Terza Guerra Mondiale? L’Iran ha dato il via all’operazione “Soleimani Martire” lanciando alcuni missili contro le  basi Usa e della coalizione di Aynal-Asad nella provincia occidentale di al-Anbar e nei pressi di Erbil, nel Kurdistan iracheno.

I missili che hanno preso di mira le truppe americane in Iraq offrono indizi significativi sotto il profilo strategico e politico sullo scontro in evoluzione tra Iran e Stati Uniti. L’attacco sembra essere stato in gran parte simbolico, un tentativo piuttosto affrettato di ripristinare parte del prestigio ferito dell’Iran in seguito all’assassinio di Qassem Soleimani. Allo stesso tempo, tuttavia, potrebbe essere il preludio a un più ampio conflitto a dimensione regionale.



È necessario sottolineare due aspetti di particolare importanza dell’offensiva militare scatenata dall’Iran.

In primo luogo, il fatto che Teheran non abbia allo stato attuale colpito obiettivi americani usando le sue ramificazioni in Iraq, Libano o Yemen ma abbia posto in essere un’offensiva missilistica esplicitando la matrice iraniana. In passato infatti l’Iran ha avuto grande cura di evitare di dare informazioni strategiche sul suo coinvolgimento diretto in attacchi militari o paramilitari ai propri avversari. D’altronde l’eliminazione di Soleimani è visto da Teheran come troppo offensiva per attuare una risposta militare indiretta. Questo naturalmente non esclude che l’Iran possa ritornare ad attuare il suo metodo di offensiva standard tradizionale.



In secondo luogo l’offensiva missilistica è stata limitata: infatti il numero di missili lanciati è sorprendentemente basso, nonostante il fatto che l’Iran possieda la maggiore forza di missili balistici in tutto il Medio oriente. Inoltre è interessante il fatto che Teheran abbia diretto i suoi attacchi contro l’obiettivo americano più ovvio e prevedibile nella regione e ciò il personale militare americano statunitense che si trova sul territorio controllato dall’Iran.

In terzo luogo, è necessario osservare che se Teheran avesse davvero voluto davvero superare il punto di non ritorno, avrebbe potuto porre in essere diverse opzioni: attuare un’offensiva missilistica nei confronti delle strutture diplomatiche americane presenti per esempio in Iraq, Israele e Giordania; oppure avrebbe potuto pianificare un’offensiva militare contro obiettivi politici e commerciali americani presenti in Arabia Saudita. In più, come già indicato in un articolo precedente, avrebbero potuto bloccare il traffico commerciale nello Stretto di Hormuz.



Infine avrebbe potuto pianificare un’offensiva più ampia, simultanea, inducendo gli Usa a mettere in atto una guerra totale. Tutto ciò, allo stato attuale, può essere dunque interpretato come la mancanza di volontà politica e strategica da parte dell’Iran di porre le condizioni per una guerra totale da un lato e dall’altro lato può essere interpretato come la volontà di praticare delle ritorsioni su scala limitata.

In conclusione, anche per quanto riguarda questa vicenda come per quella libica, è necessario sottolineare che un tale conflitto – per quanto fino a questo momento circoscritto e limitato – non farà altro che indebolire la colazione internazionale anti-Isis e quindi rafforzare il terrorismo islamista.