Sembra di toccarla con mano, di viverla in prima persona la ferocia e la crudeltà che si sta vedendo, attraverso le immagini televisive, oggi in Ucraina, con l’invasione russa ordinata da Vladimir Putin. Nessuno si azzarda a prevedere lo sbocco delle incursioni militari che stanno quasi distruggendo un Paese di 44 milioni di persone e nessuno riesce a prevedere quello che potrà capitare dopo questa invasione e questo conflitto.



Quando parli con un ucraino, ti senti sopraffatto dalla commozione e non puoi che solidarizzare con lui. Poi ti viene spontanea una domanda: perché avviene tutto questo, perché si è arrivati a una simile situazione? 

Per comprendere qualche cosa, va onorata la storia di questi ultimi trent’anni, per comprenderla, per capire dove è nato il “virus” di una simile tragedia, sapendo anche che la storia non si ripete mai esattamente, ma ti induce, come sostenevano i greci, a cercare e ricercare, a vedere nel passato il presente che è tanto mutato e che muta in continuazione, mentre si cerca di rispettare gli ideali di pace, libertà, convivenza, sviluppo e benessere dei popoli.



Va subito detto, a scanso di equivoci, che l’implosione del comunismo sovietico è stato un passo avanti verso l’affermazione più ampia della democrazia, della libertà e del rispetto dei diritti umani. Ma va anche aggiunto che dopo la caduta del Muro di Berlino, dopo la sconfitta storica del bolscevismo, l’Occidente sembrava quasi “drogato” per quello che avveniva. I due grandi blocchi che erano stati protagonisti della Guerra fredda avevano ogni tanto commesso errori e misfatti, ma sostanzialmente cercavano soprattutto di mantenere un “equilibrio di potenza” che poteva sembrare pericoloso, ma che di fatto ha evitato per settant’anni un altro conflitto mondiale.



Ci sono stati molti incidenti da una parte (Berlino 1953, Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia), e dall’altra Vietnam, Cuba. Si è sfiorato più volte il grande dramma, ma poi tutto è ritornato sul binario dell’equilibrio che era soprannominato, nemmeno paradossalmente, “equilibrio del terrore”, e che non è mai sfociato in una guerra diretta. 

Persino quando il cancelliere tedesco Helmut Schmdt, nel vertice di Guadalupa nel 1979, avverte gli alleati che ci sono gli SS20 sovietici puntati contro le grandi città europee, la risposta occidentale, al di là della propaganda della sinistra filosovietica, è  la ricerca di un equilibrio militare con i Pershing e i Cruise, che si può interpretare come un braccio di ferro, ma anche come un rapporto di equilibrio funzionale.

Perché alla fine questo equilibrio salta per aria? Nel momento in cui i sovietici si ritirano dall’Afghanistan, devono aspettare poco tempo per guardare sgomenti e sfiniti la caduta del Muro nell’89.

È la fine di una ideologia, che di marxismo ha solo pochi tratti mescolati con il leninismo, ma è soprattutto l’inizio di una disgregazione di quello che era ridiventato “l’impero russo”.

Che fa a questo punto l’Occidente sulle due rive dell’Atlantico? Qualcuno risponde seccamente: pensa di essere ritornato al far west o addirittura instaura un nuovo far west.

Gli americani sono gli alfieri di una rivincita storica di carattere ideologico. Che altro è il neoliberismo più sfrenato? Il governo della finanza globalizzata che sottomette non solo l’economia ma anche la politica? Che ragione c’è di “esportare la democrazia” nel mondo e non accompagnare invece lo sviluppo dei paesi arretrati, alleandosi inoltre cinicamente talvolta anche con i talebani e i mujaeddin? 

E poi come dimenticare gli interventi in Medio Oriente, la sequenza delle “primavere arabe”, scambiate come percorso democratico, e naturalmente la riaffermazione di decidere sulle sorti del mondo, senza neppure fare un accordo di pace o un trattato di collaborazione generale e globale.

Intanto in Europa, dopo i  sogni di una confederazione politica e ideale, si crea un’Unione che si basa sulla moneta, che non ha una costituzione (viene bocciata), che non ha una difesa comune e una politica estera comune, nemmeno una fiscalità comune, ma dei “paradisi fiscali” che creano disuguaglianze e dislocazione di fabbriche che vengono subite dai lavoratori.

Nel suo processo di disgregazione e difficoltà, per essere sinceri, nel 2007 e nel 2008, è la Russia di Putin, dopo molte incertezze, che vorrebbe un trattato di accordo generale, sapendo che ormai, nel mondo della globalizzazione, la Cina la sta soppiantando nel ruolo di grande potenza e intanto il paese si impoverisce e le persone stanno sempre più male.

La mancanza di un accordo complessivo è il punto di partenza della tragedia che stiamo vivendo. Se personaggi come Henry Kissinger e Robert Kagan, per citarne alcuni, criticano la superficialità statunitense e occidentale, anche con la spinta della Nato verso Est, l’Europa, che dovrebbe essere unita, tratta in modo separato e disordinato con Cina e Russia. Ognuno va per cento suo. Fino a che in Europa, in Italia in particolare, esistono perfino un “partito cinese” e un “partito russo”.

La mancanza di una linea di trattativa e di accordo preciso tra Occidente e Russia crea una reazione nazionalista nell’ex impero sovietico e Putin sfodera la sua natura di cinico capo del Kgb.

Quando Putin si sente quasi emarginato dal grande gioco, pensa di vedere un Occidente completamente spappolato. C’è chi sostiene che Putin pensi a un’azione in Ucraina o in altri Paesi vicini fin dal 2008 quando c’è la grande crisi finanziaria dell’Occidente e in questo intravvede una debolezza ormai cronica del liberalismo e della democrazia.

Verosimilmente, passati questi anni di crisi occidentale, quando “il nuovo zar” decide l’operazione sull’Ucraina? Forse pochi mesi fa,  quando gli Usa, nella loro indifferente sicurezza, anticipano l’abbandono già annunciato dall’Afghanistan lasciandolo ai talebani. Probabilmente in quel momento l’ex capo del Kgb decide con crudele freddezza l’invasione e l’azione militare che si trasforma in un attacco a tutto l’Occidente.

Veniamo al momento. Per adesso la risposta dell’Occidente è sembrata compatta, basata su sanzioni economiche e finanziarie che  dovrebbero mettere in ginocchio la Russia. Anche l’avanzata militare di Putin in Ucraina si dimostra problematica e, secondo gli esperti militari, ha un tempo limitato. E viene valutata impossibile una occupazione permanente dell’Ucraina.

Tutto questo pone interrogativi su un futuro che sembra tutt’altro che rassicurante. Prevedere oggi come finirà è un azzardo, una scommessa. La speranza è che la guerra in Ucraina non sfoci, per il cinismo di Putin e la superficialità politica degli occidentali, o l’emotività occasionale di questi giorni, in un disastro mondiale.

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