Di terremoti come quello che in due violentissime scosse ha sconvolto il sud della Turchia e il nord della Siria se ne vedono un paio l’anno, abbastanza per non considerarlo un episodio assolutamente insolito. Si sono attivate due faglie principali, spiega Alessandro Amato, sismologo, e il loro movimento ha conferito al sisma una struttura complessa. Difficile comunque stabilire cosa succederà ora.



Il terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria è evento eccezionale?

Eccezionale direi di no, perché di questi terremoti nel mondo mediamente ce n’è uno o due l’anno. Insomma, non è una cosa che avviene ogni cento anni. Essendo avvenuto in una zona popolosa con città importanti e purtroppo abbastanza fragili, almeno in parte, e considerando anche la vastità della zona interessata, ha fatto il disastro che stiamo vedendo.



Partiamo dalla grandezza della superficie coinvolta.

È un aspetto che forse non si apprezza dalle immagini, perché quelle che vediamo oggi sono simili a quelle che abbiamo visto ad esempio in Italia con epicentro ad Amatrice. Però quell’episodio, pur nella sua drammaticità, ha interessato tre o quattro paesi grandi, cittadine di qualche migliaio di abitanti. Qui parliamo di una zona che ha la stessa estensione di quella compresa tra Milano a Firenze in linea d’aria, quindi 200 chilometri di zone distrutte tra Turchia e Siria. Perché è vero che la faglia passa tutta dentro la Turchia nella direttrice da sud-ovest a nord-est, ma gli effetti sono forti anche in un’area ai bordi di questa faglia, in un’area che arriva a interessare Aleppo e altre città al di là del confine con la Siria. Nessuno adesso, comunque, può avere un quadro dei danneggiamenti, tanto è vero che il bilancio delle vittime aumenta purtroppo di ora in ora.



Ma questa è una zona dove si verificano di frequente eventi sismici di questo tipo?

Questa faglia, che si chiama Est anatolica, che porta all’Anatolia nella parte sudorientale (sotto c’è la placca arabica) è una zona attiva sismicamente e geologicamente, le faglie sono note, ma non aveva avuto di recente terremoti così grandi, mentre ce n’erano stati sulla Nord anatolica, quindi parecchie centinaia di chilometri più a Nord, lungo tutto quel margine che va da est verso ovest fin quasi al bordo del Mar Nero. Il terremoto del 1939 più o meno è stato di questa entità, e fino al 1999 ce ne sono stati diversi proprio lungo questa faglia. Per quanto riguarda la Nord anatolica, infine, c’erano stati una serie di eventi importanti che avevano portato peraltro ad operazioni di prevenzione soprattutto nella parte di Istanbul, perché lì si aspettavano e ancora si aspettano dei terremoti. Quella di oggi, invece, era stata un po’ dimenticata.

Storicamente l’ultimo terremoto in quella zona quando si è verificato?

Nel gennaio 2020 ce n’era stato uno di magnitudo 6.7, quindi un terremoto grande ma non come questo, che è arrivato a 7.8-7.9. Storicamente, comunque, c’è una documentazione sulla sismicità di questa zona.

Adesso dobbiamo aspettarci una fase di assestamento molto lunga?

Sicuramente sarà lunga, già adesso ci sono centinaia di after shock. Abbiamo avuto lunedì mattina, poche ore dopo quello della notte, delle 2.17, un altro evento di magnitudo 7.5 su un’altra faglia, più spostata a Nord, in una direzione diversa, Est-Ovest, che si interseca con l’altra. Parliamo, quindi, di una struttura molto complessa, con diverse faglie, al momento almeno due principali, che si sono attivate. Il rischio che questa situazione porti a un’ulteriore recrudescenza, magari ad altri terremoti su altre faglie, c’è. Impossibile valutare se e quando.

(Paolo Rossetti)

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