Non è dato sapere cosa si siano detti al telefono sabato Biden e Putin, l’ultimo contatto, in ordine di tempo, di questa lunghissima crisi politica. Una nota della Casa Bianca ha fatto sapere che gli Stati Uniti sono pronti a tutti gli scenari, mentre il Cremlino ha parlato di “isteria americana al culmine”. Tuttavia, è sempre Mosca a informare che i due leader “hanno convenuto di proseguire i contatti a tutti i livelli”. Nel frattempo il presidente ucraino Zelensky ha invitato Biden a Kiev, ma il presidente americano non ha accettato; Zelensky ha anche chiesto agli Usa le “prove” dell’invasione russa, ritenuta imminente da fonti di intelligence occidentale. Il leader ucraino non ha invece ottenuto da Putin alcuna risposta all’invito di un incontro tra i due, che il premier israeliano Bennett si è offerto di ospitare in Israele. Molte domande si agitano in queste ore, tutte riguardanti le strategie e le vere intenzioni dei protagonisti.



“Ritengo che Putin non voglia combattere e dunque l’opzione n. 1, quella che vedo più probabile, è che non invaderà l’Ucraina” dice al Sussidiario Paolo Quercia, docente di studi strategici nell’Università di Perugia e direttore della rivista GeoTrade. Ma il presidente russo ha molte altre opzioni e quasi tutte lo avvantaggiano sull’Alleanza atlantica.



Vediamo dunque di fare ordine. A cominciare dai tempi. “Sono in corso di svolgimento operazioni militari congiunte tra Mosca e Minsk in Bielorussia” spiega Quercia. “È il build up militare più ampio che i russi possono fare in questo momento. Termineranno il 20, come le Olimpiadi. Se deve accadere qualcosa, avverrà in questo lasso di tempo”.

Cosa vuol fare Putin?

Non lo sappiamo. Però è molto probabile che abbia messo sul tavolo più piani e che nei prossimi giorni si muoverà sulla base di come stanno rispondendo Usa, Nato ed Europa.

Quali potrebbero essere queste opzioni?

Ritengo che non voglia combattere e dunque l’opzione n. 1, quella che vedo più probabile, è che non invaderà l’Ucraina. Dopo aver alzato la tensione e averla sfruttata abilmente, tra una decina di giorni inizierà a normalizzare la situazione chiudendo la crisi, di cui risulterebbe comunque il vincitore netto.



Perché vincitore?

Alla fine avrebbe dimostrato di aver pienamente recuperato libertà di manovra e di azione, minacciando militarmente l’occidente, la Nato ed i suoi alleati, facendo un blocco navale ai porti ucraini da una penisola che occupa illegalmente, mostrando le divisioni occidentali, facendo fuggire i cittadini stranieri dal Paese, spingendo ancora più su il prezzo del petrolio. Ha dimostrato agli ucraini che né l’Europa né gli americani combatterebbero per la loro sovranità e sicurezza ed ha fatto un favore a Xi.

Quale favore?

Gli ha fatto intendere che se ci saranno conflitti su Taiwan lui può riaprire il fronte ucraino. Insomma, in un paio di settimane è divenuto il dominus dello stato di sicurezza dell’Europa e si è posto al centro della diplomazia mondiale. Il tutto solo alzando la voce, senza sparare un colpo e senza rischiare nulla. Per me è l’ipotesi più probabile, la darei al 50 per cento.

Quindi il suo è tutto un bluff?

No, affatto! Perché tutto ciò sia credibile, ci si deve muovere in maniera ambigua, con azioni che possono significare più cose, come se la Russia fosse sul punto di lanciare un’operazione militare o comunque destabilizzare l’Ucraina. Ci sono un paio di altre opzioni secondarie sul tavolo di Putin, oltre la principale, che sono state preparate. Opzioni che per essere credibili la Russia deve essere disposta ad adottare come linea d’azione principale se ve ne è la necessità, l’opportunità o se vi viene costretta dalle contromosse occidentali.

Devono essere o sembrare tutte possibili.

Esatto. La forza di Putin è che pur non volendo provocare la guerra con l’Ucraina, ha messo in conto che potrebbe doverla combattere, è disposto a farlo e si move come se volesse farlo. Questo ovviamente gli dà un grosso vantaggio sull’Occidente. Noi giochiamo a carte scoperte o quasi, lui no.

E quale sarebbe la seconda opzione più importante?

La seconda opzione sarebbe la ripetizione del modello “Crimea”, un nuovo Anschluss dopo quello del 2014, con l’annessione delle regioni separatiste già controllate indirettamente dopo che queste hanno votato l’annessione. La Duma di Mosca ratificherebbe e l’amministrazione russa si estenderebbe fino alla linea del cessate il fuoco degli accordi di Minsk senza un’invasione militare. Qui il gioco si fa pericoloso, ma si svolgerebbe comunque all’interno della secessione de facto già avvenuta nel 2014, formalizzandola.

E come reagirebbero l’Occidente e Kiev?

Questo è il problema del grilletto, che l’Occidente ha lasciato ambiguo. Certamente l’Ucraina, circondata dalle truppe russe, non può reagire militarmente. Ma gli Usa e l’Europa l’equiparerebbero ad un’aggressione significativa, o minore? E come risponderebbero? Certamente con le sanzioni. Ma non credo con quelle “atomiche”, perché c’è sempre la minaccia di una possibile invasione militare su vasta scala; probabilmente varerebbero sanzioni simili a quelle del 2014, forse un po più robuste ma gestibili.

Ci sono altre opzioni?

Sì, svariate, le più pericolose, e ruotano attorno a varie opzioni di invasione russa dei territori ucraini che non sono già controllati dai filorussi. L’invasione di questi territori dovrebbe costituire una linea rossa per la Nato. Tra queste opzioni c’è quella dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina, che è quella che mi convince meno di tutte, ma bisogna metterla in conto, anche per la debolezza della risposta militare occidentale.

E poi?

I piani potrebbero contemplare invasioni limitate nella parte meridionale dell’Ucraina, ma anche queste le vedo ancora poco probabili. Io continuo a vedere molte opzioni non militari da cui Mosca guadagnerebbe di più sul piano strategico e che possono essere attivate grazie a questa crisi, usata come minaccia e come miccia.

Ad esempio?

Ad esempio lasciare in Bielorussia una significativa presenza militare dopo le esercitazioni di questi giorni con un accordo tra i due governi di creare basi russe in Bielorussia. Oppure accelerare sul progetto di unificazione, giocando la carta dell’annessione legale.

E Lukashenko potrebbe dire sì a un’ipotesi del genere?

Lukashenko ha a lungo fatto resistenza a questa ipotesi, ma dopo le sanzioni del 2020 e del 2021, l’embargo al traffico aereo e l’isolamento economico della Bielourussia dall’Occidente, nel novembre del 2021 Minsk ha riconosciuto la legalità dell’annessione russa della Crimea. Questo è un indicatore importante di quanto la Bielorussia sia ormai divenuta, anche per nostri errori, un satellite di Mosca. L’unificazione dei due Paesi o anche solo truppe russe stabilmente basate al confine orientale della Belorussia, al confine con Polonia e Paesi baltici sarebbe un altro tassello di pressione di Mosca sull’Europa.

Per la Nato sarebbe una sconfitta clamorosa.

Veda lei. Invece che allargare la Nato ad Est si allargherebbe il sistema militare russo verso Ovest.

Venerdì sera si è saputo di presunte intercettazioni che avrebbero consentito a Usa e Nato di prevedere un imminente attacco russo, perfino cerchiandone la data sul calendario. Sono informazioni attendibili?

Gli ucraini dicono di avere informazioni diverse. È chiaro che qui c’è una guerra di informazione e psicologica da cui è difficile tirar fuori la verità. Non capisco però perché questa notizia è arrivata alla stampa e non sarebbe arrivata agli ucraini.

Come si spiega l’insistenza dell’amministrazione Biden nel voler contrastare Putin? Quella della Nato non sembra un’azione improntata alla prudenza.

Però il contrasto di Biden a Putin mi sembra più retorico che pratico. Come lo fu quello di Obama nella guerra del 2014. La Nato in questa crisi appare essere marginale, nonostante sia la sua politica di allargamento ad Est che viene rimessa in gioco.

Se ne parla continuamente, ma è una delle questioni meno approfondite in questi giorni.

È un pezzo importante dell’architettura di sicurezza europea in quanto è stata costruita nell’arco di due decenni. L’allargamento ad Est è il frutto di una concezione strategica e politica forse superata, ma sulla quale sono state formate intere classi dirigenti, con l’obiettivo dell’estensione dell’Alleanza come baluardo per la democrazia e la sicurezza americana ed europea. Abbandonare questa politica perché lo chiede la Russia non è accettabile. Bisogna trovare un accomodamento, ma ci vorrà molto tempo e pazienza. Due qualità che l’amministrazione americana sembra non avere.

È ipotizzabile un ulteriore allargamento della Nato?

Direi di no, sopratutto perché sono finiti i paesi a cui allargare. E per quanto riguarda Ucraina e Georgia, entrambi i Paesi hanno conflitti interni e repubbliche filorusse autonome sul proprio territorio – Doneck, Lugansk, Crimea, Abkhazia e Ossezia Meridionale – oltre che contenziosi aperti con la Russia. Sono situazioni che, finché non risolte, escludono ogni possibilità di allargamento. Anche se Mosca fa finta di non saperlo e pretende garanzie scritte.

Che significato assume in questo contesto il recente incontro Putin-Macron?

La Francia ha una posizione più morbida sulla Russia e quindi a Mosca fa comodo avere Parigi come interlocutore che ambisce a rappresentare l’Europa smorzando il fronte dei falchi. Anche perché Macron coglie l’occasione per coltivare il proposito francese di costruire un Occidente alternativo a quello anglosassone, e la Brexit ha dato l’assist a questa aspirazione.

E un Occidente diverso si basa innanzitutto su un rapporto diverso con la Russia.

Precisamente. Macron deve però stare attento, perché oltre ad essere un’ambizione velleitaria, presenta margini di rischio per la Francia stessa. Ad ogni modo, non sembra che Putin voglia facilitarlo in questo ruolo, e anzi nella crisi con l’Ucraina gli ha lasciato un ruolo marginale, quello di trattare con gli ucraini. La Russia vede gli Usa e la Nato come interlocutori di questa crisi, non altri.

Quali sarebbero i rischi che corre la Francia?

Se Parigi costruisce male questo rapporto con Mosca, se non riesce a sostituire il bilanciamento geopolitico anglo-americano al peso russo, rischia di avvantaggiare non solo la Russia ma di creare i presupposti per una rinascita geopolitica e militare della Germania. Proprio quello che Parigi teme da sempre. Non sarà facile per Parigi inserirsi come alternativa tra lo zoccolo duro antirusso (Usa, Regno Unito, Polonia, Romania, Paesi baltici) e la posizione quasi filorussa della Germania.

Si può escludere un attacco preventivo occidentale?

No, non si può escludere. In teoria potrebbe avvenire contro le due repubbliche popolari di Doneck e Lugansk, ma sarebbe un azzardo pazzesco. Penso che niente debba essere escluso, ma lo lascerei tra le ipotesi marginali.

Cosa farebbe Putin a quel punto?

Credo che sarebbe in serie difficoltà, perché sarebbe costretto a portare avanti un’invasione dell’Ucraina che non ha in mente ed in un contesto differente da quello eventualmente pianificato.

Quali elementi vorrebbe avere per poter meglio chiarire il quadro?

Sapere cosa si sono detti Xi e Putin a Pechino all’inaugurazione delle Olimpiadi. È una variabile che può cambiare tanto. Sicuramente hanno parlato di Ucraina. Quanto Putin è stato trasparente con lui su quello che ha intenzione di fare? E Xi Jinping gli ha dato la luce verde? Io penso che senza garanzie di Pechino e spalle coperte il comportamento di Putin sarà molto più prudente di quello che pensiamo. Ma ovviamente non possiamo saperlo in nessun modo.

Indizi?

Dobbiamo aspettare i prossimi dieci giorni per capire quanto può pesare il fattore cinese in questa crisi. Certo è che a Pechino guarderanno quello che accade a Kiev con un occhio a Taiwan.

Altri fattori?

Io penso che questo braccio di ferro, più che una prova militare o un gioco di sfere di influenza sull’Ucraina, sia un test di determinazione, volontà e capacità dell’Occidente. È uno dei più complessi test politici che l’Europa e la Nato stanno affrontando.

Siamo all’altezza?

Purtroppo mi sembra che siamo confusi dalla dimensione militare e non riusciamo ad afferrare quella politica. E questo non va bene, perché la guerra, reale o potenziale, è una questione politica. Così però rischiamo di perdere la sfida, anche se non ci sarà alcuna invasione.

(Federico Ferraù)

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