Non vogliono tornare in Italia e non intendono “pentirsi”: dalla prima giornata di udienze a Parigi per i 9 ex terroristi “rossi” arrestati la scorsa settimana emergono dettagli importanti, anche sorprendenti per personaggi in “silenzio” da oltre 20 anni. Per Giorgio Pietrostefani (ex Lotta Continua), Roberta Cappelli, Enzo Cavitti, Giovanni Alimonti, Sergio Tornaghi e Marina Petrella (ex Brigate Rosse), Narciso Manenti (ex Nuclei Armati), Luca Bergamin e Raffaele Ventura (ex PAC) la decisione è comune: «non vogliamo l’estradizione in Italia» rimanendo così al momento in libertà vigilata in attesa dell’iter giudiziario che potrebbe durare 2-3 anni prima della possibile estradizione “imposta” dalle autorità giudiziarie francesi.



«Mi sono sempre dichiarato innocente e continuerò a farlo», ha spiegato il condannato per l’omicidio Calabresi, Giorgio Pietrostefani, camminando a fatica all’interno del Palazzo di Giustizia. Con diverse testimonianze prese dall’inviata di Repubblica Anais Ginori, parlando gli ex terroristi, sostenuti dall’élite culturale franco-italiana che negli ultimi giorni ha ribadito «l’assurdo arresto ed estradizione» per «motivi umanitari».



I 9 EX TERRORISTI RIFIUTANO L’ESTRADIZIONE

«Le accuse che mi sono rivolte sono infondate e la mia condanna è eccessivamente punitiva», confida Tornaghi a Rep, mentre Calvitti sottolinea «Sono sorpreso da quello che sta succedendo». Decisamente più spavaldo Bergamin che invece dichiara «Con tutto il rispetto per la Corte non si capisce la legittimità della cosiddetta operazione Ombre Rosse che ha portato all’arresto di dieci italiani in Francia da decenni»; ancora in fuga invece il 10mo terrorista sfuggito dal mandato di cattura spiccato in Italia, Maurizio Di Marzio, attendendo a questo punto la prescrizione prevista per lunedì prossimo. Ma sono le parole di Marina Petrella (Brigatista, condannata per l’omicidio del generale dei carabinieri Galvaligi e per il sequestro Cirillo a Napoli) ad aver fatto più discutere a Parigi: «dolore e sofferenza e compassione per tutte le vittime e tutte le famiglie, compresa la mia. Pentimento? Appartiene alla mia sfera intima e di questo non parlerò mai». Non vuole l’estradizione e spiega ancora «Ho fatto 10 anni di carcere, fra Italia e Francia. E trenta di esilio, un’espiazione quotidiana che dura tutta la vita, una pena senza sconti. Senza la possibilità di tornare nel proprio Paese, e sotterrare i propri morti» ha attaccato Petrella, «Le vittime per le quali siamo stati condannati, perdonate il linguaggio cinico, orribile, sono state largamente risarcite da tutti i compagni che hanno fatto ergastoli. Non sono vittime rimaste prive di riconoscimento, punizione, memoria. Questa idolatria vittimistica è un grande passo indietro filosofico».

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