Consueti “avvertimenti” militari da parte del braccio armato del regime iraniano, i Pasdaran, e passi diplomatici da parte del presidente Hassan Rouhani. Mentre i primi avvertono della possibilità “di una risposta militare generalizzata”, il secondo presenterà all’Onu martedì prossimo un “piano di cooperazione” tra le potenze del Golfo per superare la crisi e le tensioni altissime delle ultime settimane. Mettere cioè a un tavolo non solo le nazioni interessate, ma anche le potenze mondiali come Usa, Cina e Russia. Secondo Rony Hamaui, da noi intervistato, docente dell’Università Cattolica di Milano, esperto di geopolitica e di finanza islamica, “la proposta di Rouhani si colloca sul piano internazionale ma tenendo conto degli interessi domestici. Sia in Iran che negli Usa a breve si terranno elezioni presidenziali e tutti e due, anche Trump, quando parlano al mondo tengono conto della necessità di essere rieletti”.



Il cosiddetto “piano Rouhani” che verrà presentato alle Nazioni Unite in realtà esiste da tempo. Che possibilità ci sono che questa volta venga accolto, o si tratta del solito gesto propagandistico?

Prima di approfondire l’argomento bisogna fare due premesse importanti. La prima è che ci sono scadenze elettorali in Iran come negli Usa non lontane nel tempo. Non dimentichiamo infatti che l’anno prossimo gli americani dovranno rieleggere il presidente e la campagna elettorale è già cominciata. Entrambi, Trump e Rouhani, si muovono non solo in una logica internazionale, ma anche domestica. Anche i politici che sembrano sempre impegnati sugli scacchieri internazionali alla fine devono farsi rieleggere dai loro popoli a casa quindi giocano molto anche sullo scacchiere domestico.



La seconda premessa?

La seconda è che da maggio in poi l’Iran ha dimostrato una straordinaria capacità militare, cosa di cui nessuno sembra tener conto, almeno i media internazionali. Hanno abbattuto un drone americano, hanno sequestrato navi di tutti i paesi e poi hanno mandato non sappiamo se dall’Iran o da qualche altra parte dieci droni che hanno attraversato mille chilometri di terra saudita, bombardato e sono tornati indietro. Una capacità assolutamente di primo piano.

Gli americani si aspettavano questa capacità o sono rimasti sorpresi?

No, gli Usa non se l’aspettavano. Agli americani era già venuto il dubbio quando era stato abbattuto il loro drone, è stato allora che hanno cominciato a intuire qualche cosa. La prova di forza ulteriore messa in atto con il bombardamento degli impianti petroliferi sauditi ha mostrato questa capacità militare che nessuno ha.



Neanche l’Arabia Saudita?

L’Arabia Saudita è il paese che spende di più al mondo in armamenti, ma non ha saputo costruire un minimo di sistema di difesa. Hanno subìto la distruzione di metà della loro economia, un colpo pazzesco. Cosa questa che ha messo in grave difficoltà non solo Trump ma tutti quanti i paesi del mondo.

Il quadro dunque al momento qual è?

C’è una terza premessa: nessuno vuole una guerra mondiale o anche regionale. Certamente non la vuole Trump e l’ha capito benissimo anche Rouhani, per motivi interni.

Cosa ne pensa allora di questo piano che sarà presentato all’Onu?

Credo che la proposta iraniana sia a metà tra il propagandistico e il reale. Se Trump e gli altri vanno dietro a Rouhani sarà lui e non la Francia o la Gran Bretagna ad aver portato avanti il dialogo.

Se invece va male?

Se gli va male gli servirà all’interno del suo paese, potrà dire che lui ha fatto il possibile per la pace. Sono convinto sia una mossa furba e intelligente, gli iraniani non sono degli idioti, e sia politicamente che militarmente stanno dimostrando di giocarsi bene la partita.

(Paolo Vites)