CALCIO – Anche Marco Giampaolo cade sotto i colpi delle scelte societarie: non licenziamento ma rescissione consensuale dal Catania, causata da problemi di difficile risoluzione all’interno dello spogliatoio – e aumentati da un ambiente in perenne fermento – più che da un deficit di classifica. Sesto cambio di panchina in stagione, con ricorso a una soluzione classica, percorsa quando si deve scegliere tra guida tecnica e giocatori: paga sempre l’allenatore perché, come amano ripetere i dirigenti “non si può cambiare tutti”. Peccato che, al tempo stesso, non si chiedano pure chi li ha scelti in estate… Un aspetto, quello dell’inamovibilità della squadra, da analizzare soprattutto a livello psicologico.
E’ innegabile che, a volte, la debolezza sia così intrinseca da sperare nello stellone del nuovo allenatore. Ma è altrettanto innegabile come, a volte, basti la cosiddetta “scossa” a ridare vigore a giocatori apparsi improvvisamente imbolsiti. Prendete l’Inter, per esempio, la cui resurrezione non può essere attribuita unicamente alle idee e al tatto di Leonardo: manca la controprova, ma è netta la sensazione che gran parte dei nerazzurri non fossero disposti a immolarsi per il bene di Rafa Benitez, soprattutto quando lo spagnolo si è ritrovato abbandonato persino dalla società. Ma prendete anche il Cagliari, dove il lavoro di Roberto Donadoni sta offrendo frutti eccellenti. Massimo Cellino ha avuto coraggio a rilanciare un tecnico bruciato dalle esperienze negative con l’Italia e con il Napoli. Donadoni stesso ha avuto coraggio a scegliere una piazza tutt’altro che semplice per ripartire. A Cagliari ha adoperato buon senso e acume tattico. Il buon senso è stato quello con cui ha ridato fiducia a giocatori sballottati tra risultati negativi e decisioni anche violente da parte della proprietà: Marchetti retrocesso dalla Nazionale a terzo portiere rossoblù, il tentativo di far fuori elementi storici quali Conti e Agostini. L’acume tattico è stato quello di non stravolgere un impianto di gioco conosciuto dalla squadra e tornato efficace una volta recuperata la fiducia, in cui il tecnico ha saputo ruotare anche gli attaccanti ritrovando Acquafresca e rilanciando Matri. Risultato? Quindici punti in otto partite, corredati da tredici gol. A far da contraltare, il Genoa. Qui l’errore è stato quello di non interrompere a fine stagione un rapporto che stava mostrando i segni del tempo: quello tra Enrico Preziosi e Gianpiero Gasperini. Il tecnico aveva già dato segni d’insofferenza nell’ultimo campionato, sono stati amplificati quando si è ritrovato con l’ennesima rivoluzione estiva al mercato. I risultati negativi hanno fatto il resto anche se, in verità, il presidente aveva già deciso per il licenziamento dopo la sconfitta interna contro il Chievo alla seconda giornata. Il cambio in panchina è giunto dopo altre otto partite con esiti che, al momento, sono in controtendenza rispetto a Cagliari.
CALCIO WALZER ALLENATORI CONTINUA CLICCA QUI SOTTO
Per Davide Ballardini appena dodici punti in nove gare. Il nuovo allenatore ha tentato di dare la sua impronta alla squadra (il definitivo approdo alla difesa a quattro, per esempio), ma ha cozzato contro i problemi che hanno affondato il predecessore: portiere insicuro, difesa perforabile, centrocampo di scarso peso, attacco poco penetrante, problemi fisici vari. Su tutto incombe, poi, la rivoluzione di mercato che sta stravolgendo la squadra aggravando una situazione che ha scosso i nervi dello stesso Ballardini (uno etichettato – per le scelte passate – come “aziendalista”), fino al punto di contestare le mosse della società ("Vanno via i giocatori esperti, arrivano giovani interessanti ma non ancora pronti"): non si capisce dove inizi il possibile rafforzamento della squadra e dove finisca la movimentazione di risorse. Esattamente il contrario di ciò che Cellino sta facendo a Cagliari, aiutando così il lavoro di Donadoni. E non è poco.