGREI, KILBURN: “MI DISPIACE CHE COLLEGHI…”

Si tratta di dati che, come fa notare il collega de Il Mattino, altri esperti contestano: «Mi dispiace aver letto questa affermazione. I dati che abbiamo analizzato vengano da quelli registrati dall’Ingv. Bisogna far attenzione alle affermazione dette senza il rigore del confronto scientifico perché, anche se in buona fede, rischiano di creare confusione e sfiducia nella scienza. Invito i colleghi a contattare me o i miei collaboratori all’Ingv per parlarne insieme. Prima della pubblicazione, un lavoro subisce accurate revisioni da parte di studiosi, e i dati sono un elemento basilare per l’accettazione. Riteniamo quindi che i dati siano corretti e il modello è valido».



Quindi Kilburn ha voluto precisare su cosa si basa il suo modello: «Ai Campi Flegrei ci sono stati quattro episodi di sollevamento del suolo, nel 1950-1952, 1969-1972, 1982-1984 e dal 2004 a oggi. Nello studio diciamo che una sequenza di rottura si è sviluppata attraverso queste fasi, e il susseguirsi degli episodi di sollevamento degli ultimi decenni ha causato un progressivo indebolimento nella crosta della caldera dei Campi Flegrei, rendendone maggiormente possibile la rottura nei prossimi anni. Rottura, però, come chiarito esplicitamente nell’articolo scientifico, non significa affatto eruzione: vorrei che questo sia chiaro. Il nostro studio ipotizza che, se la crosta dei Campi Flegrei continua a sollevarsi, allora la rottura sarà più probabile. Ma l’eruzione potrebbe esserci solamente se la causa dell’attuale sollevamento fosse dovuta a un possibile contributo magmatico, cosa che la nostra analisi da sola non può verificare; bisogna tenere in considerazione i risultati degli studi che sono in corso su altri aspetti del bradisismo».



TERREMOTO CAMPI FLEGREI, KILBURN: “NON SO LA COMMISSIONE…”

Sulla possibilità ventilata negli scorsi giorni dalla Commissione, di un innalzamento del livello di allerta, il prof dell’University College London infine precisa: «Non posso sapere su quali elementi la Commissione prenda le sue decisioni, ma mi pare abbiano chiarito che il passaggio non sia immediato. Anzi, dietro le loro parole, da scienziato, interpreto altro: l’esigenza di approfondire, intensificare attività di monitoraggio per riuscire a trovare delle risposte, e quindi ulteriori valutazioni dalla Commissioni Grandi Rischi. Poi, ripeto, non sono l’unico a essere stato ascoltato, altri colleghi hanno proposto i loro modelli, e anche loro arrivano a un punto in cui occorrono ulteriori informazioni per capire alcune implicazioni fenomenologiche. Semmai, il grande dibattito mediatico sui Campi Flegrei, dovrebbero indurci a riflettere su altro. Credo per noi scienziati sia arrivato il tempo di dialogare tutti insieme, confrontarci anche su idee molto differenti per trovare un’interpretazione valida. Il confronto è essenziale per la scienza».