CHAMPIONS MILAN, INTER, ROMA -Cominciamo pure a preoccuparci. Se questo dev’essere l’anno della rimonta sulla Germania nel ranking Uefa (per riprenderci il quarto posto nella Champions 2012), l’inizio non è dei migliori. Anzi, meglio dire la continuazione piuttosto che l’inizio perché, nel nostro duello diretto contro chi ci ha scalzati dal podio, continuiamo a incassare batoste. In agosto l’eliminazione della Sampdoria nei preliminari per mano dell’incostante Werder Brema e, nel primo turno della fase a gironi, il bis concesso dalla Roma in casa del Bayern. Futuro grigio nella manifestazione-vetrina (e da incassi sicuri) del calcio europeo. Come grigio appare il futuro immediato della Roma medesima. La squadra giallorossa si è infilata in una fase involutiva quando pensava di aver svoltato con gli ultimi colpi di mercato. Proprio questi hanno tradito: Burdisso protagonista in negativo con il ginocchio aperto a Cagliari al povero Conti (e squadra lasciata in dieci); Borriello finora anonimo in attacco. Una situazione aggravata dall’assenteismo di Totti, quello che dovrebbe essere il punto di riferimento della squadra che, anche a Monaco, s’è trasformato in un peso inerte. Squadra distratta dalle vicende del club? Diciamo piuttosto ambiente in fibrillazione, tra spogliatoio non granitico, Ranieri non sicuro e leader non autorevoli: il remake di quanto visto all’inizio dell’ultima stagione. Un remake che non riesce all’Inter. Che la transizione Mourinho-Benitez sarebbe stata complicata, lo si poteva immaginare. Ma che la squadra si ritrovasse friabile, dopo aver fatto della difesa il punto di forza, questo proprio no. Invece, tranne che nell’impegno di Bologna, i nerazzurri hanno sempre incassato gol nelle partite ufficiali, a conferma di un equilibrio da ritrovare (e stavolta ci ha pensato il Twente, modesto campione d’Olanda). E c’è da ritrovare Milito, oggi bomber tutt’altro che implacabile.

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E se sabato hanno riso gli interisti, come sottolineato da Massimo Moratti, la Champions League ha riportato il sereno al Milan, dopo la botta (più sul piano della personalità che su quello del gioco) incassata a Cesena. Soprattutto ha finalmente portato le reti di Zlatan Ibrahimovic. Lo svedese si sta rivelando l’uomo che mancava tra i rossoneri: quello capace di creare superiorità numerica portando su di sé l’attenzione dei difensori, quello in grado di aprire le retroguardie altrui con la sola presenza fisica. Lo si è visto contro l’Auxerre, al di là della doppietta. Con lui in campo tutta la prima linea acquista fiducia, unita a una confortante prova atletica (mai vista certa gente – Ronaldinho, per fare un nome – correre così veloce). E se la difesa continua a essere un punto interrogativo, visto come ha faticato contro i resistibili francesi, Max Allegri potrà attendere con relativa tranquillità la guarigione di Ambrosini: Boateng s’è dimostrato già pronto per una maglia da titolare a centrocampo. E non è poco.