In vigore da ieri, il nuovo Dpcm impone il divieto dal 21 dicembre al 6 gennaio di spostarsi fra le regioni, vietato spostarsi fra i comuni il 25 dicembre, il 26 dicembre e il primo gennaio. Fanno eccezione solo gli spostamenti per motivi d’urgenza e di salute e il ritorno al proprio indirizzo di domicilio o di residenza. Coprifuoco dalle 22 alle 5 fino all’Epifania, dalle 22 alle 7 il giorno di Capodanno. Negozi aperti fino alle 21 fino al 6 gennaio. La riapertura delle scuole, già preannunciata, ci sarà il 7 gennaio, anche per le superiori, con didattica in presenza per il 75% degli studenti. Commentiamo lo scenario, i numeri, le curve e le prospettive future con Paolo Berta, ricercatore di statistica nel dipartimento di Statistica e metodi quantitativi dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Come commenta il nuovo Dpcm?
Se è concessa una battuta e se dovessi trovare uno slogan per questo Dpcm, direi che potremo comprare i regali, ma non consegnarli. Purtroppo questo ennesimo Dpcm è una rappresentazione della visione della politica in rapporto ai cittadini a cui ci stiamo ormai abituando.
Cioè?
Una politica che, come ha detto qualcuno, si sta infantilizzando in risposta ai comportamenti infantili dei cittadini.
A cosa si riferisce?
Abbiamo visto tutti le immagini dell’apertura del centro commerciale a Roma o della domenica a Milano e a Torino. Abbiamo assistito alla discussione stucchevole sulla riapertura delle piste da sci quando nell’ultima settimana soltanto abbiamo contato 5mila decessi, più di 900 solo ieri: sono numeri incredibili. Voglio dire che a forza di concentrarsi su aspetti micro, la conseguenza è un eccesso normativo che poi diventa anche discriminante per i cittadini.
Quale sarà secondo lei l’impatto del nuovo Dpcm?
Da un punto di vista epidemiologico è ovvio che se si limitano gli spostamenti la curva rallenta, manca però un disegno complessivo. L’ennesima limitazione allo spostamento fra i comuni, ad esempio, mi pare una norma iniqua. Chi vive a Milano può anche spostarsi di 20 km, mentre chi abita nelle migliaia di comuni piccoli che compongono l’Italia ha una libertà decisamente più limitata. Mi pare si stia procedendo per tentativi: non ci siamo preparati per la seconda ondata e, allo stesso modo, non c’è stato un disegno politico per affrontare i numeri che, anche a livello economico, questa ondata avrebbe causato.
Entriamo proprio nel merito dei numeri. Cosa ci dicono oggi?
Quello che abbiamo osservato dalla prima ondata è che esistono tre step: prima si alza la cura dei contagi, dopo una decina di giorni si alza la curva dei ricoveri, dopo 3-4 giorni ancora si alza la curva delle terapie intensive e infine quella dei decessi. Ora stiamo vedendo l’ultima fase dell’incremento delle curve, quella dei decessi, chiaramente la più drammatica. La contiamo sempre in termini di numeri, ma dietro ci sono persone, famiglie, lutti.
Dove ci troviamo?
Se guardiamo le curve dei ricoveri, queste sono tendenzialmente in calo. Si sta alleggerendo la pressione sul sistema sanitario, ma non ancora la curva dei decessi, che purtroppo è l’ultima a scendere. Nel complesso in questa seconda ondata parliamo di oltre 20mila morti, e per qualche giorno ancora ci aspettiamo di dover osservare numeri drammatici.
Il picco quindi lo abbiamo raggiunto?
Il picco ha a che fare con l’appiattimento della curva e noi siamo già oltre il picco. I numeri adesso stanno evidenziando una discesa, per cui siamo nella fase calante e probabilmente la stiamo superando. Il problema è che ci sarà la terza ondata, questa non è una previsione, ma una certezza. Ed è strettamente legata all’apertura delle scuole superiori.
Ci dica di più.
Il decreto parla di una riapertura delle scuole a gennaio. Sarà il momento in cui probabilmente, se saremo bravi nel periodo natalizio, si tornerà a osservare un incremento dei contagi. È esattamente quello che è successo a fine settembre, nel momento in cui il servizio scolastico e quelli ad esso correlati sono ripartiti al 100%: poco dopo sono ripartiti anche i contagi. Dovremmo programmare per tempo, essendo certo che ci sarà una terza ondata.
Una terza ondata che convivrà auspicabilmente con l’arrivo del vaccino. Che dinamiche potrà avere?
Difficile da prevedere, dipende dalle misure di contenimento che saranno adottate. Nel momento in cui si è smesso coi piccoli decreti e i coprifuoco e si sono create le zone rosse è stata interrotta la catena del contagio e la curva ha iniziato a flettere. Le misure che saranno adottate determineranno quanto sarà impattante la terza ondata, da un punto di vista economico oltre che sanitario.
Il vaccino sarà una soluzione?
Il vaccino sarà la soluzione, e a tal proposito è stupefacente che non ci sia una chiara linea di priorità: chi vaccinare prima e in quanto tempo vaccinarlo. Su questo sono d’accordo con l’ex presidente dell’Agenzia spaziale Battiston, che tra il vaccinare prima 3 milioni di liceali o 20 milioni di over 50 è preferibile vaccinare i ragazzi. Chiaramente con priorità al personale sanitario e alle persone fragili che non possono muoversi, ma prima di iniziare con gli anziani sarebbe preferibile vaccinare i ragazzi: parliamo di numeri molto più bassi, e i ragazzi sono la principale fonte del contagio in famiglia.
Difficile prevedere che tipo di andamento avremo quando entrerà in ballo il vaccino?
Ogni previsione qui sarebbe come lanciare una moneta. Quello che sappiamo è che se questo virus è lasciato libero di circolare ha un livello di contagiosità talmente alto da diffondersi così rapidamente da mettere in crisi il sistema sanitario, quindi è necessario operare per tempo e adottare misure che riducano gli spostamenti.
Quali sono le tendenze dei numeri nelle regioni, pensando alle terapie intensive e alla saturazione degli ospedali?
Non ho il quadro di tutte le regioni, quello che posso dire rispetto alla Lombardia è che la curva sta decrescendo. Se le riaperture che avremo nelle prossime settimane non ritorneranno a far crescere in modo immediato il livello del contagio dovremo aspettarci che pian piano anche la pressione del sistema sanitario tenda ad alleggerirsi.
Il numero dei decessi invece quando inizierà a calare?
Ci sarà da aspettare ancora almeno una settimana per poter osservare una riduzione sensibile.
Verosimile, come è stato detto, che il 7 gennaio tutte le regioni italiane saranno in zona gialla?
Credo che non ci sia previsione che si possa fare oggi sulla diffusione del contagio tra un mese. Noi sappiamo che molte regioni passeranno dal rosso all’arancione e dall’arancione al giallo e che di conseguenza aumenterà la circolazione delle persone. Bisognerà capire se in questo periodo di ristrettezze siamo riusciti a interrompere la catena del contagio e quindi abbiamo guadagnato un respiro per il prossimo mese che ci consentirà di arrivare al 7 gennaio tranquilli. O se in realtà i movimenti che ci saranno nei prossimi giorni e settimane torneranno a far crescere la curva dei contagi.
Quello che pare chiaro è che un effetto reale l’hanno solo i provvedimenti rigidi.
Questo è evidente, lo dicono i numeri della seconda ondata. Un’altra cosa che secondo me va ricordata è che sono state sufficienti, almeno per le regioni più colpite, misure di contenimento certamente forti, sì, ma meno forti del lockdown di marzo per riuscire comunque a interrompere la catena del contagio. E questa secondo me è una notizia positiva, l’unica forse di questa seconda ondata.
(Emanuela Giacca)