È una terra martoriata, che ha subito la violenza delle armi per dodici anni. E che ora si trova distrutta da un terremoto, quello che ieri notte ha colpito Turchia e Siria con una fortissima scossa di magnitudo 7.8 e altre successive, che sta segnando pesantemente una zona già provata e semidistrutta dai combattimenti.
Per questo Firas Lutfi, ministro francescano della Regione San Paolo (Giordania, Libano e Siria) per raccontare la tragedia che si è abbattuta anche sulla Siria, proprio nell’area dove operano lui e i suoi fratelli, continua a richiamare una sola immagine, quella dell’Apocalisse. Padre Lutfi si trova ad Aleppo.
Padre Lufti, quanto sono gravi i danni riportati in Siria?
È una catastrofe che si aggiunge ad altri drammi e catastrofi, che arriva dopo dodici anni di guerra e conflitto. Non ci voleva proprio. E invece altri 500 morti per adesso. Non possiamo sapere quanti si siano salvati. Si parla di un numero di sfollati fra i 2mila e i 5mila, mentre si temono altre scosse che possono aggiungere dramma al dramma.
Com’è la situazione nella zona di Aleppo?
È quella con la situazione più grave ma è grave anche nella periferia di Idlib, dove abbiamo due frati che sono lì nella comunità. Dalle foto e dai filmati girati sembra che anche lì ci siano molti danni alle case con tanti feriti.
Anche lì quindi ci sono danni forti a tutte le costruzioni?
Le case sì. Semplicemente un effetto aggiunto a quello dei bombardamenti, alla guerra e che adesso ha svelato come sono fragili le strutture in tutta la Siria. Ci sono interi palazzi crollati, e con decine e decine di morti e feriti.
Ma i 500 morti di cui parla sono tutti nella zona di Aleppo?
Sì, in tutta la zona di Aleppo e di Idlib: 8 gradi della scala Richter, un terremoto devastante.
Avete avuto danni anche alle vostre strutture?
Abbiamo avuto danni nelle chiese, in alcuni conventi, ma anche nelle moschee. Ci sono altri preti che sono ancora sotto le macerie, non si riesce a tirarli fuori. Speriamo che siano ancora vivi.
Avete già organizzato soccorsi, aiuti?
Sì abbiamo aperto le case e i conventi, soprattutto dove c’è più spazio per accogliere intere famiglie, per non farle restare per strada con questo freddo cane, con la pioggia. Siamo sotto zero, la gente non ha dove stare in casa e deve star fuori con temperature sotto zero. E poi temono altre scosse. La prima scossa è stata alle 4.30 del mattino, all’alba, e poi un’ora fa (alle 13.30 ora italiana del 6 febbraio, nda) una terza, una quarta scossa. Un susseguirsi di scosse. Un po’ meno forti, ma per uno che ha già il trauma della prima, richiamano il tragico effetto di quella.
Non c’è da fidarsi a stare da nessuna parte?
No, purtroppo no.
Ci sono già dei soccorsi?
Il governo si è mosso per fare qualcosa, però sicuramente con strutture già fragili dopo dodici anni di guerra e il personale che per quasi la metà è scappato via siamo nella situazione più povera possibile.
Mancava già tutto anche prima?
Esatto, mancava già tutto per effetto della guerra, dei bombardamenti, degli sfollamenti, della mancanza di cibo e di elettricità. Figurarsi adesso dopo un terremoto di 8 gradi Richter. Vuol dire che è l’Apocalisse, l’Apocalisse veramente.
Chi avete accolto da voi?
Sono soprattutto bambini e famiglie, per il momento tutte le nostre strutture sono aperte, per quello che possiamo fare, quelle che sono rimaste in piedi. Siamo nelle mani del Signore.
Quando si è sentita la prima scossa dove eravate?
Eravamo nei conventi, tutti a dormire, era l’alba. Ci siamo precipitati in strada, al buio, con tanta gente che gridava, sotto l’effetto di una distruzione enorme, come l’Apocalisse: i bambini che piangevano, le mamme disperate.
Come è possibile mandare aiuti?
L’associazione Pro Terra santa dei francescani ha fatto un appello. Diffondete per favore il link con le istruzioni per aiutarci.
(Paolo Rossetti)
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