SERIE A  – Game over? I numeri concedono spazio ancora a qualsiasi ipotesi ma il buon senso induce a pensare che il Milan abbia compiuto il passo decisivo verso lo scudetto numero 18, complice anche una concomitanza di risultati che neppure il più accanito dei tifosi rossoneri avrebbe potuto augurarsi. E ora la classifica pone la squadra di Allegri a +6 sul Napoli e a +8 sull’Inter: a cinque giornate dalla conclusione è un vantaggio di tutto riposo, Usare il termine squadra è obbligatorio perché il Milan è stato questo in più rispetto alle dirette concorrenti. Lo dicono le cifre, oltre ai 71 punti del primato: miglior attacco (59 reti, insieme con l’Udinese) e miglior difesa (23 reti), il segno di un eccellente equilibrio. Ma non solo: il Milan ha anche dimostrato di poter fare a meno dei suoi uomini più rappresentativi nei momenti più significativi. Così, quando tutti lamentavano le squalifiche di Ibrahimovic e i guai fisici di Pato e Nesta, ecco venire fuori presunte seconde linee come Cassano (dato da molti già perso anche in rossonero), Robinho e il tanto irriso Yepes. Milan più bravo anche per i limiti di chi ha cercato di contrastarlo. Il Napoli ha finito per pagare eccessivamente la dipendenza dal trio Lavezzi-Hamsik-Cavani: quando questi non girano, il resto della squadra non riesce a supportare l’impatto contro le avversarie, come si è visto ieri sera contro l’Udinese dell’eccellente Guidolin (ricordare: senza Sanchez e Di Natale alla vigilia e privata di Isla a gara in corso). L’Inter è rimasta invece zavorrata da errori commessi appena conclusasi la passata stagione: il mancato rifacimento di una squadra logora (con tentativo tardivo a gennaio), la confusa gestione della panchina (Benitez non difeso, Leonardo chiamato a un compito più grande di lui) e l’accumularsi di obiettivi da raggiungere hanno dato il colpo di grazia a un gruppo spremuto da Mourinho. Il Milan ringrazia e piazza lo scatto che spacca il campionato. Restano aperti altri obiettivi, con la zona Champions League che s’infiamma improvvisamente: la costanza della Lazio e il risveglio dell’Udinese dopo due ko consecutivi (meritato forse soltanto quello contro il Lecce), mettono in allarme soprattutto l’Inter. Non tanto perché sabato ospiterà la squadra di Reja quanto, piuttosto, perché il grafico del rendimento nerazzurro sta picchiando verso il basso, con quattro sconfitte nelle ultime cinque esibizioni tra Italia ed Europa.

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Tagliate fuori Roma e Juventus: la prima farà bene a concentrarsi sulla coppa Italia, la seconda dovrà sperare che la coppa medesima non porti fortuna al Palermo altrimenti la stagione – da fallimentare – diverrà tragica se non giungerà nemmeno un misero piazzamento in Europa League. Il finale è da dedicare alla coda, in cui continua la rottura prolungata della Sampdoria, da ieri ufficialmente in serie B: non male per chi ha preso parte ai preliminari di Champions e poi è rimasta vittima di una gestione della squadra fatta più di risentimenti che di lucidità. Sul fondo si vedono atteggiamenti che non consolano. Non si può parlare di accordi sottobanco però stride quanto accaduto – per esempio – a Genova e a Lecce: da una parte una squadra che ha fatto il proprio dovere (quella rossoblù ligure) pur avendo la specifica richiesta dei tifosi a non impegnarsi per mettere ulteriormente in imbarazzo i cugini blucerchiati; dall’altra una squadra (quella rossoblù sarda) che si è docilmente concessa alla rimonta pugliese in un finale inimmaginabile da cuori genuini. Tutto lecito, per carità. Ma anche tutto tremendamente già visto. E stantio.