La terza dose del vaccino anti covid non piace ad un italiano su tre. E’ questo quanto è emerso da un’indagine realizzata dall’EngageMinds Hub, il centro di ricerca dell’Università Cattolica di Cremona insieme a Serena Barello, Lorenzo Palamenghi, Mariarosaria Savarese e Greta Castellini. I risultati, pubblicati sull’Adnkronos, parlano di un 33% di italiani dubbioso sul richiamo, mentre uno su 10 si dice assolutamente contrario.
Per il 30% inoltre, la terza dose non è assolutamente necessaria. La ricerca è stata condotta su un campione di più di 6.000 italiani rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione: “Questo 33% di italiani che hanno poca o nessuna intenzione di sottoporsi alla terza dose – è il commento di Guendalina Graffigna, direttrice dell’EngageMinds Hub, riportate sempre dall’Adnkronos – deve far riflettere, perché non si tratta di no-vax, visto che sono già regolarmente vaccinati. Inoltre, dai dati emerge che questa espressione di forte scetticismo rispetto all’ulteriore immunizzazione è un’inclinazione omogenea nella popolazione, non si riscontrano infatti differenze tra sesso, fasce di età, provenienza geografica e titolo di studio; un fatto non frequente in questo tipo di rilevazioni. Ciò che impatta, e questo non sorprende è che chi risulta avere poca fiducia verso la scienza e il sistema sanitario è ancora meno propenso a vaccinarsi per la terza volta”.
TERZA DOSE VACCINO COVID, INDAGINE: “56% E’ CONVINTO SIA UTILE”
Fra i vari risultati, emerge anche che il 54 per cento della popolazione è convinto che dopo le due dosi sarebbe più giusto aiutare i paesi poveri che hanno scarsità di vaccini, mentre il 56% pensa che la terza dose possa tutelare maggiormente chi è già vaccinato, atteggiamento però meno presente fra gli over 60.
“Gli individui che presentano uno stato di malessere psicologico e che percepiscono un rischio economico e di contagio – ha continuato Graffigna – sono maggiormente in accordo nel ritenere che la terza dose del vaccino non sia necessaria. Questo appare paradossale ma dal punto di vista psicologico è comprensibile: chi ha sofferto o sta soffrendo di più per via della pandemia appare anche psicologicamente più affaticato, stanco e meno resiliente. Si tratta probabilmente di chi ha nutrito le maggiori aspettative (irrealistiche) di trovare una soluzione definitiva e rapida per uscire dalla pandemia”.