Altre petroliere colpite nel Golfo Persico dopo quelle di un mese fa. La tensione ormai è alle stelle con americani e sauditi che ovviamente accusano l’Iran, ma, come ci ha detto l’inviato di guerra Gian Micalessin, “l’Iran non ha alcun interesse a scatenare una guerra contro gli Stati Uniti”. Gli attori sulla scena che soffiano sul fuoco, ci ha detto ancora, sono tanti, “dall’Arabia Saudita agli Emirati Arabi, e anche Israele, per trascinare gli Stati Uniti in guerra, tenendo conto che il consigliere per la sicurezza di Washington, Mike Pompeo, è dai tempi di Bush che mira a questo risultato”. Uno scenario infuocato ed estremamente instabile, conclude. in cui Cina e Giappone cercano di mediare.



Micalessin, che succede nel Golfo Persico? Chi sta provocando chi?

E’ veramente difficile da capire, anche perché questi ultimi incidenti vanno inevitabilmente collegati a quelli del maggio scorso quando altre quattro petroliere vennero colpite nelle acque degli Emirati Arabi. Ragionando su chi conviene, l’Iran sarebbe l’ultimo paese al mondo a voler provocare con questi attacchi una guerra, uscirebbe distrutto da un conflitto con gli Usa.



Gli Stati Uniti però non hanno dubbi ad accusare Teheran.

C’è la possibilità che a spingere sul conflitto siano gli estremisti come quelli che fanno capo ai pasdaran iraniani, convinti forse che prima di un conflitto gli Usa alla fine farebbero marcia indietro per evitare una guerra di così ampie proporzioni. Certo è che il filmato diffuso dagli americani è ambiguo. Da una parte ci sono i pasdaran che sembrano andare in soccorso della nave, ma poi li si vede staccare una mina magnetica quando una mina potrebbe essere congegnata proprio per esplodere al distacco. D’altra parte ci sono anche altri attori.



Quali?

Non dimentichiamo che l’Arabia Saudita è ai ferri corti con l’Iran e avrebbe tutto l’interesse a spingere Teheran a uno scontro con gli Usa. La spregiudicatezza non manca di certo ai sauditi, basta ricordare il giornalista arabo fatto a pezzi nel consolato arabo in Turchia. Né non manca agli Emirati Arabi che sostengono fin dall’inizio e incoraggiano l’offensiva di Haftar in Libia. Ci sono poi aspetto di alcuni settori dell’amministrazione Trump, non dimentichiamo che il consigliere per la sicurezza Pompeo è da sempre uno dei massimi nemici, già ai tempi dell’amministrazione Bush spingeva per uno scontro e un cambio di regime in Iran. Potrebbe essere un episodio come quello nel Golfo del Tonchino che innescò la guerra in Vietnam, o un falso incidente come quello per l’invasione dell’Iraq quando Powell si presentò all’Onu mostrando mezzi indicati come arme di distruzione di massa che erano semplici mezzi blindati. Infine Israele e il Mossad, il principale nemico dell’Iran e di cui l’Iran è nemico esistenziale, l’unico che può mettere fine allo stato ebraico. Ma anche per Israele che senso avrebbe per Netanyahu spingere per una guerra quando il prossimo settembre dovrà presentarsi al voto elettorale? Se dovesse andare male metterebbe a rischio la propria rielezione. E’ uno scenario opaco che dimostra che qualcuno sta tramando nell’ombra.

Giappone e Cina si sono mosse proprio in queste ultime ore per dialogare con l’Iran, che ruolo giocano?

Il Giappone è uno dei principali clienti dell’Iran per i rifornimenti petroliferi e ha quindi tutti gli interessi a mantenere buoni rapporti, ugualmente la Cina che ha interesse a garantirsi il petrolio iraniano e lavorare sulla cosiddetta Via della seta. Appare poi strano che mentre il premier giapponese si trovava a Teheran, iraniani avrebbero scelto proprio quel momento per attaccare la nave che portava petrolio in Giappone.

Abe Shinzo si era mosso anche per fare da intermediario con Trump e l’Iran…

Ma non ha ottenuto niente, gli iraniani gli hanno risposto che loro con Trump non dialogano.

E il ruolo della Cina?

La Cina ha in corso una guerra commerciale con gli Usa e quindi è inevitabile appoggi l’Iran. E’ chiaro che la situazione sia  estremamente scivolosa basti pensare che una squadra navale americana si trova nel Golfo Persico, a poche miglia dei barchini dei pasdaran. C’è poi il conflitto aperto nello Yemen, c’è la Siria dove il conflitto non è sedato per nulla e dove ci sono americani e iraniani di fronte. E anche l’Iraq dove gli Stati Uniti  hanno un contingente mentre l’Iran ha milizie sciite che possono colpire. E’ una faglia di estrema instabilità, uno scenario infuocato.

(Paolo Vites)