Tutti insieme appassionatamente al pomeriggio. E tutti magnificamente confusi. Il ritorno al futuro della serie A, con otto partite disputate in contemporanea alle 15 come un ventennio fa, segna la frenata non solo delle inseguitrici ma anche di chi comanda. Non vincono le prime cinque della classifica, a cominciare dalla Juventus, nuovamente fermata da una piccola in casa. Stavolta tocca al Siena, che resiste al mulinare bianconero e ringrazia anche la dubbia decisione di Peruzzo sul mani finale in area toscana (volontario o no?). Un mezzo stop di cui non sa approfittare nessuno: il Milan conferma la sua allergia ai confronti con le grandi, come è il Napoli sia pure appesantito nel cammino; l’Udinese la sua leggerezza in trasferta, visto che a Firenze arriva il terzo stop consecutivo; la Lazio la sua incapacità di crescita, poiché alterna grandi cose (il successo sul Milan) a grandi fallimenti (le tre reti incassate a Genova dopo le quattro di Siena); l’Inter il suo affanno, con l’improvvisa frenata dopo la lunga rincorsa (caduta a Lecce, pari interno con il Palermo e nuova caduta in casa Roma, con altre quattro reti sul groppone). La capolista prende atto e ringrazia mentre chi sta dietro a questo gruppo torna a coltivare ambizioni importanti (non soltanto la Roma, ma anche il Genoa).
E’ il segnale dell’equilibrio di un campionato che non riesce a trovare un padrone assoluto: un bene pensando a come vanno le cose da anni in Inghilterra e Spagna, giusto per citare due realtà che possiedono la nostra tradizione. Ed è anche la conferma di come – dalle nostre parti – si tratti sempre di privilegiare la tattica rispetto alla tecnica individuale. Non a caso il Siena organizzato di Sannino riesce a imporre lo 0-0 al suo ex allenatore Conte e non a caso ieri ben quattro partite si sono concluse senza reti. Piaccia o non piaccia, questa è la nostra forza e, al tempo stesso, il nostro limite. Soltanto i grandi campioni possono rompere la catena e in serie A i fuoriclasse non sono più il pane quotidiano com’era – per l’appunto – vent’anni fa. E se poi questi vanno soggetti a colpi di testa, il gioco è fatto. Come Zlatan Ibrahimovic, che sta ricadendo nelle contraddizione della passata stagione: un anno fa il contatto proibito con Rossi del Bari, stavolta la sberla ad Aronica. 

Ancora una volta in un momento personale di difficoltà, nella seconda partita sottotono dopo quella contro la Lazio. E ancora una volta prima di un appuntamento topico. La differenza tra due o tre giornate di squalifica è fondamentale perché, nel secondo caso, lo svedese salterà l’impegno interno contro la Juventus, crocevia nella strada verso il titolo. Ci attendono giorni caldi, almeno in questo settore…