Un turno inutile cala il sipario sul campionato italiano. Risultati scontati ed ennesima dimostrazione della pesantezza della serie A: venti squadre sono troppe, molte di queste si disimpegnano ben prima dell’ultima giornata una vola raggiunto il proprio obiettivo (guardate il finale deprimente di Bologna e Cagliari). Un dimagrimento farebbe bene allo spettacolo e al movimento in generale: meno partite in Italia, maggiore tempo per concentrarsi sull’Europa e per dare spazio alla derelitta Nazionale, con benefici generali. Ma è compito di chi comanda e le idee non sono chiare pur se l’avvento di uomini nuovi (come Damiano Tommasi all’Aic) potrebbe condurre a una rottura di logiche paralizzanti.
Campionato su cui dare un giudizio e quindi ecco una personalissima tabella di promossi e bocciati. Milan dalla parte dei buoni, ovviamente. Perché è tornato a comandare in Italia dopo sette anni e perché ha avuto il coraggio delle scelte: da quella di un allenatore da consacrare sono conseguite le altre, in cui Allegri ha avuto voce in capitolo con personalità e senza la presunzione di chi si sente un fenomeno. Non era facile. Passa in extremis in questa sezione anche l’Inter. L’innesto di Leonardo, dopo la disastrosa gestione di Benitez, ha portato frutti benefici almeno nell’ambiente. Vero che i nerazzurri hanno fallito in Champions (colpa del brasiliano) e in Italia (colpa dello spagnolo), ma è altrettanto vero che in bacheca c’è un Mondiale per club – cui si attaccò anche il Milan in tempi non felici – e in prospettiva c’è la possibilità di conquistare l’ennessima coppa Italia. Bene, benissimo l’Udinese: ultima con zero punti dopo quattro giornate, si ritrova ai preliminari di Champions League dopo aver rimontato una per una le avversarie. Da perfetta passista, come piacerebbe a Francesco Guidolin.
Calcio, spettacolo, giovani e talento, con una società dalle spalle abbastanza larghe per non farsi sopraffare dall’impegno europeo (vero Sampdoria?). Promosso il Napoli: campionato straordinario, visto un organico in cui il trio offensivo era l’unico a poter competere con i giocatori messi in campo dai grandi club. Qui si vede la mano dell’allenatore, quel Walter Mazzarri che da bravo diventerà grande quando perderà l’abitudine di vedere fantasmi un po’ dappertutto. Deve crescere lui come deve crescere la società: il balletto sul futuro della panchina non ha aiutato nel finale ma occorre comunque riconoscere a De Laurentiis la capacità di mantenere saldi i propri convincimenti. Applausi alla Lazio, mai così alta nel punteggio durante la gestione Lotito, e al Palermo, ma solo se porterà a casa la coppa Italia: anche questa stagione è stata quella delle speranze deluse, con il solito contributo reattivo di Maurizio Zamparini in chiave panchina. Promosse Catania per la salvezza tranquilla, Lecce e Cesena per la salvezza totalmente inaspettata, Chievo per l’abituale solidità, Parma per il bel finale.
BOCCIATI. Juventus, innanzitutto. Il progetto Del Neri è naufragato in un 2011 da incubo (27 punti in 21 partite), maldestramente attribuito all’influenza di “fattori esterni”. Posizione singolare per una squadra che non ha mai avuto la personalità necessaria per il salto di qualità. Colpe equamente da distribuire tra società (la scelta di uomini sbagliati al mercato), tecnico (decisioni tattiche poco condivisibili) e squadra (poca qualità e raro agonismo). Da un Gigi (Maifredi) all’altro (Del Neri): vent’anni dopo bianconeri nuovamente fuori dall’Europa. Proprio nella stagione del nuovo stadio di proprietà. Affonda la Roma, che si salva con un’Europa League che vedremo quanto sarà tenuta in considerazione. E’ andata come si immaginava: società debole perché in vendita, risultati conseguenti con spogliatoio letteralmente ingestibile. Alti e bassi da montagne russe eurodisneyane. Si riparte con una nuova dirigenza, sarebbe auspicabile anche una rifondazione del gruppo. Male Fiorentina e Genoa, campionato anonimo per entrambe. I viola non hanno saputo reagire bene al dopo-Prandelli e la squadra era oggettivamente debole, visto anche il ko di Jovetic; i rossoblù hanno deluso dopo le aspettative estive.
Bologna e Cagliari si sarebbero salvate ma – come detto – il loro finale di campionato ha lasciato interdetti, e per i sardi è la seconda volta consecutiva. Brescia tra i cattivi per limiti della squadra, Bari per la serie di infortuni che l’hanno massacrato. Resta la Sampdoria, protagonista del (non) capolavoro dell’anno. Dai preliminari di Champions League alla serie B in dodici mesi, in un crescendo di autolesionismo come non si vedeva da tempo: dal divorzio polemico con Marotta, alla defenestrazione di Cassano, alla cessione subita di Pazzini, a un mercato invernale di indebolimento, a un cambio in panchina che ha fruttato cinque punti in dieci partite. Il manuale di come non si deve fare calcio. L’augurio è che la Sampdoria ritrovi se stessa in fretta, anche se Atalanta e Siena promettono di essere sostituti all’altezza in un campionato che proporrà una rivoluzione (quasi) mai vista sulle panchine., per voglia di cambiare delle società oppure per mancanza di garanzie dal punto di vista dei tecnici. E questo secondo aspetto non è un segnale confortante.