SERIE A – Ventisei e venticinque punti: Milan e Lazio provano a scavare il primo fossato in campionato. La domenica si è aperta e si è chiusa con i due risultati che hanno confermato la gerarchia in classifica permettendo l’allungo visto che, in entrambi i casi, si trattava di scontri diretti, potenzialmente critici. Quello della Lazio perché contro il Napoli, imbattuto in trasferta e oggettivamente in ottima forma. Quello del Milan perché trattavasi di derby, sempre sottilmente pericoloso anche contro un’Inter non al meglio. Due ostacoli aggirati con personalità. La Lazio lo ha fatto buttandosi alle spalle le due sconfitte consecutive (derby con la Roma e Cesena) e ribadendo le eccellenti qualità psicologiche di Edy Reja: in settimana ha preso da parte Zarate, gli ha sussurrato un paio di cosette e l’argentino è stato decisivo. Il Milan lo ha invece fatto centrando la terza vittoria consecutiva (settima nelle ultime otto partite) e giocando l’ultima mezz’ora con un un uomo in meno.

E questo è forse l’unico appunto da muovere a Max Allegri, quello di non aver tolto Abate – ammonito a inizio partita e a rischio scatto di nervi – quando avrebbe dovuto opportunamente farlo, per evitare ai suoi l’uomo in meno. Ma è la sola sbavatura di una serata perfetta come mentalità e assetto: squadra corta, coperta e pronta ad aggredire. L’ennesima promozione del modulo “a tutto mediano” e la giubilazione definitiva di Ronaldinho e degli equivoci tattici connessi al suo impiego.

E il controcanto del primato Milan è rappresentato dall’eclissarsi dell’Inter. Certo, ci sono gli infortuni a fornire una giustificazione teoricamente solida, insieme con la realtà di una squadra che appare più spremuta del dovuto. E non è un caso che Rafa Benitez invochi gli acquisti che non sono arrivati in estate: l’Inter è bisognosa di correzioni, soprattutto di alternative credibili ai titolari assenti. Ma occorre anche parlare di una squadra che, nel derby, è apparsa incapace di fare del male al Milan: aggressività zero, idee annebbiate e pericoli ridotti al minimo una volta emarginato Eto’o. La prima sconfitta dopo 46 partite utili in casa e i rossoneri lontani sei punti sono l’ulteriore colpo al cuore per le vedove di Josè Mourinho.

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Ultimo passaggio dedicato alla Nazionale. Test amichevole con la Romania mercoledì a Klagenfurt e Cesare Prandelli ribadisce il suo atteggiamento: apertura totale alle proposte del campionato senza preclusioni alcune. Così si vede Federico Balzaretti, con cui il ct aveva avuto un rapporto non lineare alla Fiorentina. Così si vede Cristian Ledesma, meritato riconoscimento alla forma della Lazio e alla ricchezza che può essere rappresentata dagli oriundi. E poi Davide Astori, Andrea Ranocchia, Davide Santon, Alessandro Diamanti, il ritorno di Alberto Aquilani. I problemi, però, cominciano a farsi seri in attacco. Si sta risvegliando Alberto Gilardino, è vero, ma Giampaolo Pazzini è in cirsi e si ha la netta impressione della mancanza di un centravanti che possa fare la differenza. Per carità, Fabio Capello ha ripescato in Inghilterra il carneade Jay Bothroyd (fugace apparizione al Perugia e oggi fenomeno nel Cardiff, seconda divisione inglese…), ma all’Italia serve una prima punta di peso, soprattutto ora che i piani del ct sono stati stravolti dal caso-Cassano: il sampdoriano avrebbe dovuto essere il punto fisso del tridente insieme con Balotelli. Ora resta soltanto quest’ultimo ed è eccessivo assegnargli il ruolo di salvatore della patria.