Dalla porta all’attacco, quattro mosse per provare a spiegare Juventus-Inter. Il posticipo non sarà solo la riproposizione di una delle sfide più polemiche (dal 9-1 con baby Mazzola in campo ai veleni di Calciopoli non ancora metabolizzati) del calcio italiano ma anche un possibile crocevia per entrambe le formazioni. Più per quella bianconera che per quella nerazzurra. L’Inter, da quando è stata affidata a Leonardo in edizione riveduta e ricorrettissima, viaggia su ritmi blaugrana: un eventuale stop potrebbe essere annullato con una semplice scrollata di spalle. La Juventus si è faticosamente rilanciata a Cagliari in un 2011 finora tutt’altro che trascendentale: un passo falso sarebbe quasi mortale per coltivare ambizioni nella corrente stagione. Gli incroci, quindi. A cominciare dalla porta.
Gigi Buffon da una parte Julio Cesar dall’altro, il ritorno di due numeri uno nel senso più genuino e vero del termine. Il bianconero ha dato un calcio ai dubbi emersi sulle sue condizioni fisiche e ai sussurri su una prossima carriera lontano da Torino. Gli sono bastate poche partite per far capire come Storari sia bravo ma lui sia tutt’altra cosa. Un Buffon su cui la Juventus deve costruire il futuro in ogni caso, sia come elemento base della squadra sia come – eventualmente – merce da tradurre in contanti sul mercato. Lui ha fatto capire di essere tutt’altro che usurato, anche Cesare Prandelli ha potuto apprezzare in Nazionale. Identico discorso vale per Julio Cesar: un infortunio di cui si non vedeva la parole fine, i dubbi che avevano spinto a ipotizzare un avvento anticipato di Viviano, ora parcheggiato al Bologna. Illazioni che il brasiliano ha azzerato in una manciata di presenze esaltanti, con il gioiello del rigore parato a Pastore e che ha bloccato una fuga del Palermo che sarebbe stata quasi impossibile annullare. In difesa, su fronti opposti, i gemelli che avevano decretato le fortune del Bari targato Giampiero Ventura (un’assenza che oggi in Puglia toccano dolorosamente con mano). Leonardo Bonucci e Andrea Ranocchia sono il domani del calcio italiano, che il Prandelli appena citato non ha esitato a schierare in coppia in un’amichevole tutt’altro che semplice contro la Germania. Sul primo ha scommesso la Juventus, per il secondo ha deciso di accelerare i tempi l’Inter causa infortuni a catena dei titolari. Giovani, bravi e consapevoli dei propri mezzi, fisici e tecnici: due speranze che devono tramutarsi in certezze.
A centrocampo, poi, è singolare la storia di Felipe Melo e Thiago Motta. Nati in Brasile, il primo ha provato a divenire il cardine del centrocampo della Nazionale verdeoro, il secondo avrebbe aspirato a diventarlo ma così non è stato. Ignorato in patria, prova a diventare qualcuno in maglia azzurra, forte anche dell’apertura di credito che l’attuale ct ha concesso agli oriundi. Il primo contatto è stato positivo più per la capacità d’inserirsi nel gruppo che per risultato soddisfacente sul campo. Ma Thiago Motta è giocatore moderno, può diventare qualcosa in più di un esperimento estemporaneo. E la maglia azzurra ha riunito due attaccanti che si sono incrociati sull’asse Milano-Torino.
Giampaolo Pazzini avrebbe potuto diventare il nuovo centravanti della Juventus, non lo è stato perché la Sampdoria non concedeva rateizzazioni alla cifra richiesta. La società bianconera si è forse subito pentita di aver evitato il sacrificio economico, visto l’impatto devastante di Pazzini nell’Inter. Al punto che, per avere Alessandro Matri, alla fine andrà a spendere di più. Ma occorre dire che anche l’ex cagliaritano non ha avuto un inizio malaccio in bianconero, dopo le esitazioni di Palermo. Che possa fare la differenza è ancora tutto da vedere, è invece innegabile che possa dare una mano. E ce n’è grandissimo bisogno, oggi, in casa Juventus.