Secondo vari protagonisti dello scenario geopolitico, la Terza Guerra mondiale a pezzetti di Papa Francesco si sta ricomponendo, pronta a presentarsi tutta intera e tragicamente attiva.

Ha cominciato qualche mese fa Emmanuel Macron prospettando l’invio di forze Nato in Ucraina, una mossa forse opportuna prima dell’invasione russa, ma che ora porterebbe allo scontro diretto tra Nato e Federazione Russa. Uno scontro che aprirebbe, appunto, le porte ad una guerra mondiale.



Ha poi fatto seguito Boris Pistorius, ministro della Difesa tedesco. Dopo aver equiparato la guerra di Putin in Ucraina all’invasione di Hitler della Cecoslovacchia, Pistorius ha detto che la Russia è pronta ad attaccare altri Stati europei nel giro di pochi anni. Da qui il forte incremento delle spese militari della Germania, anche se il ministro delle Finanze, Christian Lindner, si è opposto alle maggiori richieste di Pistorius. Ha avanzato poi la proposta di ritorno alla coscrizione obbligatoria, così da essere pronti a resistere all’attacco nel giro di due/tre anni. Nel frattempo, è iniziato l’invio di una brigata tedesca in Lituania.



Tre anni alla prossima guerra globale è la previsione anche del Generale Roland Walker, Capo di Stato Maggiore del Regno Unito. Il generale non ritiene la guerra inevitabile, ma le minacce sono molto concrete, rappresentate dal trio Russia, Cina e Iran. La prima potrebbe cercare di “vendicarsi” sugli Stati europei che hanno sostenuto l’Ucraina, e questo indipendentemente dall’esito dell’attuale guerra. La Cina, con la sua pretesa di riprendersi Taiwan, e l’Iran con la sua intenzione di dotarsi di armi nucleari rappresentano una concreta minaccia di guerra generalizzata. Analisi e soluzioni senza dubbio condivise dall’attuale governo degli Stati Uniti.



Si evidenzia così un’ampia accettazione del principio “si vis pacem, para bellum”, tuttavia con una messa un po’ in ombra della Nato, che ha come scopo principale proprio la difesa da possibili attacchi della Russia. Forse perché i Paesi precedentemente citati hanno una sviluppata industria delle armi, da potenziare anche indipendentemente dagli impegni Nato, che dovrebbero coinvolgere il 2% del PIL di ogni membro. Secondo recenti dichiarazioni Nato, 18 membri (su 32) dovrebbero raggiungere o superare questa percentuale; l’Italia rimane fuori dall’elenco con il suo circa 1,5%.

Malgrado le percentuali, la spesa globale dell’Alleanza rimane la più alta a livello mondiale e si pone semmai un problema di efficienza. La Nato è un patto difensivo tra Stati, non è un esercito comune, come sarebbe un ipotizzabile esercito europeo. Il punto è che troppo spesso è stato considerato tale, una specie di esercito internazionale con il compito di portare ordine nel mondo, a volte per incarico dell’Onu, comunque secondo le indicazioni degli Stati Uniti. Ciò ha portato un’alleanza difensiva a condurre numerose guerre offensive, ma non ha prodotto un’integrazione tra le spese militari, riducendone così l’efficienza.

La bellicosità dei vertici Nato è dimostrata da un’intervista dello scorso maggio dell’Economist al Segretario Generale, nella quale Jens Stoltenberg proponeva di togliere il divieto a Kyiv di utilizzare in territorio russo le armi fornite dalla Nato. Queste dichiarazioni sollevarono a suo tempo forti critiche del ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, del Vicepremier Matteo Salvini e di altri membri del governo. In effetti, l’invio di armi all’Ucraina per la difesa è già vicino ai confini della cobelligeranza, che verrebbero del tutto oltrepassati fornendo armi di attacco.

Tuttavia, con l’accordo dell’Italia, nel recente incontro del Patto Atlantico a Washington, si è deciso l’invio di caccia F16 all’Ucraina, nonostante da Mosca fosse già stato anticipato che avrebbe rappresentato un deciso e pericoloso aumento delle tensioni tra Nato e Russia. In quell’occasione, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato: “La via più veloce verso la pace è attraverso un’Ucraina forte”. Si continua quindi sulla strada del “para bellum”, ma per quanto riguarda il “si vis pacem, davvero si sta facendo di tutto per raggiungerla?

 

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