Una vera e propria carneficina in alcuni paesini bretoni: era questo il progetto di sei terroristi che andranno a processo. I sei progettavano, nel 2019, di sterminare la popolazione locale per “esercitarsi” alla Jihad. Si tratta di giovani nati tra il 1983 e il 2003. Lunedì, la camera di istruzione della Corte d’Appello, ha confermato che sei individui saranno giudicati nel 2024 dalla Corte d’Assise. I sei sono accusati di aver progettato lo sterminio di un intero paese di campagna. Come riportato infatti dall’agenzia France Presse, nel settembre 2019 era stata avviata un’inchiesta sulla situazione di Mohamad D., palestinese nato in Siria e arrivato in Francia nel 2015 con lo status di rifugiato. Gli inquirenti hanno iniziato ad indagare sull’uomo, sondando anche le sue conoscenze, come quella con un macellare già condannato per apologia al terrorismo. 



I due sono stati intercettati mentre si dicevano: “Ci serve allenamento, delle armi e dobbiamo imparare a fare certe cose”. Immaginavano insieme di “andare non troppo lontano, per esempio nelle campagne” con un gruppo di “quattro o cinque di noi, armati” e “uccidere tutto il paese in una notte sola”. I sospettati, secondo France Bleu, avevano individuato altri possibili bersagli come la base navale di Brest, una sinagoga o ancora eventi come una partita di calcio. Secondo l’avvocato di uno di loro si tratta di intercettazioni “decontestualizzate”. I sei, dunque, volevano allenarsi per poi replicare in maniera più ampia l’attentato.



Non solo terrorismo: situazione tesa in Francia

Come dimostrano le devastazioni della scorsa estate, il terrorismo non è il solo pericolo che aleggia sulla Francia. Dopo la morte di Thomas Perotto, infatti, il Paese sembra vicino a una guerra civile e l’ultima dimostrazione è arrivata da Marie-Helene Thoraval, sindaco di destra di Romans-sur-Isere, cittadina da cui proveniva il comando che il 19 novembre a Crepol ha “accoltellato dei bianchi”. Qualche giorno prima, infatti, aveva dichiarato che la famiglia di Thomas Perotto chiedeva che “il carattere razzista degli aggressori” fosse considerato dagli inquirenti.



Il sindaco ha poi svelato di aver ricevuto due telefonate anonime intimidatorie con gli autori che chiedevano al primo cittadino se avesse “un kalashnikov in casa” oppure delle “guardie del corpo”. Ha poi ricevuto anche un messaggio minatorio tramite Instagram. La colpa di Thoraval è dunque quella di aver acceso i riflettori sul movente razzista dell’attacco a Crepol, che non è piaciuto a tutti nel quartiere della Monnaie, dove risiede buona parte dei sospettati di essere parte del commando. Le parole del sindaco, secondo loro, punterebbe a “stigmatizzare gli abitanti del quartiere della Monnaie” spiega La Verità ma anche a “non condannare apertamente l’arrivo di milizie di ultra destra” che hanno cercato di entrare alle Monnaie lo scorso fine settimana.