Almeno, questa volta, l’Inter si è mossa per tempo. La scorsa stagione, per squarciare il velo sull’equivoco Benitez, fu necessario attendere la vigilia di Natale: Massimo Moratti non era mai stato convinto appieno del tecnico spagnolo (quasi impostogli dal resto della dirigenza) e il cammino si era dipanato tra equivoci e dispettucci. Oggi il presidente è rimasto spiazzato, ma non troppo, dalle scelte di chi aveva voluto in sostituzione di Benitez. D’altra parte era stato lui il primo a sostenere che Leonardo sarebbe stato più un ottimo dirigente che un buon allenatore, mettendo le mani avanti qualche giorno fa. Un segnale che il brasiliano ha colto immediatamente, forte anche dell’offerta del Paris Saint Germain, supportata dalle enormi possibilità economiche dei ricconi del Qatar. La proposta perfetta, per tempi e prospettive: perché Leonardo, dopo l’abiura rossonera, non si sentiva così più di casa a Milano; prospettive perché può pianificare la ricostruzione di una squadra (e di una società) da annoverare tra le nobili decadute del calcio europeo. Resta soltanto un dubbio sulla solidità delle scelte professionali del brasiliano: vero che è sempre stato un girovago ma il tourbillon di quest’ultimo anno – fatto di dichiarazioni a volte contraddittorie e di giuramenti d’amore poi non supportati dalla conseguenza dei fatti– ha creato un surplus di confusione anche in chi lo ha sempre stimato. A Parigi si attende la smentita a questi maligni pensieri. Moratti non ha invece atteso.
Anzi, ha rotto gli indugi ancor prima che si sapesse dell’offerta Psg a Leonardo. Prima ha tentato pietosamente di nascondere lo sviluppo, poi ha ammesso a denti stretti l’ipotesi, senza però farsi trovare impreparato. Allo stato dell’arte il prescelto è Marcelo Bielsa, tecnico di alto profilo e dal passato importante, ma con un buco nero in carriera. Un buco nero decisivo per chi si accinge a sedersi sulla panchina di una squadra che intende tornare prima in Italia e protagonista nel continente: la sostanziale non conoscenza del calcio europeo.
Nello specifico quello italiano, il più insidioso di tutti per l’eccesso di verbosità e per la mancanza di pazienza. Per lui pochi mesi all’Espanyol, prima di lasciare Barcellona per assumere la guida dell’Argentina. Una lacuna che potrebbe rivelarsi un debito, anche per un tecnico di grande esperienza. Soprattutto se Bielsa non trovasse subito tempi e ritmo necessari in un club, che non sono quelli di un selezionatore: il lavoro che l’uomo di Rosario non svolge più da tredici anni. Il suo carattere ispido, la sua abilità tattica, la sua capacità di farsi benvolere dai giocatori (molto peso avrà in questo la folta colonia argentina) lo rendono un perfetto clone di Mourinho. Forse, l’Inter ha proprio bisogno di questo. Certo che non è bella l’immagine di un top-club europeo pronto ad alternare quattro allenatori nel giro di poco più di dodici mesi. Con l’ipotesi, tutt’altro peregrina, di salire a quota cinque nel 2012 se Pep Guardiola si separerà definitivamente dal Barcellona. A Moratti (e a Bielsa) l’onere della smentita.