Uno aveva promesso che sarebbe stato decisivo, l’altro era stato pronosticato decisivo. Ha vinto il secondo, per interposta persona. Lui, lui e l’altro. Vale a dire: Zlatan Ibrahimovic, Pippo Inzaghi e José Mourinho. Lo svedese, bontà sua, era uscito alla scoperto: basta con deludenti prestazioni europee, questa volta non sbaglio. Detto, non fatto. Anche contro il Real Madrid è stato il malinconico Ibrahimovic di coppa. Il fratello gemello (sfigato) di quello che – spesso e volentieri – fa la differenza in campionato. Mourinho, uno che invece ci vede lungo (per furbizia e per innegabile bravura), aveva alzato il muro dell’attenzione intorno a Inzaghi. E a San Siro ne è stato – purtroppo per lui – ripagato: doppietta dell’inossidabile centravanti e Milan che, per un soffio, non completa la clamorosa rimonta che avrebbe significato un bel passo avanti verso la qualificazione di Champions League.
Niente di tutto questo. Anzi, doverosi ringraziamenti all’Auxerre che, battendo l’Ajax, ha impedito agli olandesi di effettuare il sorpasso in classifica al secondo posto. E applausi a Inzaghi: settanta reti nelle coppe europee significano non solo superare Gerd Muller e riallontanare Raul. Valgono un primato solitario che conduce dritti dritti nella storia del calcio, e non unicamente quello continentale.
E se al Milan è mancato poco per riprendere fiducia dopo le botte tra Madrid e Juventus, all’Inter è bastato altrettanto poco per scardinare le certezze fin qui acquisite. Il fallimento in casa del Tottenham ha del clamoroso sotto l’aspetto tattico e della personalità. Tattico perché la squadra ha concesso spazi che la versione mouriniana si sarebbe ben guardata dall’offrire: la volata del magnifico Gareth Bale per il terzo gol ne è la massima esemplificazione. Della personalità perché prendere sei reti in 180 minuti da una squadra tecnicamente sì dotata come il Tottenham, ma di certo non facente parte dell’elite continentale, è fragororissimo campanello d’allarme.
E per fortuna c’è stata anche un vittoria in una Champions sempre avara verso le italiane. La Roma, in un sol colpo, si vendica del Basilea e si riporta in una situazione più rassicurante di classifica. Un successo che serviva come l’aria in una casa giallorossa alle prese con una complicata transizione padronale, con uno spogliatoio attraversato da mille spifferi e con un campionato tutt’altro che esaltante. E reso ancor più deprimente dal primato della Lazio. Una vittoria necessaria per rilanciarsi in Europa, con riflessi immediati sull’Italia: domenica c’è il derby.