La storia insegna poco alla politica, ma senza confronti non possiamo capire, senza punti di riferimento nuotiamo alla cieca, non sappiamo dove andare oltre la passione. Forse il ricorso al passato aiuta noi spettatori impotenti a capire cosa stia succedendo nella guerra in Ucraina. Due i fatti esemplari: la Prima guerra mondiale e l’aggressione della Finlandia da parte dell’Unione Sovietica nel 1939.
Nessuno stato voleva la Prima guerra mondiale. Poi, all’improvviso, arrivò la mobilitazione generale, si mossero i treni da est a ovest, le lunghe tradotte dalle retrovie che trasportavano popoli pacifici arrivarono ai fronti. Così cominciò “l’inutile strage”.
Certo, ogni governo agì in modo razionale. La Germania, con le sue paure di essere rinchiusa nel cuore d’Europa mentre la sua economia raggiungeva primati mai visti, forte di un retroterra accademico e scientifico ineguali. La Gran Bretagna, spaventata dalla messa in discussione del suo impero, si mosse. La Russia, che si sentiva minacciata dall’espansionismo tedesco a occidente e dall’Impero austroungarico nei Balcani. La Francia, che incitò lo Zar, pronta a vendicare la sconfitta di Sedan. E la guerra scoppiò. Un colpo di pistola fece partire la valanga.
Nessun governo agì in modo irrazionale, ogni cancelleria pensava che la decisione di entrare in guerra fosse quella giusta, prima che fosse troppo tardi. E la rincorsa reciproca portò i suoi macabri frutti, macerie che sono arrivate fino a noi. Perché il “Secolo breve” iniziò nel 1914, portando delle conseguenze terribili per tutto il Novecento. Élite razionali, dunque, ma insulse, senza profondità strategica né visione politica. Nessun governante si aspettava che quella carneficina durasse per quattro lunghissimi anni, né tantomeno che sconvolgesse il mondo.
Anche oggi tutti gli attori della guerra sembrano razionali. Lo è Putin, che ha scelto l’aggressione all’Ucraina con un atto barbaro e illegale, temendo un suo prossimo riarmo da parte della Nato, che ha portato i suoi confini e missili alle porte della Russia. È logica la sua scelta di stringere d’assedio Kiev e Odessa. Sicuro di poter contare su resistenza e sopportazione del popolo russo, dopo aver militarizzato la Russia e averla trasformata in una nuova Prussia.
È razionale il presidente Zelensky, che invita la popolazione a una resistenza disperata. Che ricerca continuamente un’escalation con la Russia, provando a coinvolgere sempre di più la Nato nella guerra, perché conscio dell’abnorme sproporzione di forze, e chiedendo una no-fly zone, atto che si trasformerebbe immediatamente in una dichiarazione di guerra a Mosca da parte dell’Alleanza atlantica.
È razionale la strategia di Biden, della Nato e dell’Unione Europea. Prolungare la guerra, fornire armi all’Ucraina, trasformare l’Ucraina in un nuovo Vietnam. Prendere tempo sul campo per permettere alle sanzioni di raggiungere il loro scopo, far saltare l’economia russa, trascinando nel baratro lo stesso Putin.
È razionale la Cina, ben contenta di veder distratti gli Stati Uniti dallo scacchiere dell’Indo-Pacifico, conquistare un alleato fornitore di materie prime e costruire con Mosca un nuovo mercato economico-finanziario addirittura con un sistema alternativo allo Swift. Ma attenta a non tirare la corda con l’Occidente.
Ma questa guerra forse è più pericolosa di ogni altra crisi avvenuta durante la Guerra fredda, perché a quel tempo la logica della guerra e della pace era chiara e condivisa, mentre adesso le regole del gioco sono confuse e non concertate. E tutto può avvenire. Cinismo e razionalità, volontà di potenza e identità, interessi e aspettative. Nessuno però che metta in conto la necessità di arrivare ad un negoziato.
Non dimentichiamoci come finì l’aggressione dell’Unione Sovietica nel 1939 alla Finlandia, che nonostante avesse trovato una strenua ed eroica resistenza in quel popolo, simile a quella odierna degli ucraini, si concluse con un trattato sfavorevole alla Finlandia per la perdita della Carelia, dove abitava il 12% della popolazione. Ma con la pace con l’Orso russo.
Perché purtroppo questo è il punto. A meno che il sistema costruito da Putin, compresa l’alleanza con la Cina, non sia più fragile di quanto sembri.
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