Clemente Mastella, all’epoca del terribile terremoto in Irpinia, era un giovane parlamentare: si trovava a San Clemente, in Caserta, il 23 novembre del 1980, ma il giorno dopo decise di recarsi a Roma per chiedere gli aiuti al governo: “Ero a casa al quarto piano a via Calandra con alcuni amici venuti a farmi gli auguri – ricorda l’attuale sindaco di Benevento – poi alle 19:34 uno spaventoso boato: la tragedia del terremoto. Lentamente e con preoccupazione per il buio ed eventuali ponti caduti, ci avviammo con Sandra ed i miei figli verso San Giovanni. Riuscii a telefonare, per quei 5 minuti che il telefono funziono, a De Mita e concordammo che lui e gli altri parlamentari avellinesi restassero nei luoghi del disastro ed io a Roma, dove il giorno dopo, alla Camera dei Deputati, intervenni per chiedere immediati interventi per la tragedia che per la Campania e la Basilicata (Avellino più di tutti)”. Mastella paragona il dramma vissuto a quello più recente delle Torri Gemelle: “Fu come quella delle Torri gemelle. E come quella, nella memoria di chi l’ha vissuta. Migliaia di morti, tanti amici che pochi anni prima nel ’76 mi avevano sostenuto elettoralmente. Ricordo oggi con riverenza quei morti e mi unisco al dolore delle loro famiglie”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



TERREMOTO IRPINIA 1980: 40 ANNI DOPO, DE LUCA: “EMERSE MEGLIO E PEGGIO DELL’ITALIA”

Sono tante le personalità istituzionali che hanno voluto spendere qualche minuto del proprio tempo ricordando il terribile terremoto che si verificò in Irpinia 40 anni fa oggi, nel 1980. Fra questi anche il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, la regione epicentro di quel terribile sisma di magnitudo 6.9 gradi sulla scala Richter: «Come sempre in Italia – le parole del presidente campano riportate da Il Mattino – di fronte alle grandi tragedie è emerso il meglio e il peggio del nostro Paese. Sono emersi nel corso degli anni successivi comportamenti non lineari, non limpidi, elementi di speculazione, ritardi burocratici clamorosi, ma è stata anche una vicenda che ha portato alla luce un grande Paese». De Luca ricorda poi «la grande generosità di migliaia e migliaia di volontari, di cittadini normali, di giovani, un’onda di solidarietà da parte di tanti nostri concittadini di tante regioni d’Italia, tanti cittadini del Nord e del Centro del Paese sono venuti a darci una mano, a volte a darci anche una parola di conforto». L’ultimo pensiero è per le vittime, quasi 3000 quelle provocate da quel tremendo evento: «Noi rivolgiamo ancora una volta il nostro pensiero a quelli che hanno perduto la vita, ai loro famigliari. Abbiamo fatto di tutto in queste settimane per portare a conclusione, sembra incredibile dopo 40 anni, problemi amministrativi che erano rimasti sospesi. In questo momento dobbiamo solo rivolgere il pensiero a quelli che hanno perduto la vita allora». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



TERREMOTO IRPINIA 1980: 40 ANNI DOPO, MATTARELLA “SENSO COMUNITÀ PERMISE DI REAGIRE”

Quaranta anni dopo il terribile terremoto dell’Irpinia che devastò un’ampia zona dell’Italia tra Irpinia, Basilicata e Puglia, provocando quasi 3000 vittime, oggi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha voluto ricordare in una dichiarazione le sofferenze, la disperazione e i grandi sacrifici legati agli anni della ricostruzione. “Nella ricorrenza del più catastrofico evento della storia repubblicana desidero anzitutto ricordare le vittime, e con esse il dolore inestinguibile dei familiari, ai quali esprimo i miei sentimenti di vicinanza”, ha commentato Mattarella. Il Presidente della Repubblica ha però voluto ricordare anche quel senso di comunità “che consentì allora di reagire, di affrontare la drammatica emergenza, e quindi di riedificare borghi, paesi, centri abitati, e con essi le reti di comunicazione, le attività produttive, i servizi, le scuole, appartiene alla nostra memoria civile”. La volontà e la forza per ripartire fu “immensa” dal momento che “tutto il Paese seppe unirsi”. Anche le istituzioni democratiche trassero dalla tragedia una grande lezione dal momento che dopo quel 23 novembre 1980 nacque la Protezione civile italiana. Mattarella riconosce come alcune vecchie questioni siano ancora irrisolte e ricorda come la crisi sanitaria che stiamo vivendo oggi a causa della pandemia “richiama la necessità di un analogo impegno comune”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



SUPERSTITE “LA RASSEGNAZIONE DI DOVER MORIRE…”

Sono trascorsi 40 anni dal terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980 ma la ferita resta ancora aperta. Tanti i motivi, come rammenta oggi TgCom24, nel giorno del tragico anniversario: la ricostruzione ancora incompleta, una riqualificazione mai avvenuta, i ricordi in chi in 90 terribili secondi ha perso letteralmente tutto. Le vittime di quel tragico evento che segnò per sempre Irpinia e Basilicata furono quasi 3000 con quasi novemila feriti e 300mila senzatetto. Ma quella ferità non colpì solo Campania e Basilicata ma si allargò anche a Molise e Puglia, segnando l’Italia da Nord a Sud e mostrando uno Stato impotente di fronte ad un simile disastro. A 40 anni dal terribile terremoto, l’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) ha lanciato il sito terremoto80.ingv.it dove è possibile navigare tra le macerie e le memorie accedendo a schede dettagliate e testimonianze di chi ha vissuto il terremoto. “Solo a ricordarlo, rabbrividisco”, sono le parole di Magda Del Secolo, oggi 86enne, riportate da TgCom24. Lei è una delle sopravvissute al sisma. “La scena che non dimenticherò mai è stato l’abbraccio con tuo nonno e il piccolo Giosuè, addossati al pilastro tra la camera da letto e la sala da pranzo. Mentre tremavamo di paura venivamo sballottati dai movimenti del palazzo che, a dire delle persone che si trovavano in piazza, si è inclinato in avanti oscillando paurosamente. E’ stata la prima volta che ho avvertito la rassegnazione di dover morire”, ha raccontato la donna. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

TERREMOTO IRPINIA: 40 ANNI DAL DISASTRO

Erano le 19:34 del 23 novembre del 1980 quando una scossa di magnitudo 6.9 della scala Richter, dell’infinita durata di un minuto e mezzo, colpì i territori dell’Irpinia (zona della Campania nei pressi di Avellino), distruggendo vite, paesi, e lasciando una macchia indelebile per l’Italia. Da sempre, infatti, il terremoto dell’Irpinia, oltre ad essere sinonimo di sangue e morte, è considerato uno dei più grandi fallimenti del governo del Balpaese. In un’epoca in cui la Protezione Civile non esisteva (fu proprio grazie a quell’evento che si decise di crearla), i lavori di ricostruzione post-terremoto vennero affidati all’esercito, ma per giorni, in Irpinia, non si vide nessuno. Il bilancio di vite fu ignobile, 2.981 morti, 8.800 persone ferite e 280mila sfollati, il bilancio economico altrettanto, circa 60mila miliardi di lire (al cambio, 30 miliardi di euro più o meno), buttati al vento. Lo stato, dopo colpevole lentezza, si mosse, spinto dalla visita del presidente dell’epoca, il grande Sandro Pertini, che dopo essersi recato presso i territori incriminati, rimase indignato dall’assenza degli aiuti. I soccorsi furono infatti prestati dalla stessa popolazione, si scavava con le mani, si trasportavano feriti sulle auto, con tutto ciò che ne è conseguito.

TERREMOTO IRPINIA 1980, 30 MILIARDI DI EURO GETTATI AL VENTO

Ma il peggio, forse, doveva ancora arrivare, e fu l’istituzione della Legge 219, una norma ad hoc per incentivare la ricostruzione della zona, e nel contempo, favorire l’insediamento delle industrie nei territori colpiti dal terremoto dell’Irpinia: lo stato erogava dei fondi, di cui il 75% era perduto, non doveva essere restituito. Fu proprio grazie a questa legge che vennero a galla gli sciacalli, con ditte che aprivano con stratagemmi vari, per poi chiudere dopo pochi mesi, trasferendosi al nord o altrove, dopo aver intascato i soldi dello stato. Nel 1988 venne istituita una commissione d’inchiesta parlamentare presieduta da quello che poi sarebbe divenuto il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. “La cittadinanza italiana ha speso 60 mila miliardi di vecchie lire – le parole di Giovanni Russo Spena, parlamentare di Democrazia Proletaria e poi di Rifondazione Comunista, ex membro di quella commissione, riportate da Fanpage – per 1200 posti di lavoro in settori decotti, con imprese che sono arrivate, poi hanno chiuso l’azienda, licenziato gli operai”. Ma fu di fatto la Camorra quella che mangiò più miliardi di tutti: “Quella notte – le parole dell’ex governatore campano, Bassolino – la camorra cambia pelle è da quella notte che la camorra fa il salto di qualità”. Oggi quei container che dovevano ospitare solo temporaneamente gli sfollati sono ancora lì, freddissimi d’inverno, roventi d’estate: un simbolo di degrado, fallimento, burocrazia e malaffari, un simbolo, purtroppo, della nostra Italia.