La stagione del calcio italiano si chiude come si era aperta, nel segno dell’Inter. I nerazzurri avevano vinto un’estate fa la Supercoppa italiana contro la Roma, oggi si congedano conquistando la settima coppa Italia nella storia del club. Con una differenza sostanziale rispetto alla squadra che aveva dato il via alla propria annata con un successo visto che, al posto di Rafa Benitez, all’Olimpico stavolta sedeva Leonardo. E il brasiliano mette finalmente qualcosa da parte come allenatore, dopo aver vinto a ogni livello come calciatore. Un successo giunto nel segno del suo modo di fare calcio: sofferenza in fase difensiva, determinazione in quella offensiva. E, ancora una volta, Leonardo deve ringraziare lo straordinario talento di Samuel Eto’o che, con la personale doppietta nel 3-1, batte il proprio record di reti in una sola stagione salendo alla ragguardevole cifra di 37. Non solo, perché molto di suo ci ha messo il Palermo: gioco scintillante, ritmi forsennati ma il sogno di esporre in sede il primo trofeo assoluto s’è infranto contro la classe di Julio Cesar e gli errori dei propri attaccanti.

Novanta minuti che sono stati il riassunto dell’intera stagione dei siciliani, capaci di grandi cose ma senza mai trovare quella continuità che avrebbe permesso loro di inserirsi tra le grandi in pianta (quasi) stabile come Napoli e Udinese. Resta la soddisfazione di aver raggiunto la terza finale della propria storia unita a quella di aver conquistato l’Europa League ai danni della Juventus. Palermo che volta anche due pagine della propria esistenza, visto che lasciano Fabrizio Miccoli e Delio Rossi (se Maurizio Zamparini si ostinerà nella sua decisione), una coppia che seminerà molti rimpianti. Leonardo prova invece a scrivere un nuovo capitolo della propria vita professionale.

 

Adesso avrà la possibilità di disegnare l’Inter secondo i propri desideri, tenendo conto che si tratta di una squadra che ha bisogno di essere rinnovata nel segno di quanto già si è visto al mercato di gennaio. Massimo Moratti dovrà tornare a fare il presidente, ragionando più con il raziocinio che con il cuore, con il coraggio di ringraziare chi è stato protagonista del ciclo di Josè Mourinho e con la determinazione di inserire quei giocatori necessari per contendere al Milan il titolo. Stavolta Leonardo partirà senza un handicap in classifica: lui e la squadra non avranno scuse nel rinnovato duello con l’altra metà di Milano. Un’ultima annotazione sulla partita in se stessa: bella, spettacolare, intensa, con un pubblico pronto all’incoraggiamento e alieno dall’offesa. Come raramente si vede in campionato, come (quasi) mai si vede in coppa. Dev’essere un punto di partenza e non di arrivo per una manifestazione che fatica a entrare nel cuore delle società, fino a quando non mette qualcosa di decisivo in palio. Provare a ristudiarne organizzazione e regolamento potrebbe rappresentare un possibile sviluppo (sportivo ed economico) per il nostro claudicante movimento.