Green pass, terza dose del vaccino, no vax, alcune regioni in ritardo clamoroso rispetto alle altre nella campagna di vaccinazione, under 12 sottoposti al siero. Di tutto e di più. E’ il quadro di una Italia che si trova immersa da oltre un anno e mezzo (come tutto il mondo peraltro) nella pandemia da Covid, ma che vive una grande confusione (anche questo accade in quasi tutti i paesi).
Secondo l’ex ministro della Salute Girolamo Sirchia, “questa disomogeneità tra regione e regione, nonostante l’ottimo lavoro e lo sforzo encomiabile sostenuto dal governo, la paghiamo a causa dell’autonomia conferita alle regioni nel campo dell’assistenza sanitaria, nonostante quanto dica la Costituzione al proposito. Questo, quando ci troviamo ad affrontare regioni che storicamente scontano una debolezza gestionale e organizzativa, si paga”.
L’ex ministro si dice contrario alla vaccinazione obbligatoria, ma è sostenitore di strumenti come il green pass (“La tua libertà di non vaccinarti va bilanciata con la mia di non farti entrare nel mio locale”), ma, dice, “mancano troppi dati certi e definitivi sulla necessità di un terzo vaccino così come sulla vaccinazione degli under 12. Bisogna impiegare risorse per ottenere questi dati prima di prendere decisioni”.
Dai dati a disposizione risulta che regioni come Sicilia, Calabria, Valle d’Aosta, Campania e Friuli sono indietro nella vaccinazione rispetto al resto delle regioni. Perché secondo lei? Non sarebbe meglio insistere sui non vaccinati di queste regioni invece di fare una campagna a oltranza per tutto il paese come sta avvenendo?
Queste sono scelte politiche. Il problema è che le regioni godono di autonomia in tema di assistenza sanitaria. La salute pubblica, secondo la Costituzione, non dovrebbe ricadere in questo ambito, però le regioni hanno ottenuto comunque anche questo spazio. Sempre la Costituzione prevede che in caso di gravi problemi di salute pubblica il presidente del Consiglio assuma tutti i poteri e operi informando naturalmente il Parlamento con provvedimenti rapidi, ma questo, di fatto, in parte è avvenuto.
Le regioni si sono comunque sollevate molte volte per un preteso abuso di potere, non è così?
Infatti. Le regioni protestano perché il presidente ha troppi poteri, i sindacati protestano perché non sono interpellati, e anche i sindacati vogliono governare. Siamo un paese dove tutti predicano la Costituzione, nessuno la legge e tutti approfittano per cercare di acquisire spazi di potere.
Quindi il ritardo di alcune regioni nella campagna vaccinale non può essere colpa loro. Ma non si può intervenire?
Le regioni dovrebbero risponderne, questo purtroppo in alcune regioni, per una debolezza organizzativa e gestionale che c’è da sempre e che dispiace denunciare, non accade. Ecco perché questa disomogeneità.
Quali strumenti in concreto potrebbero essere messi in campo al fine di individuare e convincere i non vaccinati?
Personalmente non ritengo si debba imporre un obbligo vaccinale. Anche perché si generano reazioni spropositate come stiamo vedendo. Credo molto di più nella cosiddetta spinta gentile.
Sarebbe?
Spingere la popolazione a certi comportamenti, creando le condizioni perché la scelta personale sia favorevole alla salute pubblica e sia determinata da incentivi. Per cui sono favorevole al green pass, che è uno di questi strumenti: sei libero di non vaccinarti, ma la tua libertà deve essere bilanciata dalla mia libertà di non farti entrare in un locale.
A proposito di green pass, è stato esteso l’utilizzo a 12 mesi, anche se sappiamo che l’immunità da vaccinazione dura circa sei mesi o poco più. Era il caso di varare questo provvedimento?
Dati solidi sulla durata del vaccino non ne ho trovati, sarà colpa mia, però non ho evidenze tali da poter fare affermazioni di questo genere sulla durata dell’immunità. Non sappiamo in realtà, se non per l’esperienza di piccoli gruppi come Israele, quanto ci sia di vero. Per questo ho difficoltà anche a immaginare che si possa imporre una terza vaccinazione.
Infatti l’Aifa ha dato l’ok alla terza dose per gli immunodepressi, però l’Ema non si è ancora espressa al proposito. Permangono ancora molte incognite, ad esempio il dosaggio, quale vaccino usare. Che ne pensa?
L’Ema non si è espressa proprio per questo motivo, perché non ci sono dati definitivi. Preferisco uno che non si esprime quando i dati non sono disponibili. Aspettiamo, ma soprattutto facciamo degli studi finalizzati a questo scopo, investiamo dei soldi per uno scopo preciso. Non facciamo il bando aperto a ogni ricerca, lanciamo una ricerca di territorio per fare queste valutazioni. O magari un bando internazionale, altrimenti senza dati validati ricominciano le contestazioni.
Un altro elemento di discussione è la vaccinazione degli under 12. I dati ci dicono che l’immunità con gli anticorpi è superiore di 13 volte a quella ottenuta con il vaccino. Non sarebbe il caso di riconsiderarla?
Anche qui non abbiamo dati sufficienti. Il vaccino in teoria non dovrebbe creare problemi, quindi forse bisognerebbe aspettare a imporlo agli under 12.
Ritiene che in autunno ci sarà un aumento dei contagi e dei decessi?
L’aumento dei contagi c’è già, però è un elemento limitato in una popolazione che ha una quota di vaccinati con due dosi tale da cambiare completamente il quadro rispetto allo scorso anno. Certo, bisogna mantenere le misure di sicurezza, però ci troviamo davanti a una situazione diversa, molto meno pericolosa, salvo l’insorgere di eventuali varianti più maligne. Fino ad adesso le varianti sono state contenute bene dai vaccini a disposizione.
(Paolo Vites)
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