Il Forum del Terzo settore ha redatto un Manifesto che rappresenta senza dubbio una forte spinta al cambiamento del sistema di welfare del nostro Paese, che risulta ancora fortemente incentrato sulla “protezione” delle persone e continua a dimostrarsi di scarsa efficacia. È un sistema che deve, quindi, essere progressivamente sostituito da un modello inclusivo basato sul riconoscimento dei diritti e tendere a sostenere una logica complessiva di cambiamento, partendo dalla consapevolezza delle vecchie e nuove criticità, ma anche valorizzando le tante buone prassi e quelle promettenti che soprattutto il Terzo settore è stato in grado di esprimere, anche nelle situazioni di massima criticità ed emergenzialità.
È proprio a fronte della situazione creatasi dal Covid, v’è l’esigenza primaria di sviluppare un sistema socio-sanitario integrato, esteso e omogeneo lungo tutto il territorio nazionale, generalizzato nei vari ambiti, che garantisca appropriatezza, persistenza e continuità nel tempo, legato in modo esplicito a Lea (Livelli essenziali di assistenza) sanitari e Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) sociali, così come alla dimensione culturale, sportiva ed educativa. Fondamentale sarà l’attenzione con cui, nell’indicare gli obiettivi e allocare e distribuire le risorse, a livello centrale, regionale e locale, saranno declinati i criteri di attuazione e fornite le indicazioni operative alle quali i vari soggetti attuatori dovranno obbligatoriamente fare riferimento, per superare la difficoltà in cui ci troviamo a gestire le risorse del Pnrr. Per far sì che i soggetti pubblici tenuti a dare concreta attuazione sul territorio non possano, in alcun modo, avere incertezze organizzative, operative o legate a scarse o insufficienti risorse, mettere in atto diversificate interpretazioni attuative, né, tantomeno, conseguire ritardi nella messa a terra dei previsti interventi per prestazioni e servizi.
Si rende necessario rivedere l’intero sistema di governance e le connessioni tra i vari soggetti deputati a garantire un welfare efficace in termini di sussidiarietà orizzontale e verticale, così come previsto dalla Carta costituzionale, e in grado di incidere in modo significativo nella vita materiale, anche in termini di qualità, delle persone a cui i servizi, le attività, gli interventi e le prestazioni sono destinati.
La valutazione di impatto sociale deve divenire una costante per rilevare i concreti effetti delle politiche sulla vita delle persone e sul miglioramento delle comunità, riallineare le interazioni tra i vari ambiti che compongono il variegato e articolato sistema di welfare, a partire dal sanitario e sociale, rendendole stabili e continuative. Le dimensioni sulle quali intervenire, simultaneamente, per innescare un cambiamento di struttura e costruire dei veri ed efficaci sistemi integrati di servizi possono essere riassunte in dimensione istituzionale – dimensione programmatoria e direzionale – dimensione interprofessionale – dimensione gestionale e organizzativa. Diversamente le varie voci del welfare come creare le condizioni per la parità di genere (nelle proprie dimensioni sociali, lavorative, familiari, ecc.), creare le condizioni perché i giovani siano valorizzati (nella loro crescita personale, di istruzione, professionale, ecc.), creare le condizioni per superare i divari territoriali (non solo tra Nord e Sud, anche se il 40% delle risorse territorializzabili del Pnrr sono destinate al Mezzogiorno), non potranno essere realizzate senza un ampio quadro programmatorio che, insieme alle previsioni del Pnrr, può concorrere a delineare e attuare una grande e complessiva riforma dell’attuale sistema di welfare, alla quale definizione e attuazione il Terzo settore deve attivamente contribuire.
Peraltro la missione della stessa riforma del Terzo settore è funzionale per perseguire il bene comune, elevare i livelli di cittadinanza attiva, rafforzare la coesione e protezione sociale, favorire la partecipazione nonché l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, valorizzandone il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, avendo come riferimento un approccio fondato sui diritti umani.
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