La terza dose di vaccino anti-Covid non serve per tutti, come invece è avvenuto per le prime due del ciclo normale: la conclusione importante e netta arriva da uno studio sulla rivista scientifica prestigiosa “The Lancet”, composto da diversi esperti scienziati dell’Oms, della Fda e altre realtà scientifiche internazionali.



Gli autori spiegano che con i dati attuali disponibili sull’efficacia del vaccino, «non vi sono le condizioni e la necessità di un nuovo richiamo per la popolazione generale». Anche contro la variante Delta del Sars-CoV-2, « l’efficacia dei vaccini Covid-19 è tale da rendere non appropriate dosi vaccinali di richiamo per tutti». Mentre da ieri in Italia è resa definitiva la terza dose addizionale per i più fragili, con anche una dose “booster” a 6 mesi dalla seconda per alcune categorie particolari di cittadini, lo studio di Lancet conferma le ritrosie di Oms e Fda nel rendere su larga scala necessaria la dose addizionale di vaccino anti-Covid.



THE LANCET: COSA DICE LO STUDIO E PERCHÈ STA FACENDO DISCUTERE

Analizzando le prove prodotte da studi randomizzati controllati ma anche da studi osservazionali pubblicati su riviste peer-reviewed e piattaforme pre-print, la media risulta del 95% di efficacia contro la malattia grave causata sia dalla variante Delta che dalla Alfa, «nonché un’efficacia superiore all’80% nel proteggere contro qualsiasi infezione associata a queste varianti». Ecco, con tutti i tipi di vaccino autorizzati e contro tutte le varianti finora emerse, «l’efficacia dell’immunizzazione risulta maggiore contro la malattia grave rispetto a forme lievi». Ana-Maria Henao-Restrepo dell’Oms, autrice della revisione apparsa su “The Lancet”, spiega «gli studi attualmente disponibili non forniscono prove credibili di un sostanziale declino della protezione contro la malattia grave, che è l’obiettivo primario della vaccinazione». Proprio la fornitura limitata di questi vaccini «salverà la maggior parte delle vite se verrà messa a disposizione di persone che più rischiano forme gravi» e non hanno ancora ricevuto «alcun vaccino. Anche se alla fine la somministrazione di un ‘booster’ potrebbe produrre un certo beneficio», ribadisce la scienziata, «questo non supererà i vantaggi di fornire una protezione iniziale ai non vaccinati. Se ora i vaccini venissero distribuiti dove più servirebbero, potrebbero accelerare la fine della pandemia, inibendo l’ulteriore evoluzione delle varianti». È vero che nel tempo i livelli di anticorpi nelle persone vaccinate possono diminuire, ma questo – osserva lo studio su Lancet – «non comporta necessariamente una riduzione dell’efficacia dei vaccini contro la malattia grave». In definitiva, anche dovessero in futuro emergere nuove varianti di Sars-CoV-2 che potrebbero sfuggire agli attuali vaccini anti-Covid, ecco secondo gli autori della revisione «è molto probabile che lo facciano da ceppi già diventati ampiamente prevalenti». Sul lungo raggio, i vaccini anti-Covid potrebbero avvicinarsi molto a quelli annuali anti-influenza: «ogni vaccino annuale si basa sui ceppi circolanti più recenti, aumentando la probabilità che l’iniezione rimanga efficace anche in caso di ulteriore evoluzione», spiega Soumya Swaminathan, scienziato capo dell’Oms, co-autore della review.