Un inizio choc, non c’è che dire. A dire il vero Inter e Roma avevano lasciato intravedere segnali preoccupanti nella lunga (causa rinvio della prima giornata) vigilia che ha caratterizzato l’inizio del campionato italiano. Però era difficile ipotizzare che emergessero in tutta la loro interezza alla prima prova, anche perché gli avversari erano ampiamente alla portata, almeno della vittoria. Invece niente. Anzi, due crolli verticali che rimettono in discussione anche le poche certezze faticosamente raggiunte.

L’Inter incoccia nel furore agonistico del Palermo, rivitalizzato dall’esordiente Mangia dopo le fatiche della gestione Pioli: squadra arrembante, nerazzurri soccombenti e tenuti in vita più dagli episodi che dalla qualità (anche se possono recriminare non tanto sul primo rigore non concesso quanto, piuttosto, sulla mancata espulsione di Migliaccio). Il 3-4-3 di Gasperini non ha retto all’urto siciliano, sia a difesa schierata sia in fase di contropiede. Una mancanza di equilibrio dovuta soprattutto all’assenza di interpreti del sistema di gioco. Clamorosa, in questo senso, la bocciatura di Zarate. Ma clamorosa, al tempo stesso, l’esclusione di Pazzini, reduce da una personale buona prova con l’Italia. E visti i chiari di luna già espressi da Moratti sulla difesa a tre è facile prevedere tempi roventi, ricordando soprattutto come si è arrivati in maniera sofferta alla scelta di Gasperini.

Da questo punto di vista appare più saldo Luis Enrique, visto che la nuova proprietà ha puntato con decisione su di lui fin dal primo momento. Il problema è che l’ex tecnico del Barcellona B sta prendendo una serie di decisioni che, al contempo, lo allontanano dall’ambiente e non portano a risultati concreti. L’onda lunga della querelle con (e su) Francesco Totti è emersa contro il Cagliari: squadra incapace di costruire e di dare una velocità apprezzabile al proprio gioco. E’ bastato un avversario cinico e pragmatico per lo schiaffone che ha umiliato i giallorossi, già depressi da un’avvilente eliminazione in Europa League.

Fa da controcanto la Juventus, dove Antonio Conte ha potuto perseguire il proprio progetto fin dal primo giorno sulla nuova panchina. Ha tenuto chi gli poteva interessare prima del suo avvento (Pirlo sì, Ziegler bocciato), ha detto no ad acquisti incompatibili con le sue idee tattiche (Bastos), ha avuto il coraggio delle scelte nel primo assaggio di mercato (dentro chi era più in forma). E ha avuto ragione, visto il modo in cui i bianconeri hanno debuttato nel nuovo stadio, destinato a diventare l’uomo in più nei momenti cruciali. Il 4-1 pare spazzare via tutti i dubbi sollevati sul 4-2-4 contiano. Va bene, a patto che si ricordi sempre che si è realizzato contro un quanto mai malleabile Parma.