“Le leggi per accelerare e semplificare le abbiamo fatte ma tra sei mesi, un anno, non cambierà nulla. Il processo di ricostruzione è lungo e complesso”. Lo ha spiegato il premier Giuseppe Conte parlando con alcuni residenti di Amatrice dopo la cerimonia per il quarto anniversario del sisma. “Il Recovery Fund potrà dare un contributo per integrare le risorse già stanziate”, ha aggiunto il premier.
Parole che non hanno convinto molto i terremotati di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo. Così tante volte, che oramai sono diventate troppe, le parole non sono state seguite dai fatti. Al punto che ogni anno, alla ricorrenza delle terremoto che nel 2016 ha devastato il centro Italia, andando a distruggere anche tanti centri abitati già devastati dal sisma del 2009, la scaletta degli interventi sembra un disco incantato, un replay, un déjà-vu. Le attese e le speranze dei cittadini vengono fatte slittare di altri dodici mesi. Chiacchiere che un susseguirsi di commissari alla ricostruzione ha tramutato in promesse. Promesse disattese.
Adesso il premier Conte si ritrova in mano un gruzzoletto, quei fondi europei che verranno dati grazie al Recovery Fund, quei fondi che dovrebbero servire per far fronte all’emergenza post pandemia. La domanda che si fanno i cittadini punta a capire se eventuali fondi arriveranno in questi territori in aggiunta a quelli necessari per sopperire alla crisi economica causata dall’emergenza Covid o se invece, mentre tutti gli altri cittadini italiani utilizzeranno quei fondi per ripartire, le aree interni di Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria dovranno scegliere quale è il male minore.
Un quadro molto chiaro della situazione difficile che si è venuta a creare nel corso di questi quattro anni lo ha fatto il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, proprio a margine dell’incontro celebrativo di Amatrice. “La colpa del fatto che a quattro anni dal sisma i principali centri colpiti sono una spianata desolata o, in alcuni casi, ancora un cumulo di macerie non può essere addossata alla ‘burocrazia’. Questo modo di scaricare le responsabilità su un mostro impersonale rischia di diventare una tattica autoassolutoria da parte di chi, ipocritamente, non si vuole assumere le responsabilità di quelle scelte politiche ben precise. Ed è sufficiente ripercorrere le tappe di questi anni per individuare queste responsabilità”.
Tante volte abbiamo scritto sul Sussidiario, raccontando il terremoto, che pure con tanti difetti il metodo di intervento utilizzato dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, insieme al capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, in occasione del tragico terremoto dell’Aquila aveva portato benefici importanti. Chi era rimasto senza casa è riuscito a tornare all’Aquila o nei paesi intorno grazie alla realizzazione di veri e propri quartieri, case in grado di far riemergere una vita quasi normale, di far sì che i propri figli ricominciassero la scuola con i compagni e gli amici di sempre.
Questo con il terremoto del 2016 non è avvenuto. La Protezione civile non ha avuto più tutti quei poteri che hanno permesso a Bertolaso di intervenire in maniera concreta, di evitare la migrazione di migliaia di persone verso i paesi della costa adriatica. È cambiata la Protezione civile, il Governo ha voluto tagliare con il passato, ovvero ripudiare Berlusconi con tutto quello che aveva fatto di buono e di meno buono. Tra il buono c’era la capacità di intervenire nel dramma del terremoto con azioni concrete, veloci. Certo fare dietrologia oggi può portare a criticare il fatto che tante situazioni ancora sono da risolvere dopo oltre dieci anni. Ma forse è successo proprio perché non c’è più quella Protezione civile voluta da Bertolaso. Abbiamo invece assistito a un governo Renzi, a cui è seguito Gentiloni a cui è seguito il Conte 1 e poi il Conte 2. Ogni cambio di Governo ha rappresentato il cambio del commissario alla ricostruzione. Ogni volta si è ripartito da capo, ogni volta con idee diverse, ogni volta senza un faro da puntare e raggiungere.
“Scelte che hanno ingabbiato la ricostruzione in un inestricabile groviglio di leggi, regolamenti e ordinanze, con uffici privi di personale qualificato e senza le risorse adeguate, che ne hanno prodotto la paralisi”, ha aggiunto ancora i presidente Marsilio. È l’amara realtà è anche questa punto A cui bisogna aggiungere che tutti i soldi spesi dal Governo, dal Commissario alla ricostruzione e dalla Protezione civile per tenere gli sfollati negli alberghi o dare i contributi di autonoma sistemazione, avrebbero consentito di costruire intere città.