Mentre si apre un nuovo fronte molto caldo, a Kaliningrad, piccola enclave russa circondata da Lituania e Polonia, con il blocco del transito di beni soggetti a sanzioni Ue da e verso Mosca, l’Unione europea ha reso nota la bozza delle conclusioni del vertice Ue in in cui si annuncia un nuovo invio di armi a Kiev, dichiarando che continua il fermo impegno a sostenere il diritto ucraino all’autodifesa contro l’aggressione russa, la difesa della sua integrità territoriale e della sua sovranità.
Tutto questo mentre sul terreno del Donbass i russi hanno ormai praticamente conquistato Severodonetsk, la cui prossima caduta significa l’occupazione dell’intera repubblica di Lugansk. “Sarebbe una vittoria dall’alto contenuto motivazionale” ci ha detto il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore in numerosi teatri di guerra, dalla Somalia al Kosovo e all’Afghanistan (e autore, con Giuseppe Ghini, di Guerra e pace ai tempi di Putin), “il problema è che da parte europea si continua a soffiare sul fuoco: il caso di Kaliningrad sembra fatto apposta per provocare una reazione scomposta di Mosca, cosa che a questo punto potrebbe accadere”.
L’Europa continua a sostenere l’Ucraina, in un momento della guerra dove i russi sembrano trovarsi in grande vantaggio. E’ così? Che senso ha questo sostegno, se sul campo le cose stanno veramente in questo modo?
Effettivamente i russi sono in una posizione, dal punto di vista tattico e operativo, avvantaggiata. Con l’imminente caduta di Severodonetsk, come tutto lascia supporre, tutta la repubblica di Lugansk dovrebbe essere sotto controllo delle milizie filo-russe. Poi toccherebbe a buona parte di quella di Donetsk, perché dopo aver conseguito un obiettivo importante dal punto di vista psicologico e motivazionale sarà destinata a cadere anche quella. I russi si trovano in una situazione favorevole, anche se ci sono sporadiche controffensive dell’esercito ucraino nella zona di Kherson, che però allo stato attuale non dovrebbero essere molto efficaci.
L’invio di nuove e più armi dall’Occidente potrebbe in qualche modo cambiare la situazione?
Il fatto che l’Europa insista con l’invio delle armi fa capire quello che di fatto si è capito da tempo. C’è un partito della guerra, non sappiamo se per interessi europei o altrui, che vuole una never ending war, una guerra infinita, a casa nostra, che si potrebbe trasformare in un Afghanistan europeo che duri anni, con una Ucraina spaccata in due parti, una russa e una libera, che continuano a combattersi senza andare mai a una trattativa.
La Lituania ha bloccato le importazioni e le esportazioni dell’enclave russa di Kaliningrad, giustificando la decisione come effetto delle sanzioni europee in atto. Mosca minaccia contromisure pesanti. Si apre un altro fronte? La Lituania è paese Nato, potrebbe essere la scintilla per una escalation mondiale del conflitto?
C’è una spirale del conflitto, già iniziata con le richieste di Svezia e Finlandia di aderire alla Nato. Il Mar Baltico meridionale è sotto completo controllo della Nato, a parte l’enclave di Kaliningrad, una porzione di territorio molto piccolo, e anche quella di San Pietroburgo. A nord del Baltico Svezia e Finlandia sono per adesso neutrali, ma se anche loro passassero alla Nato diventerebbe un lago Nato che circonda queste due piccole presenze russe, e questo non è accettabile per Mosca.
Che conseguenze concrete potrebbero esserci?
Oltre alle richieste di Svezia e Finlandia, che sono state un po’ contrastate dalla Turchia, adesso ci si è messa la Lituania. E’ chiaro che se i paesi attorno a Kaliningrad, compresa la Polonia, le bloccano importazioni ed esportazioni ne deriva una sorta di assedio. Di fronte a una situazione del genere sembra si voglia spingere la Russia a una reazione scomposta.
Una reazione che potrebbe scatenarsi?
Una reazione prima o poi potrebbe arrivare se Kaliningrad fosse impossibilitata a ricevere rifornimenti dalla madrepatria. C’è chi sta cercando lo scontro aperto. Paesi Baltici e Polonia sono nazioni che hanno una lunga storia conflittuale con Mosca, il resto dell’Europa e della Nato dovrebbero portarli a più miti consigli, invece non fanno altro che alzare il livello della tensione.
Un quadro molto inquietante, è così?
Non solo. Qualche giorno fa aerei militari russi hanno portato a termine un attacco nel sud-est della Siria, nelle vicinanze della guarnigione di Al-Tanf, dove operano i miliziani Maghawir al-Thawra alleati degli americani, che in quella zona hanno una base militare. Gli americani in realtà erano stati avvertiti da Mosca, ma lo scopo dell’attacco può essere stato un altro: non colpire, ma lanciare un avvertimento agli Stati Uniti, che Mosca può colpire senza preoccuparsi delle ritorsioni. Il quadro mondiale fa paura.
In questo contesto proprio nelle ultime ore Putin ha dichiarato pubblicamente che entro fine anno sarà operativo il nuovo missile Sartam, detto anche “Satan 2”, un missile balistico intercontinentale in grado di portare fino a 15 testate nucleari con un raggio di azione di circa 18mila chilometri e soprattutto in grado di eludere le difese missilistiche avversarie. E’ una minaccia?
No. Dichiarando di avere questo missile, Putin non fa altro che affermare la sua deterrenza. Un missile di questo tipo, estremamente potente, è la conferma della validità della sua deterrenza nel caso qualcuno l’avesse dimenticata o la stesse facendo dimenticare o la stesse sottovalutando per spingerci verso la guerra.
(Paolo Vites)
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