Giusto un anno fa si parlava di sfida “da brivido” per la logistica, quando ancora la macchina della campagna vaccinale, con Arcuri alla guida della struttura commissariale anti-Covid, non era nemmeno sulla carta. Poi, con l’avvento di Draghi a Palazzo Chigi e la nomina del generale Figliuolo, l’operazione, partita un po’ a rilento e a fatica, ha via via preso ritmo e velocità. Tanto che oggi l’Italia è tra i paesi più virtuosi in fatto di percentuale di immunizzati rispetto alla popolazione vaccinabile. Insomma, la partita delle due dosi è stata sostanzialmente vinta.



E adesso che si parla di quanto terza dose per tutti, è pronta la logistica? Seguiremo ancora il vecchio modello? Che cosa abbiamo imparato in questi undici mesi? Vanno riaperti gli hub che sono stati chiusi? “Finora la logistica ha fatto il suo dovere, come prevedibile e come previsto – osserva Luca Lanini, professore di Logistica all’Università Cattolica di Piacenza e membro del comitato scientifico del Freight Leaders Council –. In vista della campagna per la terza dose sarà necessario passare da un modello centralizzato a uno parcellizzato e decentralizzato. Non è quindi un problema che qualche hub chiuda, perché oggi non è più necessario portare folle di pazienti in luoghi e in orari particolari”.



Come andrebbe fatta allora la campagna per la terza dose?

In assenza di indicazioni operative specifiche, che ancora non si conoscono, mi limiterei a constatare due aspetti.

Prego.

E’ innanzitutto evidente come il meccanismo della campagna vaccinale sia ormai più che rodato. In secondo luogo, come sempre succede nella logistica, grazie al learning by doing e al learning by using sono state via via introdotte delle ottimizzazioni di processo nei singoli punti vaccinali. Quindi, per quanto riguarda gli aspetti logistici legati a spostamento e distribuzione dei sieri, siamo arrivati a procedure molto efficienti. E lo posso tranquillamente affermare, perché c’è la controprova.



Quale sarebbe?

Non ci sono casi frequenti ed eclatanti di vaccini andati a male e la stessa percentuale di sieri ritirati per errori commessi nella preparazione o somministrazione si è abbassata nel tempo. Siamo perciò in grado di predisporre una diffusione più ampia, a raggiera, mentre prima avevamo la necessità di localizzare l’operazione in pochi punti. Ritengo che adesso sia perfettamente fattibile un’ampia distribuzione delocalizzata.

Che cosa glielo fa credere?

Bisogna fare prima un piccolo passo indietro, fino a maggio 2021, quando il Comitato per i medicinali per uso umano dell’Ema ha esteso da 5 giorni a 31 giorni il periodo di conservazione della fiala scongelata e non aperta a 2-8°C, le temperature cioè di un normale frigorifero. Questo ha facilitato, e di molto, la gestione del vaccino a mRna della Pfizer/BioNTech nei centri vaccinali di tutta la Ue. Ma è in arrivo un’altra grossa novità.

Sempre dall’Ema?

Sì, con il via libera a una nuova formulazione del vaccino anti-Covid della stessa Pfizer/BioNTech pronto all’uso e conservabile a temperature di un normale frigorifero fino a 2 mesi e mezzo. La nuova versione del Comirnaty sarà disponibile a partire da inizio 2022, con un lancio che sarà graduale. E si tratterà di una formulazione che non richiede, come oggi, diluizione prima della somministrazione, sarà disponibile in confezioni non più da 195 flaconcini pari a 1.170 dosi, bensì da 10 flaconcini, cioè 60 dosi, che possono essere conservate a 2-8°C fino a ben 10 settimane. Quindi, a rendere possibile la distribuzione a raggiera saranno proprio queste novità.

Insomma, sarà più semplice coinvolgere medici e pediatri di base senza troppi problemi logistici?

Grazie alle nuove disposizioni sulla conservazione in frigorifero, il coinvolgimento di medici di medicina generale e delle farmacie va assolutamente fatto. Anche perché sono garantite altre due condizioni necessarie: da un lato, la presenza degli hub, che assicurano flussi, scorte e consegne ai vari punti vaccinali, i cosiddetti spoke; dall’altro, la gestione dei dati informatici, che si dimostra efficiente e sicura. Così siamo in grado, e bisogna essere in grado, di arrivare dappertutto, superando il concetto di hub di massa. In estrema sintesi, parafrasando il proverbio di Maometto e la montagna, in questa campagna vaccinale per la terza dose non si dovrà chiedere al cittadino di venire al vaccino, ma sarà il vaccino che potrà andare dal cittadino.

Quindi i tempi di messa a terra di questa campagna saranno più veloci?

Certamente, sarà tutto molto più rapido. Anche perché la situazione è opposta rispetto a quella di un anno fa: non solo è diventato più facile distribuire ovunque le dosi, ma anche i cittadini sono più liberi di muoversi. E’ una situazione che definirei positivamente e virtuosamente fluida.

Problemi di approvvigionamento delle terze dosi?

In questi mesi ho seguito soprattutto il tema dell’arrivo dei vaccini negli aeroporti. Oggi anche il peggior logistico saprebbe come organizzare le cose. La produzione non dovrebbe subire intoppi, perché le aziende farmaceutiche sono super-attrezzate e presto saranno operativi, a Monza e ad Anagni, due siti produttivi del Comirnaty anche in Italia. Quanto a voli, arrivi e scorte, si susseguono ormai a pieno regime. Ed è impossibile che non sia così, altrimenti non mancherebbero le segnalazioni di anomalie varie, che invece non ci sono. I meccanismi sono ben oliati e la struttura dell’offerta pronta ed efficiente: il prodotto c’è e aspetta solo che il cliente arrivi. Bisognerà semmai organizzare la domanda.

In che senso?

Al di là della sensibilizzazione sulla bontà della scelta di vaccinarsi, serve una campagna di comunicazione verso i cittadini per far loro sapere che il vaccino è a portata di mano, perché l’accesso al vaccino deve essere comodo, incentivando appunto la distribuzione dei sieri presso Asl, farmacie, medici di base.

Intanto alcuni hub vaccinali sono stati chiusi. Si possono ripristinare in fretta?

Lo ribadisco: con il modello a raggiera e con una distribuzione più decentrata e parcellizzata non sarà necessario ripristinarli e riattivarli tutti. Non serviranno più grandi hub, ma una larga diffusione sul territorio. Ed è fattibile, grazie appunto a gestione informatica dei dati, esperienza acquisita sul campo e cambio dei tempi di conservazione dei vaccini a mRna.

Che lezione abbiamo imparato da questa campagna vaccinale?

I vaccini a mRna verranno utilizzati in futuro nella lotta contro il cancro e probabilmente per combattere altre patologie. Questi sieri comporteranno sempre un problema di conservazione a basse temperature e di complessa gestione della filiera logistica. Ma l’esperienza maturata quest’anno rimarrà e si rivelerà molto utile.

(Marco Biscella)

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