Prima di martedì sera Billy Sharp era un perfetto sconosciuto. Sapevano di lui i difensori della Championship, il campionato che apre le porte al paradiso della Premier League. Lo conoscevano come attaccante coraggioso, fisicamente non dotatissimo (lui stesso si definisce ) ma bravo a segnare, anche se si trova oggi in una squadra che naviga ultimissima in classifica. Ma da martedì sera – per l’appunto – Billy Sharp è qualcosa in più di un’ex promessa del pallone, in forza della maglietta mostrata dopo aver segnato un gol, l’ennesimo. Però totalmente inutile per aver ragione del Middlesbrough. Un gesto che i diecimila del Keepmoat Stadium attendevano. Perché sapevano essere l’ultimo di una serie diretta a questa conclusione: la decisione di scendere in campo, la fascia (mai indossata) di capitano, gli applausi alla lettura delle squadre. Il tutto a tre giorni dalla morte di un piccolo appena nato. “Questo è per te figliolo”, la scritta. Quel Luey Jacob che Sharp avrà fatto in tempo ad accarezzare ma non a crescere, perché il destino ha deciso in altro modo per entrambi.
E l’attaccante inglese ha voluto dire sì a questo destino nella maniera a lui più congeniale. Non ha scelto di elaborare il lutto, chiudendosi nel dolore. Ha preferito giocare e non perché – come molti amano dire – “suo figlio avrebbe voluto così”. Ma perché il modo opportuno e degno di ricordare qualcuno che non c’è più è compiere bene il proprio dovere, fino in fondo e nella circostanza in cui si è chiamati a rispondere, secondo quanto si è capaci di fare. E la circostanza di Billy Sharp era una partita di pallone. Meglio ancora se corredata da un gol, come poi è capitato. Perché è attraverso la bellezza e la semplicità di un gesto che si capisce quando grande sia il destino cui siamo chiamati. L’ha capito papà Billy, fin dal momento in cui ha deciso di scendere in campo. Una scelta che ha colpito il cuore di tante persone, cominciando da compagni e amici, e finendo a tutti quegli sconosciuti che hanno semplicemente postato un twitt o un messaggio. Un moto del cuore come quello che ha travolto papà Simoncelli, dopo aver visto la grande ondata d’affetto sollevata da suo figlio Marco. Una cosa “inimmaginabile”, come ha sottolineato, anche se il suo ragazzo sembrava aver fatto nulla di eclatante per muovere tutto ciò. Ma la scoperta incredibile di come sia possibile il bene anche attraverso una circostanza tragica quale la morte.
Qualcuno ha trovato il tempo per scandalizzarsi (“Ma era una partita…”), fermandosi alla superficie e senza provare a intuire la profondità del gesto. Perché sicuramente Billy Sharp avrebbe voluto raccontare a suo figlio che cosa fosse il calcio, avrebbe voluto palleggiare con lui nel cortile di casa, avrebbe voluto assistere orgoglioso alle sue prime partite: è questa la dinamica naturale per chi vive di pallone. Ma non gli è stato possibile. Però gli è stato concesso di accompagnarlo nel breve cammino dalla nascita alla morte precocissima. E gli è stato concesso di farlo nel modo per lui più bello e giusto: “Il gol di questa sera è stato il più importante della mia vita ed è dedicato al mio bimbo coraggioso, Luey Jacob. Ti amo figlio mio, dormi bene”. Un gesto naturale, commentato con parole semplici. Ma che rimandano oltre la contingenza per lanciare in un rapporto con chi – anche se per poco tempo – ha evidenziato come valga sempre la pena vivere. Ed è questa la grandezza e la consistenza di ciò che unisce Billy Sharp e suo figlio Luey Jacob, al di là della brevità dell’istante.