Al di là della questione pakistana, le scelte che l’India sta ponendo in essere partono dal presupposto geopolitico che la realtà internazionale si stia muovendo in una direzione multipolare e sostanzialmente asimmetrica, che tuttavia a lungo termine potrebbe trasformarsi in un sistema bipolare sino-americano.

Ebbene, l’India allo stato attuale non intende accettare che la Cina possa conseguire una sorta di egemonia in Asia, ma d’altra parte non può fare a meno della collaborazione con il Dragone. Di conseguenza le scelte politiche dell’attuale leader seguono una logica articolata e a geometria variabile, che si costruisce su un equilibrio instabile.



Infatti l’attuale governo indiano si è prefissato obiettivi ambiziosi a lungo termine, volti a rafforzare la posizione internazionale del paese come attore globale credibile, creando al contempo nuove opportunità per accelerare il suo sviluppo e la sua crescita economica. L’India potrà conseguire uno status di grande potenza solo se riuscirà a creare in modo autonomo organizzazioni multilaterali che salvaguardino i suoi interessi ed esprimano i suoi valori.

Per realizzare questo ambizioso obiettivo l’India sta, in primo luogo, cercando di controbilanciare il suo crescente partenariato strategico con gli Stati Uniti, rafforzando e diversificando i legami con la Russia e costruendo un’interazione globale con la Cina.

In secondo luogo, l’India è consapevole che gli sviluppi attualmente in corso nella regione indo-pacifica sembrano favorirla. Quasi tutti i paesi che hanno interessi in questa vasta area, che si sta gradualmente trasformando in una delle regioni primarie del mondo, ora vogliono porre in essere sinergie con Nuova Delhi nel tentativo di raggiungere i loro obiettivi strategici a lungo termine. Ciò significa che senza la partecipazione dell’India né il progetto di Washington sulla regione indo-pacifica né il concetto di “Community of Common Destiny” di Pechino possono essere pienamente attuati: infatti senza l’India il progetto cinese rimarrebbe incompleto, mentre la strategia indo-pacifica degli Stati Uniti perderebbe uno dei suoi pilastri principali.

In terzo luogo, l’India vuole anche mantenere per sé la massima libertà di manovra e flessibilità nelle relazioni internazionali e sostenere la sua proiezione di potenza nell’Asia meridionale.

Ora, alla luce di quanto affermato, non c’è dubbio che la dimensione geopolitica delle relazioni tra India, Cina e Stati Uniti stia diventando sempre più complessa e sfaccettata. Da un lato, Pechino e Nuova Delhi riconoscono entrambe la necessità oggettiva di collaborare. Infatti la Cina è interessata in modo particolare a intensificare la cooperazione con l’India anche a causa dell’attuale conflitto con Washington. Dall’altro, i fattori sistemici che frenano un miglioramento qualitativo delle relazioni sino-indiane rimangono ancora molto significativi. Prima di tutto, questi sono legati sia alla dinamica conflittuale per il conseguimento delle sfere di influenza in Asia sia al crescente ritardo economico dell’India rispetto alla Cina. Inoltre un’eventuale escalation delle tensioni tra Nuova Delhi e Islamabad potrebbe provocare nuove tensioni tra India e Cina.

Alla luce di tutto ciò alcuni analisti sottolineano l’incompatibilità degli interessi fondamentali di questi due paesi, che ritengono “condannati” a rimanere rivali strategici nell’intera regione dell’Oceano Indiano. È quindi probabile che i due giganti asiatici rimangano bloccati in una posizione “a metà strada” per gli anni a venire, cioè in una sorta di equilibrio instabile e precario.

Non desta alcuna sorpresa, allora, la strategia posta in essere dall’India per contenere la diffusione dell’influenza cinese nella vasta regione che si estende dall’Oceano Indiano al Pacifico. Proprio per questa ragione la necessità di costruire coalizioni con gli Stati Uniti, il Giappone e, probabilmente, anche con l’Australia come parte dell’ipotetica “Intesa asiatica” nasce dall’esigenza di contenere la proiezione di potenza cinese in Asia. Non a caso l’India conta anche sul sostegno dell’Iran sciita per compensare la crescente influenza di Pechino nel Pakistan sunnita, che è il principale avversario storico dell’India.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, questi hanno bisogno dell’India principalmente come contrappeso all’influenza della Cina. Infatti Washington definisce l’India un “partner vitale” per salvaguardare i suoi interessi nell’intera regione dell’Indo-Pacifico. E infatti gli obiettivi politici di Washington sul lungo termine sono multidimensionali: controllare la crescente influenza della Cina in tutta la Grande Asia, compreso il Pakistan, e prevenire un’alleanza politico-militare tra Cina, Pakistan e Iran.

Questa complessa e articolata situazione geopolitica potrebbe consentire alla Russia di svolgere un ruolo di potenza stabilizzatrice. Il 1° dicembre 2018 i leader di Russia, India e Cina si sono incontrati per la prima volta dal 2006 a margine del vertice del G20 in Argentina. Durante l’incontro, proposto dalla Russia, Vladimir Putin, Xi Jinping e Narendra Modi hanno chiesto un più stretto coordinamento dei tre paesi, principalmente nel campo della sicurezza e della costruzione di relazioni interstatali costruttive in Eurasia. Hanno inoltre sottolineato la natura di partenariato tra Pechino, Mosca e Nuova Delhi, e la sostanziale sintonia di interessi e obiettivi nel campo dello sviluppo. Per quanto concerne in modo specifico la Russia, nell’incontro che si terrà a settembre a Vladivostok sia il vice primo ministro russo, Yury Trutnev, che il ministro del Commercio e dell’industria indiano, Piyush Goyal, discuteranno delle misure per aumentare il fatturato commerciale bilaterale entro l’anno 2025.

In questa nuova sinergia rientra il potenziamento del commercio attraverso l’International North-South transport corridor (Instc), che è certamente uno dei progetti strategici congiunti a lungo termine più promettenti per l’India e la Russia.