ALLARME ONU SULLA GUERRA IN UCRAINA

«L’impatto della guerra in Ucraina sulla sicurezza alimentare, l’energia e la finanza è sistemico, grave e sta accelerando. Dobbiamo agire ora per salvare vite e mezzi di sussistenza nei prossimi mesi e anni»: è l’appello apparso su Twitter del segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres. Il rischio sistemico di una crisi globale, di una terza guerra mondiale dicono alcuni, è purtroppo davanti agli occhi praticamente su tutti i temi caldi del conflitto in Ucraina.



«Ci vorrà un’azione globale per risolvere questa crisi. Dobbiamo iniziare oggi», ha aggiunto il n.1 delle Nazioni Unite, impegnato nelle difficili trattative sullo sblocco del grano nei porti ucraini. Dopo l’annuncio di Turchia e Russia (oggi l’incontro Lavrov-Cavusoglu) sull’accordo di massima per sbloccare l’impasse, dall’Ucraina viene smentito tutto: «Nessun accordo concreto è stato raggiunto nell’incontro di Ankara tra i rappresentanti di Russia e Turchia», è l’annuncio fatto in un briefing l’ambasciatore ucraino in Turchia Vasyl Bodnar, «Ora attendiamo con impazienza la comunicazione tra la parte ucraina e quella turca per trovare un terreno comune». Davanti alla possibilità di riprendere i negoziati di pace con Mosca, fa sapere invece ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, al momento le condizioni non sembrano propizie: «La Russia afferma che la richiesta del presidente Zelensky di ritirarsi dietro la linea del 24 febbraio ‘non è seria’. Questo dimostra che Mosca rimane concentrata sulla guerra, non sulla diplomazia, e invia un chiaro messaggio al mondo: il percorso della Russia verso il tavolo dei negoziati passa attraverso le sconfitte sul campo di battaglia». Replica immediata dal Cremlino, con il portavoce che alla Tass afferma «Al momento non è in discussione un possibile incontro tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky». Nel frattempo continua la guerra senza soste nel Donbass: nel pomeriggio un raid russo ha colpito Bakhmut, nella regione di Donetsk, distruggendo una scuola: «Gli occupanti hanno sparato sulla città in mattinata. I proiettili russi hanno colpito un istituto scolastico e un edificio amministrativo dove risiedevano diverse persone», denuncia il ministero dell’Interno ucraino sul proprio canale Telegram.



LA GUERRA A SEVERODONETSK: CAOS DONBASS, PARLA ZELENSKY

Severodonetsk è la “nuova” Mariupol: dopo 105 giorni di rischio costante di una terza guerra mondiale di portata ben più ampia del conflitto in atto tra Ucraina e Russia, la città simbolo della regione del Lugansk (nel Donbass) nel giro di pochi giorni è divenuta una città spettrale dove i combattimenti nelle strade fanno il contraltare alla distruzione degli edifici.

Nell’avanzare lungo il Donbass, le forze russe la scorsa notte hanno bombardato diverse strutture tra Severodonetsk e Rubizhne, arrivando a distruggere due ospedali nonostante su di uno di essi fosse stata dipinta una grande croce rossa: lo ha rivelato l’esercito ucraino, citando le nuove immagini satellitari scattate da Maxar Technologies e pubblicate dalla Cnn. «Nella direzione di Severodonetsk l’esercito di Kiev sta frenando all’assalto delle truppe russe, i combattimenti continuano. Anche il tentativo di prendere il controllo delle vicine città di Toshkivka e Ustinivka è stato respinto», spiega lo Stato maggiore delle forze armate ucraine all’agenzia Unian. Non solo Severodonetsk, nelle ultime ore bombardamenti russi sono stati segnalati verso Avdiivka, Novopavlivska e Zaporizhzhia, ma anche a Pisky, Lubomyrivka, Avdiivka, Novobahmutivka, Orikhiv, Komyshuvakha, Vodiane, Pervomaiske, Marinka, Opytne. Al netto del forcing forse “finale” della Russia in Ucraina, il capo militare regionale del Lugansk Sergiy Gaidai, citato dal Guardian, considera che «Nessuno si arrenderà a Severodonetsk. I russi vogliono catturare la città entro il 10 giugno. Si stanno svolgendo feroci battaglie, i nostri difensori stanno combattendo per ogni centimetro della città. I russi non controllano la strada Lysychansk-Bakhmut, ma sparano pesantemente. Noi non usiamo questa strada, è troppo pericolosa. Le truppe russe progettano nuovamente di attraversare il fiume Seversky Donets per creare una testa di ponte per l’offensiva». Secondo il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, «Per l’Ucraina quello che verrà sarà l’inverno più difficile. Non venderemo il nostro gas e il nostro carbone all’estero perché tutta la produzione sarà destinata alla domanda interna per i nostri cittadini», ha spiegato allarmato nel suo ultimo video su Telegram.



RUSSIA VS OCCIDENTE, LA TERZA GUERRA MONDIALE SU UCRAINA E GRANO

Dallo scontro sul terreno all’abisso di distanza nelle posizioni di Russia e Occidente in merito al rischio di una terza guerra mondiale nell’Est dell’Europa: i negoziati «stanno a zero», come ha detto ieri Zelensky rispondendo a tono all’accusa del Cremlino contro Kiev di star evitando i colloqui di pace volendo a tutti i costi la guerra.

Le situazioni poi di energia e grano non aiutano a rendere lo scontro a distanza tra Mosca, Kiev e l’Occidente più “controllabile”: oggi ad Ankara si terrà l’importante incontro tra ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e l’omologo turco Mevlut Cavusoglu. Sul tavolo, le esportazioni del grano dall’Ucraina e il bilaterale Russia-Turchia su questioni regionali: è inevitabile però che si parlerà anche di possibili negoziazioni da condurre con Kiev nelle prossime settimane. Al momento, spiegano le agenzie internazionali, l’argomento dei negoziati odierni in Turchia sarà lo sblocco delle forniture di grano ucraino attraverso i porti sul Mar Nero a Odessa. Sempre per confermare come i rapporti al momento siano prossimi allo “zero” tra Mosca e Kiev – ma in generale con tutto l’Occidente, vedendo le ultime dichiarazioni al vetriolo dell’ex Presidente Medvedev – dal Ministero della Difesa russo giunge l’accusa netta anche sul grano contro l’Ucraina: «I combattenti ucraini hanno intenzionalmente bruciato un grande granaio nel porto di Mariupol, nella regione di Donetsk, distruggendo oltre 50 mila tonnellate di grano. Terrorismo alimentare, che Kiev compie contro il suo stesso popolo».