A Milan-Barcellona mancava il brivido dei tre punti: squadre già qualificate, in palio restava il primato del girone. Vincono i catalani, ma non è detto che il secondo posto rossonero diventi un handicap in chiave ottavi, visto l’abbordabile quadro dei primi posti (Bayern e Real Madrid) che si sta delineando nella definizione del tabellone dell’eliminazione diretta. Cade il Milan, ma lo fa nel più degno dei modi, giocandosela alla pari con avversari che (forse) non saranno più stellari come un tempo ma che restano sempre il Barcellona. Ormai Allegri ha trovato l’equilibrio ideale per la squadra, con mezz’ali di qualità (stavolta Seedorf e Aquilani) a supportare il lavoro del centrale di centrocampo. Il gioco sviluppato garantisce quindi continuità alla fase offensiva, senza però dimenticare di curare con attenzione quella difensiva. Contro il Barcellona – è vero – il Milan ha incassato tre reti, ma non si è trattato degli errori madornali offerti con superficialità nella prima fase del campionato.
I rossoneri hanno poi avuto la sfrontatezza e la capacità per mettere in difficoltà gli avversari nel fondamentale da loro più amato, quello del palleggio. Un Milan che conferma la propria crescita complessiva, dopo lo sciagurato inizio di stagione, e che va unirsi alle prove offerte martedì da Napoli e Inter. Perché, al di là della sconfitta rossonera, emerge con chiarezza che il nostro calcio sta cercando di riconquistare posizioni degne in Europa dopo il crollo nel ranking Uefa che ci ha fatto perdere una partecipante alla Champions League. Lo ha evidenziato il Milan contro il Barcellona, dopo la splendida introduzione fatta da Napoli (con il 2-1 che permette il sorpasso in classifica ai danni del City) e dall’Inter (con la qualificazione agli ottavi con un turno di anticipo in un gruppo cominciato con una sconfitta interna proprio contro il Trabznospor).
Calcio italiano che cerca di ritrovare una propria dimensione in un torneo che, a sua volta, dovrebbe presto ritrovare una proprio identità. Michel Platini è fiero di manifestazioni in cui anche club di seconda fila possano giocarsi una possibilità. Però, Apoel Nicosia escluso, non è che l’Europa minore abbia fatto gridare al miracolo. Anzi. Viktoria Plzen e Bate Borisov sono stati a malapena comprimari degni di attenzione, Otelul Galati e Dinamo Zagabria non hanno conquistato un punto in cinque partite e il Genk è riuscito a incassare sette ceffoni (a zero) del Valencia nell’ultima giornata. 

Disparità di qualità e rendimento che una volta erano appannaggio dei primissimi turni. Avere simili squadre nella fase a gironi (lasciandone per strada altre ben più importanti causa assenza di posti oppure cacciata affrettata ai preliminari di Champions), non aiuta né la qualità del torneo né la voglia di crescere di nazioni calcisticamente in ritardo.