“Non è un caso che i crociati e i loro alleati si incontrino nella Roma crociata e non c’è dubbio che i timori di Roma siano giustificati, poiché è ancora nella lista dei principali bersagli dei mujahidin. I mujahidin dell’Isis stanno ancora aspettando il compimento della promessa di Dio onnipotente nei loro confronti: questa è Dabiq, questa è Ghouta, questa è Gerusalemme e quella è Roma e noi vi entreremo senza false promesse” si legge nel nuovo numero del settimanale edito dall’Isis Al Naba in seguito all’incontro della coalizione anti Daesh che si è tenuto a Roma nei giorni scorsi presieduto dal nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Parole che sono state intese come una minaccia al ministro e all’Italia, provocando molti timori. In realtà, come ci ha spiegato Stefano Piazza, esperto di terrorismo e geopolitica, “quell’articolo non contiene alcuna minaccia concreta, hanno minacciato di conquistare Roma almeno un milione di volte.



Oggi il loro obbiettivo sono la Siria e l’Iraq, non operazioni in grande stile all’estero. Al Naba serve a tenere in vita l’idea del califfato. Nulla più. Non c’è alcuna minaccia concreta, è solo propaganda”. Più preoccupante è invece l’arresto di un marocchino di 29 anni, Afia Abderrahman, affiliato all’Isis come responsabile militare, fermato dalla Polizia a Lago, in provincia di Salerno, a seguito di indagini che hanno visto la collaborazione dell’intelligence italiana e marocchina. “Questo arresto” ci ha detto ancora Piazza “ci conferma come abbiamo detto più volte che l’Italia è un luogo di passaggio dei terroristi e anche luogo dove nascondersi, soprattutto il Sud Italia. Ma soprattutto ci conferma la capacità delle nostre forze dell’ordine di riuscire a monitorare la presenza di questi personaggi poi arrestarli”.



Come commenta l’arresto del marocchino affiliato all’Isis e fermato in provincia di Salerno?

Più volte abbiamo parlato dell’Italia come luogo di passaggio, dove si raccolgono anche soldi per sostenere le cellule terroristiche e anche luogo dove nascondersi, soprattutto nel Sud Italia dove sono presenti numerose comunità di migranti islamici. L’Italia si conferma come importante luogo di arrivo di persone legate all’Isis, vengono quasi tutti attraverso la rotta del Mediterraneo, e poi decidono se recarsi all’estero, se non hanno precedenti troppo pesanti, oppure se fermarsi qui e nascondersi.



Dunque ha ragione chi dice che tra i migranti si infiltrano terroristi?

Non è il primo caso. Questa cattura però ci dà un altro elemento, la capacità italiana che non ha nessuno in Europa, dalla Digos a tutte le forze antiterrorismo, di riuscire a monitorare la presenza di questi personaggi e poi arrestarli. Questo è l’elemento centrale.

Questo sarebbe il motivo per cui non sono mai stati effettuati attentati in Italia? O siamo stati solo fortunati?

È chiaro che per uno di questi che viene arrestato ce ne sono altri tre o quattro che sfuggono all’arresto. Siamo debitori alla capacità italiana, ma non si può negare la loro presenza sul territorio nazionale. Pensiamo a cosa c’è in giro in Europa, con la pandemia il fenomeno non è certo regredito.

Un personaggio come Abderrahman gode della protezione di un network terroristico o è riuscito a tenersi nascosto infiltrandosi nelle tante comunità di migranti musulmani?

Questo genere di personaggi, soprattuto questo che ha una caratura militare e terroristica importante, è chiaro che hanno attorno a sé un circolo di persone con contatti terroristici e che non sono mai soli. Hanno un rete di complicità che li aiuta a nascondersi.

Comprese le normali comunità di migranti?

No, le comunità di migranti sono lontane da queste visioni folli dell’islam e li respingono, li fanno sentire come dei cani in chiesa perché per loro sono un grande problema. Spesso addirittura li denunciano, fanno arrivare a chi di dovere la voce che è arrivata in Italia una persona che potrebbe essere sospetta.

Quindi non c’è una massa di musulmani sotto la bandiera dell’Isis come spesso i media li descrivono?

C’è una rete che li aiuta mentre nelle comunità non trovano appoggio perché creano difficoltà. Bisogna uscire da questa narrazione pericolosa che tutti i musulmani sono complici dei terroristi, non è affatto così. La stragrande maggioranza non vuole avere nulla a che fare con loro, alcuni anche rischiano, perché li denunciano.

E il pericolo dei lupi solitari? Sappiamo che è praticamente impossibile prevenirlo. O no?

Per me i lupi solitari non esistono. Quando si parla di lupo solitario ci si dimentica sempre che anche loro hanno una rete di contatti, di amicizie, di persone che li coprono e che li aiutano. Sicuri non è mai possibile esserlo, è impossibile prevedere cosa possa accadere, non si può mai pensare di essere al riparo, e guai a pensarlo. Le forze di polizia italiane fanno bene il loro lavoro perché sanno che non ci si può adagiare mai.

Il ruolo della Fratellanza musulmana? Come interagisce con i terroristi?

Tutti i più grandi terroristi sono venuti da lì, perché la Fratellanza è storicamente il loro maggiore brodo di cultura, caratterizzata com’è dal rifiuto della democrazia, dallo sprezzo delle donne e degli infedeli. La Fratellanza musulmana ha come scopo il non integrarsi. Tutte le istanze dell’islam politico provengono da lì ed è più pericolosa del terrorismo stesso.

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