Continuano a Gerusalemme Est quelli che già sono stati definiti “attacchi fai-da-te”, assalti solitari da parte di palestinesi a ebrei. Vengono compiuti anche da ragazzini, come nel caso di una quattordicenne che ha pugnalato una mamma mentre camminava con i figli, e ovviamente vengono applauditi da Hamas, che offre tutto il suo sostegno a questo tipo di episodi, che contribuiscono ad alzare la tensione, tanto che nel quartiere di Sheikh Jarrah estremisti ebrei hanno infranto finestrini di automobili palestinesi in sosta.
Come ci ha fatto notare in questa intervista Giuseppe Dentice, responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del Ce.SI – Centro Studi Internazionali, “in realtà non si tratta di niente di nuovo, è qualcosa che continua da sempre. Già alcuni anni fa avevamo assistito a una escalation di questo tipo, con vetture scagliate a tutta velocità contro la folla e quella che era stata chiamata, secondo me in modo sbagliato, Intifada dei coltelli”.
Sempre secondo Dentice, “si tratta di una questione politica legata ai rapporti intra-palestinesi e israeliani, perché queste persone, protagoniste degli attacchi solitari, non sono necessariamente legate all’Autorità palestinese o ad Hamas. Agiscono così in quanto vittime di un disagio sociale e umano sempre maggiore, anche perché la questione israelo-palestinese da tempo non è più al centro dell’agenda internazionale”.
Cosa c’è dietro a questi attacchi definiti “fai-da-te”?
Chiariamo subito: la violenza in Cisgiordania, come a Gerusalemme Est, non è mai sparita del tutto neanche dopo la guerra del maggio scorso, perché i motivi sono antichi e vanno ricercati nelle condizioni di vita dei palestinesi. Non risiedono necessariamente in questioni legate a Israele, ma anche in questioni politiche legate ai rapporti interni all’Autorità palestinese.
Ci può aiutare a capire meglio questo contesto?
È necessario comprendere che questi episodi non sono altro che una continua ripresa di situazioni estremizzate che vanno avanti da decenni e che hanno una nuova visibilità sui media con una certa consuetudine negli ultimi 5-6 anni. Sembrerebbero ripercorrere quegli attacchi, anche lì fai-da-te, che erano stati definiti “Intifada dei coltelli”, assalti all’arma bianca condotti da soggetti singoli. Secondo me il termine era ed è sbagliato: Intifada indica un’organizzazione, una collettivizzazione. Invece questi sono attacchi portati da soggetti che fra loro non hanno niente a che fare ed è ciò che sta avvenendo anche oggi.
Quindi azioni singole, motivate più dall’esasperazione che da un progetto politico?
C’è una sottovalutazione dell’aspetto socio-economico da parte dell’opinione generale. Molti degli abitanti arabi a Gerusalemme Est vivono condizioni di vita molto difficili, anche a causa delle decisioni assunte da Israele e dall’Autorità palestinese. Sono quelli che subiscono e questi attacchi non fanno altro che danneggiare le loro condizioni. Va poi ricordato che esiste sì un terrorismo palestinese, ma esiste anche un terrorismo ebraico. Pensiamo a Hebron: anche qui sono riprese le violenze da parte di coloni ebrei contro abitanti arabi e palestinesi. È un cortocircuito che ormai ha pervaso la vita di queste comunità. Ci troviamo in un momento così complicato che è difficile classificare singoli fatti, specie se estratti dal contesto generale, che è molto più confuso.
Quanto pesa in tutto questo l’aspettativa delusa che il nuovo governo potesse fermare l’occupazione dei territori palestinesi in Cisgiordania da parte dei coloni ebrei, occupazione che invece pare addirittura aumentata?
Sicuramente contribuisce. Molte delle decisioni dell’attuale governo sono improntate all’allargamento dei territori dei coloni, ma non è l’unico motivo. Purtroppo sono tante le situazioni che vanno a sovrapporsi, è difficile individuare oggi un solo motivo dopo oltre 70 anni di conflitto.
Questi attacchi ricordano i lupi solitari dell’Isis in Europa, una scelta che noi spieghiamo con l’incapacità del terrorismo islamico di ripetere gli attentati in grande scala che avevano inizialmente caratterizzato la loro strategia. È sbagliato dire che anche Hamas non è più in grado di riproporre quel tipo di attacchi e che ora si affida a gesti singoli?
Il punto non è dare un’etichetta alle azioni. Un attacco di questo tipo può sconfinare nel terrorismo. Le modalità di attacco possono ricordare quelle dei lupi solitari, ma è giusto dire che queste modalità erano presenti già decenni prima dell’Isis. Personalmente guardo a questi fatti dando interpretazioni politiche utili ad allargare il quadro. Sicuramente c’è qualcosa che ha che fare con dinamiche intra-palestinesi e il fatto che l’Autorità palestinese non sia in grado di controllare nessuno genera persone che si muovono come lupi solitari.
L’amministrazione Biden sembra concentrata solo sul ritorno dell’Iran al trattato sulla limitazione del nucleare. Se non è così, come si differenzia dall’amministrazione Trump?
Anche qui purtroppo è difficile trovare una linea. È un po’ in continuità con il passato e non esistono linee politiche, eccetto il tentativo di riaprire il consolato palestinese a Gerusalemme, ovviamente osteggiato dal governo israeliano. Gli americani sembrano mantenere l’approccio di Trump, cioè non vogliono tornare con tutti e due i piedi nella situazione, ma gestire la crisi dall’esterno: da un lato, appoggiandosi agli attori locali e, dall’altro, sperando che non succeda nulla di grave. È un dato di fatto che la questione israelo-palestinese, che per la popolazione locale mantiene un suo significato storico e sociale, per le élite politiche regionali e internazionali ha perso peso e non è più al centro dell’agenda internazionale.
(Paolo Vites)
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