Le preoccupazioni per un eventuale conflitto tra Stati Uniti e Cina per la conquista di Taiwan sono oltremodo legittime, come dimostra il fatto che il Dipartimento di Difesa americano ha autorizzato ad aprile la fornitura all’esercito di Taiwan del sistema di difesa missilistico Patriot per un importo di 95 milioni di dollari.
In secondo luogo il fatto che alcuni rappresentanti del Congresso degli Stati Uniti si siano recati nella capitale Taipei per un incontro con l’attuale presidente di Taiwan, rappresenta una provocazione per la Cina. Le autorità cinesi vedono queste due iniziative come azioni intraprese con lo scopo di minare la sovranità nazionale di Taiwan, la quale è considerata dalla Cina una provincia cinese ribelle che alla fine – presto o tardi – dovrà unirsi alla Cina.
La domanda che dobbiamo porci è se l’opzione di un’invasione militare sia credibile, sia realistica alla luce di quanto dichiarato da periodici ad ampia diffusione internazionale come il Global Times e il South China Morning Post (Scmp). L’11 aprile, sulle colonne di Scmp la risposta è stata negativa. Gli Stati Uniti non invierebbero truppe di terra come hanno potuto fare durante operazioni militari in Iraq o in Afghanistan. “Taiwan dovrà combattere da sola in caso di conflitto con la Cina continentale (…) sebbene gli Stati Uniti possano fornire armi”. Il quotidiano riporta i commenti scambiati dagli esperti durante un seminario organizzato a Taiwan da un think tank locale, la Taiwan International Strategic Study Society.
Al contrario, il Global Times, quotidiano vicino al Partito comunista cinese al potere, sta valutando la possibilità di un intervento militare da parte degli Stati Uniti e anche del Giappone. Questo giornale trasmette spesso le opinioni della parte più nazionalista e più dura del Pcc. Serve come mezzo influente e consente anche a diplomatici e analisti stranieri di conoscere le posizioni cinesi. A proposito di Taiwan, ecco cosa ha detto un editorialista del Global Times, Hu Xijin, nel suo editoriale del 15 febbraio: “La Cina continentale continuerà a dimostrare la sua sovranità sull’isola di Taiwan anche attraverso mezzi militari ed eliminerà il deterioramento di tale sovranità causato dalla collusione tra gli Stati Uniti e Taiwan. In questo modo possiamo stringere il laccio al collo dei secessionisti taiwanesi e stringerlo gradualmente”.
Il 15 febbraio, sempre sul Global Times un altro articolo parlava della situazione a Taiwan e della visita a Taipei della delegazione dei membri americani del Congresso. Il Global Times descrive in dettaglio le manovre militari cinesi che si svolgono lo stesso giorno sul lato cinese di Taiwan e nello Stretto di Taiwan. Queste esercitazioni coinvolgono elementi della marina e dell’aviazione. Quel giorno sei caccia sono entrati nella zona di identificazione della difesa aerea di Taiwan. Va notato che questo tipo di sorvolo si svolge molto regolarmente da un anno e mezzo. Da un lato, l’intera esercitazione è riportata da questo giornale per mostrare la disapprovazione delle autorità cinesi e il potenziale militare del Pla (Esercito cinese di liberazione) in caso di conflitto. L’operazione militare cinese è giustificata in questi termini dal colonnello Shi Yi: “L’operazione mira ai recenti segnali sbagliati degli Stati Uniti sulla questione di Taiwan, perché le tattiche degli Stati Uniti sono del tutto inutili e pericolose (…). Chi gioca con il fuoco si brucerà”.
D’altra parte, in questa guerra dell’informazione vengono avanzate altre argomentazioni. La questione dell’intervento militare diretto degli Stati Uniti per sostenere Taiwan in caso di conflitto aperto non viene qui discussa. L’accento è posto sul fatto che l’esercito cinese si sta preparando a questa eventualità. Questo è ciò che menziona un esperto militare cinese. Secondo Song Zhonping, “il Pla non dovrà solo prendere misure militari contro le forze dell’‘indipendenza di Taiwan’, ma (dovrà) affrontare anche il potenziale intervento militare di Stati Uniti e Giappone”.
Infine, Wang Jiamin, esperto di relazioni Cina-Taiwan all’Università di Minnan, parla di manipolazione da parte degli Stati Uniti: “Dopo l’inizio del conflitto militare tra Russia e Ucraina, gli Stati Uniti hanno intensificato le provocazioni sulla questione di Taiwan. La Cina continentale deve rimanere razionale di fronte a una tale strategia per evitare di cadere nella trappola degli Stati Uniti”.
Questa è la risposta data alle dichiarazioni di un alto ufficiale americano attraverso i media. Ad Hong Kong, il South China Morning Post ha fatto eco alle parole di Mark Milley, presidente del Joint Chiefs of Staff degli Stati Uniti. Il titolo: “Voglio dire chiaramente a Pechino quanto sarebbe difficile conquistare Taiwan”. Questa dichiarazione è stata fatta da Mark Milley durante la sua audizione davanti alla commissione per la difesa del Senato degli Stati Uniti all’inizio di aprile. Continua dicendo “l’isola è difendibile”. A suo avviso, sarebbe difficile per l’Apl effettuare assalti anfibi e atterraggi aerei attraverso lo Stretto di Taiwan. Inoltre, Taiwan è un’isola molto montuosa. Per questo soldato americano, il miglior deterrente è “assicurarsi che i cinesi sappiano che questo è un obiettivo molto difficile da raggiungere”.
In questa guerra informativa, l’assalto diretto delle truppe cinesi non è l’unica opzione presa in considerazione contro Taiwan. Sulla stampa di Hong Kong si parla anche di una possibile interruzione dell’approvvigionamento energetico di quest’isola di 24 milioni di abitanti. “Secondo gli osservatori, Pechino potrebbe schierare un’arma meno rischiosa e indiretta dal suo arsenale per costringere l’isola a tornare al suo ovile: un blocco energetico. Un blocco (…..) isolerebbe Taiwan al punto che i colloqui di unificazione potrebbero essere una vera opzione. Taiwan importa gas naturale e petrolio via mare sia per i bisogni della sua gente che per la sua industria. Questa fornitura via mare è una delle sue vulnerabilità”.
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