“Siamo davanti all’inizio di una invasione dell’Ucraina” ha detto Joe Biden, parlando al mondo dopo il riconoscimento delle due repubbliche del Donbass e l’ingresso dei soldati russi nella regione. Ha sottolineato ancora una volta che non ci sarà una guerra contro Mosca, ma solo sanzioni, “sempre più aspre se la situazione peggiorerà”. Intanto l’Unione Europea ha varato sanzioni su misura che colpiranno singolarmente tutti i membri della Duma, il Parlamento russo, perché hanno votato all’unanimità il riconoscimento delle due repubbliche del Donbass.



Sanzioni che però colpiranno anche l’Europa, visto l’interscambio esistente con Mosca e la dipendenza dai rifornimenti energetici: “La sfida è infatti quella di trovare un compromesso che permetta sanzioni che non causino danni troppo grandi all’Europa” ci ha detto in questa intervista Andrew Spannausgiornalista e opinionista americano, fondatore di Transatlantico.info. Si sta correndo però un pericolo concreto, ci ha detto ancora: “Se è vero che gli Stati Uniti non faranno mai la guerra contro la Russia, è anche vero che assistiamo a un aumento di truppe di entrambe le parti ai confini dell’Europa orientale, cosa che rappresenta un rischio piuttosto alto”.



Biden ha parlato di sanzioni e di esclusione della Russia dai sistemi della finanza occidentale. È possibile davvero escluderla?

La minaccia principale delle sanzioni di cui si discute è proprio quella di vietare l’accesso al sistema Swift (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, organizzazione che permette a oltre 200 paesi nel mondo di inviare e ricevere informazioni sulle transazioni finanziarie, ndr). Per gli istituti finanziari russi questo avrebbe un forte impatto sulla possibilità di lavorare con il sistema finanziario dell’Occidente. Putin lo sa e quando si era parlato di questo già in passato aveva riconosciuto che l’effetto che avrebbe subìto la Russia sarebbe stato pesante.



Le sanzioni, però, sono una misura realmente efficace davanti a una crisi che comporta la violazione territoriale, manu militari, di una nazione indipendente?

Le sanzioni pensate dall’Amministrazione americana sono sempre state comminate su più livelli e quanto annunciato per adesso va a toccare due banche. È un primo passo verso misure sempre più pesanti, ma Biden non vuole fare tutto subito, vuole procedere per gradi, sebbene ci siano forti pressioni su di lui.

Quali?

Il Congresso, in particolare il Senato, sta lavorando su una proposta di legge per sanzioni molto dure. Addirittura alcuni falchi volevano applicare sanzioni più dure a prescindere da un’eventuale azione militare russa. La Casa Bianca, dopo una prima risposta prudente alle mosse di Putin, adesso ha alzato i toni. C’è il rischio che le pressioni del Congresso portino a sanzioni molto pesanti.

Sanzioni che potrebbero toccare maggiormente noi europei piuttosto che gli americani, visto che la Russia è nostro fornitore di gas e partner commerciale. Chi pagherà, dunque, saranno gli europei?

Sicuramente l’Europa paga molto di più se si cerca di limitare l’interscambio con la Russia a partire dall’energia.

Il governo italiano non è molto entusiasta.

È vero, Italia, Francia e Germania e forse anche Spagna preferirebbero tutti una risposta misurata, però l’obiettivo principale dell’Amministrazione Usa è mantenere la Nato compatta, mentre uno degli obbiettivi principali di Putin era di sfruttare le crepe che ci sono nell’Alleanza.

Biden ha quindi portato a casa un punto, chiedendo alla Germania di fermare il gasdotto Nord Stream 2?

Esattamente, anche perché non è una decisione definitiva per Berlino, ma solo momentanea. È chiaro che gli interessi di Europa e Usa siano diversi, la vera sfida sarà di trovare una risposta unitaria, ma che non sia la più aggressiva possibile, perché ciò danneggerebbe fortemente l’Europa.

A proposito di Nato, saranno inviati 800 soldati, un numero estremamente limitato. Non ci sarà mai uno spiegamento di truppe occidentali?

Biden è stato sempre molto chiaro: non ci sarà alcuna guerra tra Nato e Russia. Ha gradualmente annunciato delle misure, adesso manda 800 soldati e degli F-35. Seppure siano invii piuttosto limitati, la situazione è a rischio. Da entrambe le parti si è deciso un aumento di soldati lungo le zone di confine. Questo è esattamente il contrario di quello che serve e il contrario di quello che Putin voleva. Così la situazione diventa pericolosa.

Però l’invio di armi è massiccio, non solo da parte americana, non è così?

Obama fu colto di sorpresa dalla rivolta del 2014 e per il resto del suo mandato non inviò armi a Kiev proprio per non acuire la crisi. Poi le pressioni furono molto forti e Trump, che per altri versi aveva ritirato soldati da zone di combattimento e voleva dialogare con Putin, approvò l’invio di armi in Ucraina. Oggi la situazione è più difficile. Gli ucraini sparano sui civili, i ribelli lanciano provocazioni, si è creata una situazione in generale più militarizzata.

Le sanzioni porteranno la Russia a stringere rapporti commerciali con la Cina. Che conseguenze ci saranno?

Stiamo attenti a una lettura troppo semplicistica che quasi tutti fanno su questo punto. La Cina ha interesse a sostenere la Russia, ma non vede di buon occhio un conflitto troppo esteso. Il commercio fra i due paesi è già aumentato, ma a livello energetico non ci sono ancora i mezzi. Il fatto è che se la Cina incrementa i suoi aiuti aumenta anche l’influenza su Mosca.

Cosa che i russi non vogliono?

No, infatti. Mosca non vuole diventare il junior partner, il fratellino di Pechino. L’idea che la Russia abbia una sfera di influenza in Europa orientale e anche nell’Asia centrale non è vista bene da Pechino, che ha rapporti commerciali con Kiev e si sta espandendo molto nell’Asia centrale.

Il fatto che tutto il mondo stia guardando all’Ucraina, potrebbe portare la Cina a compiere un blitz su Taiwan?

Xi Jinping non cercherà di fare un blitz immediato, perché sa che controllare una popolazione in maggioranza ostile sarebbe difficile. È lo stesso problema di Putin: sarebbe poco saggio per lui occupare Kiev e il resto dell’Ucraina, significherebbe accendere una guerriglia per molti anni a venire. È più probabile che si fermi alle due repubbliche del Donbass e forse cerchi di macinare un po’ di territorio intorno ai confini.

Ma il fatto che Biden abbia negato ogni tipo di intervento armato in Ucraina, non può indurre la Cina ad approfittarne con Taiwan?

Gli Usa, in merito a Taiwan, sono molto meno chiari a proposito di una guerra con la Cina. I lettori di Transatlantico.info sanno che la Casa Bianca ha pubblicato la strategia in corso per l’Indo-Pacifico e c’è molta ambiguità quando si parla di difesa contro eventuali aggressioni. Il riferimento è chiaramente a Taiwan e quindi non si esclude la possibilità di intervenire in quella zona.

(Paolo Vites)

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