«Un uomo da solo non può cambiare una stagione», sostiene Beppe Marotta. Ma, certamente, può aiutare tantissimo, visto che il direttore generale si riferiva al mancato arrivo di Giampaolo Pazzini alla Juventus. E quanto possa incidere un giocatore soltanto lo ha mostrato – nell’immediato – proprio il nuovo centravanti dell’Inter. Prestazione devastante non appena Leonardo l’ha buttato in campo per rimettere in sesto la partita contro il Palermo: due reti più il rigore procurato, impossibile chiedere di più. Ma quella evidenziata da Pazzini è una tendenza che sta caratterizzando il campionato italiano. Un campionato deciso maggiormente dai singoli che dai sistemi di gioco o dalla compattezza delle squadre. E accade a tutti i livelli, come mostra l’ultima giornata, che va dalla tripletta di Cavani alle doppiette di Pellissier e Matri. Giocatori che possono decidere grandi e piccoli destini, come può essere un piazzamento in zona Champions League oppure una salvezza tranquilla.
Ed è l’intuizione che ha finora costruito le fortune del Milan, fin dal giorno in cui si è assicurato Zlatan Ibrahimovic, uno dei pochi fuoriclasse in grado di indirizzare (da solo) il destino di un campionato intero. Lui è la punta di diamante di un gruppo che – in prima linea – ha altri solisti di altissimo livello, come si sta rivelando essere Robinho, come sta tornando a essere Pato, come dovrebbe essere Cassano. Una strada che obbligatoriamente intraprenderà anche l’Inter targata Leonardo. Una squadra che non ha più la compattezza granitica della versione firmata da José Mourinho, come hanno portato alla luce le potenzialmente devastanti amnesie messe in evidenza contro il Palermo. Ma una squadra che, in attesa del ritorno di Milito, ha consegnato a Eto’o un compagno di reparto con cui fare la differenza. Pazzini, per l’appunto.
Una tendenza che suona come ennesima bocciatura delle scelte operate in estate, e non solo, dalla Juventus. Certo, è facile farlo oggi a bocce ferme, ma appare ancora più stridente come sia stato errore da matita blu non andare a cercare (pagandolo adeguatamente) il giocatore in grado di fare la differenza da solo. Più che dei rifiuti incassati all’ultimo momento da Borriello e Di Natale, questo avrebbe dovuto essere Edin Dzeko, su cui sarebbe valsa la pena effettuare un investimento unico invece che andare a spendere a pioggia su una squadra sì da rifondare, ma non completamente da rivoluzionare.
Invece per il bosniaco non c’è stata la volontà (o la possibilità?) di piazzare l’affondo decisivo, preferendo poi consolarsi spacciando Milos Krasic come il possibile crac in grado di fare la differenza. La riedizione moderna dell’apologo della volpe e dell’uva, inesorabilmente smentita da una classifica deficitaria e da obiettivi già salutati come Europa League e coppa Italia.