ALLARME ONU SUL RISCHIO TERZA GUERRA MONDIALE DAL DONBASS

«La situazione umanitaria nell’Ucraina orientale è estremamente allarmante e continua a deteriorarsi»: l’allarme lanciato dall’ONU sulla situazione nel Donbass riflette il pericolo ancora più grande che la guerra in Ucraina, giunta al 114esimo giorno ormai, possa estendersi ad una paurosa e incontrollabile terza guerra mondiale.



Dopo il viaggio a Kiev dei quattro leader europei ieri – Draghi, Macron, Scholz e Ioannis – i rapporti tra Russia e Occidente si sanno sempre più complessi, mentre sul campo è ancora Severodonetsk e gran parte del Donbass a segnalare raid, attacchi, vittime e distruzione. «Il Presidente Volodymyr Zelensky ha incaricato le forze armate di verificare la prontezza alla difesa in quattro regioni dell’ovest dell’Ucraina in caso di invasione dal territorio della Bielorussia»: lo ha spiegato il segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa di Kiev, Oleksiy Danilov. «La questione della Bielorussia», ha poi concluso, «è stata discussa e sono stati valutati tutti i nostri corpi coinvolti, cosa sta succedendo lì, qual è lo stato dell’esercito bielorusso e quante truppe russe sono presenti». Nel frattempo, il governatore della regione di Kursk, Roman Starovoit, su Telegram annuncia gli attacchi dell’esercito di Kiev contro i villaggi russi nella regione al confine con l’Ucraina.



GUERRA UCRAINA: CAOS SUL GAS E SCONTRO RUSSIA-OCCIDENTE

Di rischio per una terza guerra mondiale ha parlato ancora ieri Zelensky accogliendo i leader europei venuti a Kiev per concedere ancora più sostegno all’Ucraina e per provare a riannodare i fili strappati di un negoziato prossimo tra Kiev e Mosca.

Le reazioni tanto dell’Ucraina quanto soprattutto del Cremlino non sembrano andare nel verso giusto, anche se dagli States viene data notizia – in ambienti della Difesa – di un dialogo proficuo con Kiev «circa la possibilità di una soluzione negoziale con Mosca». Questo specie dopo che il Ministro degli Esteri Lavrov ancora ieri ha sottolineato come il «Dialogo con l’Europa sparito dalle priorità». Non è piaciuta a Mosca la visita di Draghi & Co. da Zelensky, e lo si capisce ancor meglio dalla durissima reazione dell’ex Presidente Medvedev che ha “ironizzato” contro i leader europei insultandoli ancora una volta. In tutto il caos della guerra e nella massima difficoltà della diplomazia internazionale, aumenta a livelli vertiginosi l’allarme sul gas in Europa: dopo le minaccia di tagliare forniture alla Germania ora anche l’Italia vive ore di massima tensione. «A fronte di una richiesta giornaliera di gas da parte di Eni pari a circa 63 milioni di metri cubi, la russa Gazprom ha comunicato che fornirà solo il 50% di quanto richiesto», fa sapere il colosso energetico italiano sul proprio sito. A domanda specifica posta ieri nella seconda conferenza stampa di giornata da Kiev, il Premier Mario Draghi è stato schietto: «i motivi per i tagli di forniture che colpiscono un po’ tutta l’Europa ci viene detto sono tecnici, una delle spiegazioni è che la manutenzione è difficile a causa delle sanzioni. Da parte della Germania e nostra e di altri riteniamo che queste siano bugie, che in realtà ci sia un uso politico del gas, come c’è un uso politico del grano». Il Ministro della Transizione Ecologica Cingolani ha poi approfondito ulteriormente l’allarme, spiegando come «Le motivazioni alla base della riduzione dei flussi possono essere tecniche ma anche di pressione politica. Ora noi stiamo monitorando costantemente con gli operatori i flussi e se dovesse trattarsi di una cosa contingente, di uno o due giorni, allora l’emergenza rientra. Se invece dovesse rientrare in una dimensione stabile, per metà della settimana prossima, abbiamo tutti i nostri operatori pronti ad intervenire».