MISSILI SU ODESSA E SUL DONETSK: LA GUERRA IN UCRAINA CONTINUA

Quando ormai si è giunti al 146esimo giorno di guerra in Ucraina, la situazione nel Sud e nell’Est del Paese resta quella degli ultimi giorni: una “terza guerra mondiale” alle origini, secondo il Governo di Kiev, un “rischio globale serio” per la Russia di contro, la quale accusa l’Occidente di star generando il rischio forte di una guerra nucleare da “fine del mondo” nei prossimi mesi. La diplomazia in tutto questo sembra al momento “reggere” – come relazioni più che per accordi veri e propri – solo sul fronte grano: a Teheran oggi è previsto un importante e delicato vertice internazionale tra i Presidenti di Turchia, Russia e Iran dove si parlerà dell’equilibrio geopolitico futuro, a partire dall’emergenza Ucraina e dall’esportazione del grano.



Sul campo però Putin continua a mantenere fisso l’ordine sulle truppe: attaccare la restante parte del Donbass ancora ucraina – il Donetsk – fino a sconfinare a Sud-est con le Regioni di Odessa, Sumy e Zaporizhzhia. Stamane in particolare, le ultime notizie dal fronte di guerra riportano di almeno 4 tra feriti e morti nell’attacco missilistico russo nell’area di Odessa, in particolare due case sarebbero state completamente distrutte dai raid. Una serie di esplosioni sono state poi segnalate nella notte anche a Mykolaiv, secondo quanto riferito dal sindaco Oleksandr Sienkevych su Telegram: 10 esplosioni nella notte del 18 luglio. Così come sono ingenti gli attacchi lanciati dalle forse del Cremlino a Nikopol, città della regione di Dnipropetrovsk nel sud dell’Ucraina: «la città è sotto tiro», denuncia il capo dell’amministrazione militare del distretto di Nikopol, Yevhen Yevtushenko.



ZELENSKY SULLA TERZA GUERRA MONDIALE: “ARMI OCCIDENTE DECISIVE”

«Le forze armate dell’Ucraina hanno inflitto perdite significative agli occupanti, stiamo avanzando», lo ha detto il Presidente Volodymyr Zelensky nel suo discorso odierno su Telegram, ravvisando un contrasto imponente delle forze ucraine all’avanzata del nemico ormai da 146 giorni consecutivi. «Passo dopo passo, stiamo avanzando, identificando e neutralizzando i collaboratori. La prospettiva è ovvia: la bandiera ucraina sarà in tutte le nostre città e villaggi», annuncia con fierezza ancora il Presidente ucraino. La situazione in realtà è decisamente complessa in quanto tutto il Lugansk e parte del Donetsk è in mano ai russi, con raid e bomrdbamenti in costante aumento nelle aree del Sud del Paese.



A far propendere per uno sguardo fiducioso sul prosieguo di quella che ancora una volta Zelensky definisce come una “terza guerra mondiale” sono però gli aiuti occidentali giunti ancora negli ultimi giorni: «le armi recentemente fornite dall’Occidente all’esercito ucraino stanno facendo una differenza notevole nel favorire i successi militari e le perdite inflitte all’invasore russo». In particolare, conclude Zelensky, ad aiutare concretamente l’esercito ucraino sarebbero i sistemi missilistici avanzati Usa, di tipo Himars «sono precisi ed efficienti». A pesare però sulla reputazione internazionale di Zelensky in queste ore sono le notizie giunge sulle “purghe” effettuate dal Governo di Kiev verso funzionari di alto rango fino a ieri stretti collaboratori del Presidente: dopo i rumors di ieri, ora vi è la conferma dal consigliere dell’Ufficio di Zelensky, Andriy Smirnov, il capo del servizio di sicurezza Sbu Ivan Bakanov e la procuratrice generale Iryna Venediktova sono stati sospesi «per indagini sulle loro eventuali responsabilità nei crimini contro la sicurezza nazionale e nel loro collegamento con o servizi speciali della Federazione Russa». In tutto sono stati licenziati 28 funzionari del servizio di sicurezza per «risultati di lavoro insoddisfacenti». Ad oggi – ha affermato Zelensky – «sono stati registrati 651 procedimenti penali per alto tradimento e collaborazionismo»; un parlamentare vicino all’ex Presidente Poroshenko, Oleg Sinyutka, ha contestato le “purghe” di Zelensky che proseguono da settimane ormai, spiegando in Parlamento come «il Paese sta scivolando gradualmente verso una forma di governo dittatoriale».