DALL’IRAN ALLA SERBIA: RISCHIO TERZA GUERRA MONDIALE

«Basta un errore di calcolo per l’olocausto nucleare»: è durissimo e inquietante il grido di allarme sollevato dal segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, in occasione della Decima conferenza del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Mai come in questo periodo l’umanità assiste a sconvolgimenti geopolitici internazionali che rischiano di porre quella lontana e quasi distopica “ansia” da terza guerra mondiale più vicina di quanto si possa credere: i missili in Ucraina che continuano a piovere, con le forze russe in rapido spostamento dal Donbass verso il Sud del Paese (con le Nazioni Unite che monitorano attentamente la lieve ripresa del commercio di grano dai porti ucraini). A Taiwan il rischio di una escalation improvvisa è dato dal quasi certo arrivo a Taipei, fuori dal programma ufficiale, della speaker della Camera Usa Nancy Pelosi: la Cina replica duramente, «Se Pelosi visiterà Taiwan, questa sarà una grave interferenza nella politica interna cinese e porterà a conseguenze molto gravi».



I media di Taiwan danno come certa la notizia della portaerei Usa in Pacifico occidentale in rapido avvicinamento per evitare eventuali rivendicazioni cinesi contro il viaggio (sconsigliato dalla Casa Bianca e dal Pentagono) della speaker Dem. Tra Serbia e Kosovo lo scontro a distanza tra Nato e Russia ribadisce la netta contrapposizione tra Mosca e l’Occidente non solo sul fronte ucraino ma in generale sui tanti focolai di tensioni alle porte dell’Europa. Da ultimo, il rischio di una terza guerra mondiale è da anni “sotteso” alla situazione politica in Iran: dopo le dichiarazioni “bellicose” di Teheran circa la costruzione di una bomba atomica a breve, il Presidente Usa Joe Biden ha risposto piccato, «Gli Stati Uniti sono impegnati ad evitare che l’Iran non possieda la bomba atomica». Anche qui la Casa Bianca lancia un messaggio al Cremlino per invitare ad un accordo sul breve periodo per la crisi iraniana: «Dopo la brutale e non provocata aggressione dell’Ucraina, che ha fatto a pezzi la pace in Europa e costituisce una minaccia al diritto internazionale, la Russia deve dimostrare di essere pronta a riassumere un impegno a dialogare con gli Stati Uniti per il controllo delle armi nucleari». Appello di Biden lanciato anche alla Cina, con la quale resta fortissima la fattura sul fronte Taiwan: «Pechino ha responsabilità di avviare dei negoziati che riducano il rischio di errori di calcolo e dinamiche militari destabilizzanti».



UCRAINA E SERBIA, LO SCONTRO TRA CREMLINO E NATO

È partita questa mattina la prima nave con carico di grano dal porto di Odessa dopo l’accordo stilato da Russia e Ucraina con il patrocinio di Turchia e Onu: questo importante segnale non copre però i problemi sempre più ampli tra Occidente e Russia. Dall’Ucraina a Taiwan (dove il Cremlino si è già schierato con la Cina contro gli Stati Uniti) fino alla Serbia, i terreni di scontro iniziano ad essere sempre più allargati e i “venti” di una terza guerra mondiale appaiono non più come uno spauracchio buono a qualche “click bait”. Lo scontro in atto tra Kosovo e Belgrado ha portato il Cremlino a prendere posizione netta, tramite le parole del portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov: «Tutti i diritti dei serbi in Kosovo devono essere rispettati».



Secondo la portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova la Russia «chiede a Pristina, agli Stati Uniti e all’Ue, che la appoggiano, di cessare le provocazioni e di rispettare i diritti dei serbi in Kosovo. I leader dei kosovari sanno che i serbi non rimarranno indifferenti quando si tratta di un attacco diretto alle loro libertà, e si prepareranno a uno scenario militare». La Nato in tutta risposta manda un segnale molto netto: «La missione KFOR guidata dalla Nato – si legge – sta monitorando da vicino ed è pronta a intervenire se la stabilità è a repentaglio, in base al suo mandato, derivante dalla risoluzione 1244 delle Nazioni Unite». In generale però sia Taiwan che la Serbia come “focolai” possibili di conflitti guardano a quanto in corso ormai da mesi nella non lontana Ucraina: attacchi, missili e, inevitabilmente, vittime. Nella notte sono stati lanciati bombardamenti nuovamente sulla città di Mykolaiv, «i raid probabilmente i più potenti di tutta la guerra», ha annunciato il sindaco Oleksandr Senkevych. Tornando a “bomba”, sul fronte grano il commento della Russia e della stessa Ucraina è quello di soddisfazione ma anche di attenzione per lo sviluppo di una situazione ancora molto delicata: «molto positivo la partenza da Odessa di una prima nave con cereale ucraino. Una una buona occasione per testare l’efficacia degli accordi di Istanbul», afferma il Cremlino.

TERZA GUERRA MONDIALE: DAL DONETSK AI MISSILI IPERSONICI

A più di 5 mesi dall’inizio della guerra, la situazione in larga parte dell’Ucraina è tutt’altro che diretta verso un miglioramento: dal Donbass a Odessa, dai raid alle controffensive, fino alle minacce di armi pesanti, la minaccia di una terza mondiale ad Est dell’Europa è sempre meno “irrealistica;” specie vedendo le singole reazioni di altri Paesi internazionali che mano a meno si schierano a favore dell’Occidente o pro-Russia. Mentre ancora si attende la messa in moto dell’intesa sul grano nel porto di Odessa (domani dovrebbe avvenire la partenza della prima nave carica di frumento già rinviata più volte), si segnalano altri raid nella notte a Kharkiv e nel Donetsk. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invitato ufficialmente tutta la popolazione civile ancora presente nel Donbass ucraino (Donetsk) ad evacuare l’area per sfuggire ai bombardamenti delle forze russe: «Una decisione governativa è stata presa sull’evacuazione obbligatoria della regione».

I tempi vanno affrettati secondo Kiev per non ripetere le stragi documentate nei mesi scorsi nelle aree del Lugansk e nel Kherson: nella recente parata militare per il Giorno della Marina a San Pietroburgo, il Presidente Vladimir Putin ha replicato a distanza alle accuse del comando militare ucraino circa la guerra in corso nel Donetsk. «La Russia garantirà con fermezza la protezione dei suoi confini marittimi con tutti i mezzi», ha detto il capo del Cremlino firmando il nuovo regolamento della Marina che «stabilisce i confini e le aree degli interessi nazionali della Russia». Si tratta, prima di tutto, «delle nostre acque in Artico, quelle del Mar Nero, del Mare di Okhotsk e di Bering, lo stretto del Baltico e delle Curili», spiega ancora Putin dopo aver annunciato il potenziamento delle armi militari in dote alla Marina. Nei prossimi giorni Mosca riceverà missili ipersonici da crociera ipersonici Zircon: «La fregata dell’ammiraglio Gorshkov sarà la prima ad andare in combattimento con a bordo queste formidabili armi. La cosa fondamentale qui è la capacità della Marina russa. Sarà in grado di rispondere alla velocità della luce a tutti coloro che decideranno di violare la nostra sovranità e libertà».

RAID SU CARCERE OLENIIVKA: LA MINACCIA DEL BATTAGLIONE AZOV CONTRO PUTIN

Tiene intanto ancora banco nel clima da terza guerra mondiale generato dall’invasione russa, l’attacco avvenuto lo scorso venerdì al carcere di Olenivka, nella regione di Donetsk, che ha provocato oltre 50 morti e più di 100 feriti tra i prigionieri di guerra ucraini. Tra le moltissime vittime anche diverse formazioni del Battaglione Azov arresosi dopo mesi di assedio nella città di Mariupol: «Sarai giustiziato con i tuoi sciacalli e le tue ambasciate», è il messaggio lanciato dal comandante del battaglione ucraino Azov, Mykyta Nadtochia, al Presidente russo Vladimir Putin, «Lui è il responsabile di questo crimine di guerra: serve un tribunale internazionale, merita l’impiccagione».

Nel frattempo da Kiev il comunicato di Zelensky è altrettanto duro, anche se per il momento Mosca non ha rivendicato l’attacco a Olenivka: «Saranno raccolte tutte le prove del crimine commesso dagli occupanti. Sono tutti colpevoli: chi ha approvato, chi ha organizzato, chi ha ucciso queste persone, chi sapeva. Saranno trovati tutti». Kiev ha fatto sapere di aver ricevuto da Mosca la promessa di permettere alle Nazioni Unite e alla Croce Rossa di «accedere al luogo della morte dei prigionieri di guerra a Olenivka, nell’Oblast di Donetsk».