VERTICE CIA-RUSSIA ‘CONTRO’ LA TERZA GUERRA MONDIALE
Mentre Cina e Stati tornano a parlare con alcuni punti in comune (vedi proprio il rischio di terza guerra mondiale stigmatizzata da Biden e Xi Jinping, qui il focus approfondito), a margine del G20 è un altro il vertice ha fatto discutere specie a Kiev: come spiega uno portavoce della Casa Bianca, il capo della Cia William Burns ha incontrato la sua controparte russa oggi ad Ankara in Turchia per mettere in guardia la Russia contro l’uso delle armi nucleari in Ucraina.
Immediatamente il Consigliere per la sicurezza nazionale Sullivan ha riferito che l’incontro in Turchia «non era in nessun modo volto a negoziare o a discutere qualsiasi soluzione del conflitto in Ucraina. Kiev era stata informata in anticipo dell’incontro. Burns aveva in programma di sollevare anche il caso degli americani detenuti in Russia, tra cui la star del basket femminile Brittney Griner». Questo pomeriggio dall’ONU arriva una nuova risoluzione contro la Russia per la guerra iniziata in Ucraina: L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato con 94 voti a favore, 14 contrari e 73 astenuti il documento che definisce Mosca «responsabile per le sue violazioni della legge internazionale in Ucraina». Il testo della risoluzione chiede che 193 Paesi membri ONU creino «un registro internazionale per documentare le richieste di danni, perdite o lesioni agli ucraini causati dalla Russia». Tra i 14 No votati, dunque in sostegno a Putin, si confermano i voti illustri di Cina, Bielorussia e Corea del Nord (a cui si aggiungono Cuba, Centrafrica, Eritrea, Etiopia, Iran, Mali, Nicaragua, Siria e Zimbabwe). L’India invece è tra i 73 astenuti.
LA TERZA GUERRA MONDIALE AL TAVOLO DEL G20: PRESSING USA, RICOVERO (?) LAVROV E REPLICA MOSCA
Non basta certo un articolo al giorno sul pericolo di una “terza guerra mondiale” per provare a capire cosa stia succedendo nel mondo ormai da diversi mesi, se non anni: guardando però la mappa geopolitica mondiale si scorge come dall’Ucraina alla Russia, dall’Iran a Israele, dalle Coree a Taiwan, arrivando fino al Nord-Africa, il Medio Oriente e ora pure la Turchia (dopo l’attentato a Istanbul del 13 novembre), quel clima da “terza guerra mondiale” è davvero già presente come ripetuto ancora ieri da Papa Francesco. I 264 giorni di guerra in Ucraina sono l’esempio più lampante anche perché chiamano in causa in contrapposizione quasi tutte le forze geopolitiche mondiali: di ieri la notizia di continui pressing dagli Usa per convincere l’Ucraina a “rivedere” le richieste per sedersi ai negoziati, aprendo il più possibile e favorendo il processo di pacificazione.
Di contro, la Russia fa sapere di non poter accettare le attuali condizioni imposte da Zelensky («ritiro delle forze russe da Donbass e Crimea»): «inaccettabile la condizione dell’Ucraina che le truppe di Mosca si ritirino dal Paese per avviare i negoziati». Lo stallo insomma si mantiene mentre a sorpresa stamane il Presidente Zelensky ha fatto visita alla città di Kherson dopo il ritiro dei russi negli scorsi giorni: «Gli investigatori hanno documentato più di 400 crimini di guerra russi, sono stati trovati corpi di civili e militari. La situazione nella regione di Kherson è ancora molto pericolosa. Prima di tutto, le mine». Nello stesso momento, dal Cremlino il portavoce del Presidente Putin, Dmitri Peskov, ha sottolineato come Kherson nonostante il ritiro sia «territorio della Federazione russa», in quanto tra le regioni dove Mosca ha condotto i referendum sull’annessione non riconosciuti dalla comunità internazionale.
TERZA GUERRA MONDIALE DALL’UCRAINA ALLA TURCHIA: L’ATTENTATO A ISTANBUL E LE ACCUSE ALLA NATO
Con questo clima sullo sfondo che “inneggia” ad una terza guerra mondiale sempre più contemporanea, si riunisce domani e il 16 novembre il G20 a Bali: presenti tutti i leader tranne uno, ovvero il n.1 del Cremlino Vladimir Putin che ha comunque mandato il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov a presenziare. Ebbene, proprio sul capo della diplomazia russa si è aperto stamane un piccolo giallo sull’asse Occidente-Mosca: da quotidiani locali indonesiani, rilanciato poi dai media occidentali, è emersa la notizia di un presunto ricovero in ospedale d’urgenza per Lavrov non appena giunto a Bali in vista del G20 di domani. Il ministro avrebbe accusato problemi cardiaci e sarebbe stato portato all’ospedale Sanglah: immediata la replica di Mosca, con la portavoce Maria Zakharova che bolla la notizia come «fake news», aggiungendo «Io e Sergei abbiamo letto la notizia in Indonesia e non potevamo crederci: ovviamente è il massimo della falsità». Passa qualche ora e lo stesso Lavrov in un video sui social appare con maglietta e bermuda nell’hotel di Bali smentendo il ricovero e il malore: «i giornalisti occidentali devono essere più corretti».
Mentre dunque gli incontro del 15-16 novembre a Bali proveranno a trarre alcuni contatti diplomatici con la Russia di Lavrov – oggi il bilaterale decisivo tra Biden e Xi Jinping per trovare contatti di cooperazione atti a evitare escalation come la terza guerra mondiale – un nuovo “fronte” di tensione si è aggiunto ieri con l’attentato nel pieno centro di Istanbul. 6 morti, 81 feriti e una bomba esplosa nella via dello shopping della città turca: nella notte 46 persone sospette sono state arrestare, compresa una donna siriana ritenuta la responsabile dell’esplosivo piazzato a Istanbul. Il Governo di Erdogan accusa il gruppo separatista curda Pkk/Ypg, con la polizia che fa sapere alle agenzie internazionali «la donna ha dichiarato di essere stata addestrata dall’organizzazione terroristica Pyd/Ypg come ufficiale dell’intelligence speciale e di essere entrata illegalmente nel nostro Paese attraverso Afrin per compiere un’azione. Ha ricevuto un ordine di azione dal quartier generale dell’organizzazione terroristica Pkk/Pyd/Ypg a Kobane, in Siria, il 13 novembre intorno alle 16.20. Ha dichiarato di aver compiuto l’attentato ed è fuggita». Il clima da terza guerra mondiale però viene incrementato quando il Ministro degli Interni di Turchia, Suleyman Soylu, accusa gli Stati Uniti di aver armato i curdi di Kobane per commettere l’attentato: «il messaggio di cordoglio dalla Casa Bianca è simile a un assassino che si è presentato per primo sulla scena del crimine». Non solo, aperta anche la pista “Nato” con la Turchia che vede nell’esposizione di Istanbul un avvertimento per l’opposizione ferma di Ankara all’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia, legata alla presenza di curdi in fuga dalla Turchia nei due Paesi scandinavi.