C’era tutto, ma davvero tutto, per rendere sabato 18 dicembre indimenticabile: la sconfitta del Milan contro la Roma, che riapre i giochi in campionato; il 3-0 sul Mazembe che riporta la squadra sul tetto del mondo dopo 45 anni. Niente. L’Inter è speciale com’era speciale il suo penultimo allenatore. Riesce a rovinare anche i momenti felici. Due esempi: Massimo Moratti che contatta José Mourinho mentre Roberto Mancini sta conquistando lo scudetto 2008, lo stesso Mourinho che si congeda nella notte della Champions League, corredata dai mal di pancia di Diego Milito. E così il presidente nerazzurro, più che celebrare il quinto trofeo di un 2010 indimenticabile e raggiungere papà Angelo conquistando l’unica vittoria che mancava, si trova a dover gestire una situazione interna che si potrebbe presto trasformare da delicata in insostenibile.
Questo perché il dopopartita di Abu Dhabi è stato una spumeggiante corsa tra chi aveva maggiormente da recriminare. Ecco quindi Rafa Benitez ributtare fuori tutti i bocconi amari finora ingeriti, per le critiche tecniche, per l’accusa di aver rotto i giocatori, per i risultati insoddisfacenti. Ma non solo, perché al coro si univano Dejan Stankovic, arrabbiato per non essere partito titolare, e Marco Materazzi, furibondo per non essere stato utilizzato neppure per un minuto tra semifinale e finale. E quindi: attacco conclamato dell’allenatore alla proprietà («I giocatori sono spremuti fisicamente e mentalmente: per questo si rompono. Ora arrivino rinforzi oppure parlino con il mio procuratore») e conferma della rottura tra la vecchia guardia e lo spagnolo, avviata già da alcune clamorose ribellioni in campo che aveva fatto nascere il sospetto di un eccesso di arrendevolezza nel gestire lo spogliatoio.
Fuochi d’artificio che hanno immediatamente azzerato il buon umore di Moratti, facendogli inarcare un sopracciglio di disappunto. Ma la conferma di come la polemica covasse sotto la cenere e che il successo nel Mondiale del Club ha portato alla luce in tutto il suo rancore. Sorprendente? Tutt’altro, specie perché Benitez si era sentito – con buone ragioni – delegittimato dai suoi stessi dirigenti. E ha ripetuto ad alta voce quanto aveva pensato a inizio stagione: catapultato sulla panchina più difficile da gestire, dopo anni di successi continui e dopo l’uragano Mourinho, e costretto a vivere la transizione affidandosi su un gruppo logoro nei muscoli, appagato nella testa e privo di eventuali fedelissimi che Benitez avrebbe voluto e la società gli ha prontamente negato. Vendendo, per di più, quel Mario Balotelli che avrebbe potuto rivelarsi utilissimo, soprattutto dopo il divorzio dallo Special One.
E ora? Ora tutto è possibile, dopo lo sfogo di Benitez e dopo la reazione stizzita di Moratti. Può essere tregua armata, come cacciata dopo la prima sconfitta in campionato, come licenziamento immediato. Ci saranno un viaggio di ritorno in Italia per pensarci e la pausa di Natale per sedimentare malumori e costruire ragionamenti. E sabato 18 dicembre resta comunque da ricordare, nel bene come nel male.