Fare un test sierologico prima della terza dose di vaccino anti Covid non serve. In molti pensano sia utile per verificare la presenza nel sangue degli anticorpi al nuovo coronavirus, così da valutare se accettare o meno la somministrazione del richiamo. Tra questi però non vi sono gli esperti, secondo cui sarebbe inutile e fuorviante. La presa di posizione del Ministero della Salute è netta: «Si ribadisce che l’esecuzione di test sierologici, volti a individuare la risposta anticorpale nei confronti del virus, non è raccomandata ai fini del processo decisionale vaccinale», si legge nel documento firmato dal direttore della Prevenzione Giovanni Rezza. Per questo motivo – aggiunge – «la presenza di un titolo anticorpale non può di per sé essere considerata, al momento, alternativa al completamento del ciclo vaccinale». Per dirla in maniera più semplice, gli anticorpi non sono il valore che è in grado di dirci quanto siamo protetti e per quanto. A momento non vi sono neppure valori di soglia che possono darci queste informazioni.



«Finché non avremo standard internazionali comparativi, tramite il dosaggio si potrà verificare che gli anticorpi ci sono, ma non si potrà valutare se il loro livello sia alto o basso. Quello che conta davvero è la memoria immunologica, per cui si stanno studiando test specifici», il parere di Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani e della Federazione Italiana Società Scientifiche di Laboratorio, all’HuffPost.



PROTEZIONE IMMUNITARIA ANTICORPALE O CELLULARE?

Il motivo per il quale il test sierologico non serve per decidere se sottoporsi alla terza dose di vaccino anti Covid è, dunque, legato al fatto che non è ancora stato chiarito dalla comunità scientifica a quale linea di immunità sia associata la protezione immunitaria per il Covid – se anticorpale o cellulare – e di conseguenza quale sia l’effettiva durata della stessa. Quel che sappiamo è che ci sono anticorpi neutralizzanti che impediscono l’entrata del coronavirus nella cellulare fino a 6 mesi, in alcuni individui anche fino a 8 mesi. Invece i linfociti B e T specifici possono essere rinvenuti anche dopo 8 mesi. Inoltre, bisogna tener conto del fatto che le persone non hanno la stessa risposta immunitaria alla vaccinazione, così come all’infezione. La chiave è nel cosiddetto “correlato di protezione”, il rapporto cioè tra il numero di anticorpi e l’immunità dal coronavirus. «Arriveremo ad avere correlati di protezione ma in questo momento non li abbiamo. Chi dice che dobbiamo essere guidati dai livelli di anticorpi non riflette lo stato delle conoscenze, lo stato dei dati. Questa è la presa di posizione della Fda qualche mese fa. I test con anticorpi non dovrebbero essere utilizzati per valutare i livelli di immunità», ha dichiarato Alberto Mantovani, presidente di Fondazione Humanitas, come riportato da Il Giornale.



TEST SIEROLOGICO E TERZA DOSE: LE ECCEZIONI

Tutto ciò non vuol dire che non ci siano delle eccezioni. Per Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive all’ospedale San Martino di Genova, uno dei pochi casi in cui ha senso fare il test sierologico è per chi ha ricevuto la doppia dose di vaccino e poi si è contagiato. Si ha, infatti, un surplus di anticorpi che potrebbe consentire di evitare la terza dose, ma sul tema le istituzioni sanitarie italiane non si sono ancora espresse in virtù proprio di quanto indicato sopra, cioè che un alto numero di anticorpi non è indice di durata della protezione. Invece sembrano convergere sui cosiddetti “no responder”. Ci sono persone che non sviluppano proprio anticorpi, motivo per il quale la terza dose è importante per provare ad avere una protezione anche minima, soprattutto se si è fragili o immunodepressi. C’è poi il caso Svizzera, l’unico Paese in Europa dove un test sierologico che dimostra la presenza di anticorpi anti Covid nell’organismo dà il diritto al rilascio di un certificato come il green pass. Questo meccanismo non è riconosciuto dall’Ue, ma per gli elvetici così si ha il diritto di partecipare a qualsiasi manifestazione e a spostarsi ovunque all’interno del loro territorio per 90 giorni con possibilità di rinnovo.