Mentre le bombe continuano a cadere sulle città ucraine e i corridoi umanitari non funzionano, si assiste a un grande attivismo della diplomazia internazionale. Il premier israeliano è volato a Mosca sabato, senza rispettare il dettato religioso ebraico, per parlare con Putin, e Macron per la quarta volta ha avuto una lunga telefonata con il presidente russo, nel corso della quale Putin ha ribadito la sua intenzione di raggiungere i suoi obbiettivi o con la guerra o con il negoziato.



Militarmente la situazione è in continuo divenire: secondo Marco Bertolinigià comandante del Comando operativo di vertice interforze (Coi) e della Brigata Folgore in numerosi teatri di guerra internazionali “i russi intendono occupare città strategiche come Mariupol per poi usarle come merce di scambio in caso si arrivi a negoziati, dato che dal punto di vista militare stanno ormai incontrando sempre meno resistenza da parte ucraina”.



Al momento il punto cruciale della situazione sono i corridoi umanitari che non si aprono nelle città dell’Ucraina del sudest. Chi non rispetta gli accordi e perché? È una questione strategica oltre che umanitaria?

Mariupol al momento è sicuramente il punto più sensibile. Se la popolazione uscisse dalla città, i russi avrebbero mano libera per entrarvi e conquistarla. A fronte della disponibilità russa ad aprire questo corridoio è evidente che da parte ucraina c’è la volontà di non lasciar uscire i cittadini perché rappresentano per loro una forma di assicurazione contro l’ingresso delle truppe russe.



In realtà diversi civili sono riusciti a fuggire da Mariupol, per essere colpiti e uccisi dai filorussi.

Russofoni e ucraini ormai sono arrivati a un livello di odio inaudito, è una tragedia che si sarebbe potuta evitare se negli ultimi otto anni si fossero affrontate delle trattative serie con il sostegno dell’Occidente.

Questa parte, da Odessa a Mariupol, è quella dove si registrano i combattimenti più accesi: è la zona chiave?

Mariupol è un porto importante sul Mare d’Azov, un mare controllato dalla Russia, ma formalmente ancora sotto Kiev. È un punto strategico anche perché quella fascia di territorio consente alla Crimea di essere unita con la Russia e il Donbass e questo ritengo sia l’obiettivo strategico.

Anche un obiettivo da annettere?

Credo che i russi puntino a occupare questi territori per essere sicuri di avere collegamento. Odessa è già un altro caso. Anche questa città è un porto importante, si parla di attacco anfibio russo, ma al momento non è stato fatto nulla per attaccarla. Stiamo parlando di grandi città nelle quali non credo che i russi vogliano impegnarsi in un combattimento casa per casa. Credo invece che puntino a farle cadere con manovre di accerchiamento e poi con un negoziato.

Difficile che gli ucraini accettino.

Odessa potrebbe essere merce di scambio. I russi si prenderebbero Mariupol, mentre Odessa potrebbe essere lasciata all’Ucraina come sbocco al mare.

Quanto potrebbe andare avanti l’invasione russa? Secondo analisti americani Mosca non ha la forza economica e logistica di proseguire ancora per molti giorni, oltre alle perdite in vite umane che sta subendo. Che ne pensa?

Non sappiamo che perdite abbiano avuto, sappiamo solo quello che ci dicono: le informazioni che leggiamo hanno tutte finalità operative, da una parte e dall’altra. Certamente hanno subito perdite.

Ma dal punto di vista logistico?

Dal punto di vista logistico i rifornimenti non sono particolarmente difficili perché Kiev, che è l’obiettivo di tutta l’operazione, è a poca distanza dal confine bielorusso. Questa è un’operazione che si svolge per linee esterne che convergono verso il centro, sono linee logistiche che vengono dalla Russia, attraversano territori amici, la Bielorussia e il Donbass, oppure già sotto controllo russo, e arrivano alla prima linea. Non sono grandi distanze e non c’è una grande resistenza da parte ucraina. L’areonautica di Kiev sembra sia stata neutralizzata; se non interviene qualcun altro, e speriamo di no, non dovrebbero avere grandi problemi a portare a termine l’operazione. C’è poi il discorso economico: quanto le sanzioni possano mettere in difficoltà anche l’esercito, ma questo non è dato saperlo.

Secondo il Washington Post l’amministrazione Biden starebbe già pensando a uno scenario che prevede un Governo ucraino in esilio e una guerriglia antirussa. Come ritiene questo scenario, realistico?

Ritengo questo scenario pericoloso. Se il governo arriva a un compromesso con la Russia e a un armistizio e si dividono il territorio è un conto. Se invece si costituisce un governo in esilio, è chiaro che si vuole andare non a una soluzione negoziata, ma a una situazione nella quale abbiamo un vincitore e uno sconfitto. Sarebbe una guerriglia alimentata dagli Stati Uniti come fecero in Afghanistan ai tempi dell’invasione sovietica, con tutte le conseguenze del caso.

Ci sono alcune iniziative diplomatiche, delle quali non si sa molto. Come vede queste interlocuzioni internazionali?

Sono molto importanti. Gli israeliani in particolare sono importantissimi perché possono parlare con russi e ucraini per via delle due grandi comunità che vivono in Israele. Ha funzionato anche in Siria, dove Mosca e Gerusalemme si sono sempre parlati. Il fatto che il premier israeliano sia andato a Mosca di sabato a costo di violare le indicazioni religiose è molto significativo e dovrebbe aprire buone prospettive.

Macron continua a parlare con Putin, è l’unico leader occidentale a farlo. Cosa spera di ottenere?

A differenza del resto dell’Europa ha una sua politica estera, la persegue al di là dell’emotività che dimostrano altri paesi. Il fatto che parli con Putin è molto importante per tenere aperto un canale. C’è invece Boris Johnson che dice che la guerra deve concludersi con una sconfitta russa, ha parlato di processo per crimini contro l’umanità, spinge per una soluzione non negoziata che contempli solo la sconfitta militare di Putin.

Anche Erdogan si sta dimostrando attivo.

La Turchia ha un atteggiamento molto prudente. Non se ne parla, ma i droni che partono dalla Sicilia non passano mai sullo spazio aereo turco, passano dalla Grecia, entrano in Bulgaria, fanno un angolo a novanta gradi ed entrano nel Mar Nero. Questo vuol dire che la Turchia non vuole mantenere un profilo basso.

(Paolo Vites) 

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